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STORIA DELLA
PROSTITUZIONE
Il mestiere Antico
ROMA
Le Tariffe Il Vizio Greco Le
concubine
Le
Tariffe
Le puttane vere e proprie erano circa
32mila, che si svendevano per pochi spiccioli, ma in
ogni caso considerando il reddito pro-capite della
popolazione, si trattava comunque di una professione che
offriva il miraggio di profitti elevati, come dimostrano
le tariffe in uso in età imperiale: una prostituta
poteva guadagnare da un quarto a 16 assi per prestazione
che equivaleva ad un sesto dello stipendio giornaliero
di un lavoratore maschio. Chiaramente tutto dipendeva
dalla frequenza delle prestazioni. A Pompei, ad esempio,
le prostitute in attività - circa un centinaio –
avevano complessivamente una media di cinquecento
rapporti. Lì la prostituzione era alla luce del giorno,
le insegne sulle porte delle case private erano alquanto
esplicite e riportavano in modo chiaro la prestazione ed
il prezzo. Un boccale di circa un litro di vino costava
da 1 a 2 assi di contro una prestazione sessuale costava
da 1 a 5 assi. Sulla porta, un'insegna indicava:
"Eutichide, di garbate maniere, è tua per 1 asso", più
avanti "Felicia vuole 1 asso per farti una fellatio"; la
famosa Euplia che doveva essere una superesperta dalle
sembianze di una venere, ne voleva invece 5. Il
fenomeno così diffuso corrispondeva alle esigenze della
società romana. L'adolescente attestava il proprio
ingresso nella maggiore età attraverso il primo rapporto
sessuale che avveniva con una prostituta. Di pari passo
l'appagamento dei piaceri fisici era una condicio sine
qua non per garantire la stabilità della struttura
sociale, basata soprattutto sulla virilità dell'uomo.
Non ultimo si calcolava che ad esempio nell'età
imperiale la popolazione femminile era di circa il 17%
inferiore a quella maschile e che molti uomini, anche
volendo, non avrebbero saputo con chi sposarsi o
accompagnarsi e dovevano, gioco forza, frequentare le
prostitute.
Il vizio greco
A
mantenere i prezzi bassi contribuivano soprattutto le
donne straniere, in gran parte schiave. Ma non bisogna
dimenticare anche l'importanza della prostituzione
minorile. Era del tutto normale raccogliere per strada
un trovatello orfano, provvedere alla crescita e quando
grandicello decidere se adatto ai campi oppure, se bello
e dalle carni tenere, trattenerlo per i propri scopi più
o meno ortodossi o avviarlo alla prostituzione
trattenendo i proventi.
Il cosiddetto “vizio
greco†ossia l'amore con giovani fanciulli nell'era
romana era considerato un segno di debolezza rispetto al
virile rapporto con femmine di vario rango. Ma
l'omosessualità non era condannata se praticata con
schiavi e liberti in caso deprecabile quando un
cittadino libero assumesse un ruolo passivo nei
confronti di un'altro suo pari. Con l'avvento
dell'impero si assistette ad un'ondata moralizzatrice
fino ad arrivare nel 438 d.C. con Teodosio II, alla
condanna al rogo di tutti gli omosessuali passivi, ma
ben presto Giustiniano espanse la pena a tutti gli
omosessuali sia attivi che passivi.
Concubine
Come detto un uomo sposato non era mai
colpevole di adulterio, poteva oltre ad avere rapporti
occasionali stabilire una vera e propria convivenza con
una prostituta accogliendola nella propria casa. Le
matrone non avevano difficoltà ad accettare le relazioni
del marito con schiave o donne non rispettabili, anzi
accettavano di buon grado le concubine in quanto
facevano gravare su di esse i rischi del parto, al tempo
molto elevati.
Alla fine dell'epoca repubblicana
la pratica dell'amore mercenario si era talmente
ingigantita che il fenomeno della prostituzione era
diffuso in ogni angolo della città . Tale diffusione e
la mancanza di adeguate norme di igiene, favorì il
propagarsi delle malattie sessuali.
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CONTNUA LA LETTURA
INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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