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PERSONAGGI D'ARTE
 

INTERVISTA IMPOSSIBILE

Camille Claudel
Per amore, per arte, per pazzia
Camille Claudel nacque nel 1864 da una modesta famiglia. Sin da adolescente coltivò la passione per la scultura, plasmando la creta che si procurava girovagando nella campagna della provincia francese e facendola poi cuocere dalla cuoca nel forno di casa
(Fère-en-Tardenois 1864 – Montfavet 1943)

 
Sotto i portici del Cafè Hugo di Place de Vosges c’è un’atmosfera da fine Ottocento. Il giardino antistante è bagnato da una leggera pioggia estiva. Camille è vestita di rosso, porta guanti di pizzo nero. Bella bellissima con due occhi color azzurro profondo. Parliamo amabilmente davanti a due bicchieri di birra francese Jenlain.
Senza dubbio ho davanti a me la più grande scultrice francese che con testardaggine ed orgoglio seguì la sua vocazione artistica proibita alla maggior parte delle donne dell’epoca considerata al tempo solo spose, madri oppure monache.
Confesso di essermi innamorato di questo personaggio dopo aver visto il film “Camille Claudel” interpretata dalla bellissima attrice francese, di origine araba, Isabelle Adjani. Camille è il simbolo dell’emancipazione femminile: donna straordinaria, artista di talento a cui venne imposto il silenzio perché rinchiusa senza ragione in un manicomio. Per lunghi trent'anni non poté più scolpire, vivere liberamente, uscire, innamorarsi nuovamente.
La vedo sorridente mentre sorseggia la sua birra e mi sembra incredibile adesso ripassare la sua vita. Ma lei è disponibile ed io prendo il mio blocco notes.

Lei nacque nel 1864 a Villeneuve-sur-Fère, nella regione dello Champagne. Le biografie la definiscono fin da bambina una figlia ribelle e folle.
Mia madre non mi perdonò mai di aver voluto vivere fuori dalle regole borghesi.

Sin da adolescente lei coltivò la passione per la scultura….
Un’arte difficile, ma soprattutto faticosa fisicamente per una bambina. Mi procuravo la creta girovagando per la campagna, poi la facevo cuocere dalla cuoca nel forno di casa. Peccato che i lavori di quel periodo siano andati tutti perduti.

Quali erano i suoi soggetti.
Mio fratello Paul, che poi divenne un famoso scrittore, e mia sorella Luise.

Suo padre come aveva preso questa sua vocazione per l’arte?
Mio padre ne era entusiasta, tanto che sottopose i miei lavori, tra cui David e Golia, al giudizio di Paul Dubois, direttore dell’“École des Beaux Arts” di Parigi. Quando tornò a casa mi raccontò che il maestro rimase colpito al punto che chiese se avessi preso lezioni da Rodin. In realtà io era autodidatta e la mia esperienza derivava solamente dalla mia costanza.

Come ogni artista lei desiderava vivere qui a Parigi, immagino!
La vita culturale e artistica esisteva solo qui. Si guarda intorno ed il suo sguardo si perde tra i portici di questa magnifica piazza perfettamente quadrata e chiusa completamente da trentasette palazzi. Nella provincia non poteva esserci nessun avvenire per un’artista. Poi ero intenzionata a studiare scultura. Solo nel 1881 riuscii a stabilirmi definitivamente qui, con mia madre e i miei fratelli, vicino al Boulevarde Montparnasse.

A Parigi incontrò lo scultore Alfred Boucher.
Mi iscrissi all’Accademia d’Arte e subito dopo affittai insieme a tre amiche pittrici uno studio per lavorare. Ricordo l’emozione quando veniva nell’atelier per guardare e correggere i miei lavori. Lui aveva riconosciuto in me del talento, nonostante la mia giovane età.

Nel 1883 Boucher vinse il Prix de Rome, e, prima di partire per l’Italia, chiese ad Auguste Rodin di sostituirlo nella visita settimanale all’atelier …
Rodin rimase subito colpito dalle mie opere. Diventai anche la sua modella, posai per lui quasi subito. Ricordo ancora come se fosse oggi quando scolpì i bronzi “Camille Claudel” del 1884 e‘”l’Aurora” dell’anno successivo.

Tra voi inizia un connubio d’amore e d’arte nonostante lui avesse quarantadue anni e lei venti….
Abbandonai l’atelier per lavorare insieme a Rodin. In poco tempo diventai per lui modella, assistente, musa ispiratrice e amante.

Amante, vero?
Sì amante perché Rodin aveva da molti anni una relazione con un'altra donna, Rose Beuret. Rodin non l’amava e la considerava solo la madre di suo figlio, ma mai avrebbe rinunciato alla fedele compagna che gli perdonava le numerose avventure.

La descrivono come una donna bellissima, fronte superba, magnifici occhi azzurri, i capelli rossi come annotò suo fratello Paul: “Un front superbe, surplombant des yeux magnifiques, de ce rare bleu si rare à rencontrer ailleurs que dans les romans.
Grazie anche alla mia bellezza riuscii a conquistarmi un posto speciale nel cuore di Rodin. Lui affittò per me una dimora in rovina, una villa con un giardino selvatico dove avevano già romanticamente abitato George Sand e Alfred De Musset al tempo della loro storia d'amore.

Tutto all’insaputa della sua famiglia.
Sì loro ignorarono a lungo la cosa. Per quei tempi quella convivenza era una situazione impensabile per una ragazza di “buona famiglia”.

Nonostante questo si parlò di una bellissima storia d’amore.
Una storia di passione e d’arte che ci permise di creare stupende opere scultoree. Rodin diventava sempre più celebre ed insieme avevamo la possibilità di frequentare i grandi pittori Impressionisti, i politici di idee repubblicane e socialiste.

Anche nell’arte eravate una coppia che faceva parlare….
Rodin si divertiva a immortalare il nostro rapporto con decine e decine di disegni ed acquarelli erotici, ora conservati al Museo Rodin di Parigi. Come del resto feci io con le mie sculture, dando vita, tra le altre cose, ad un kamasutra artistico ispirato al famoso poema indiano.

Al di là dell’arte, al tempo correva voce di alcune interruzioni di gravidanza.
La nostra storia era clandestina, non avremmo mai potuto giustificare la nascita di un figlio. E’ inutile che le dica che questi aborti mi ferirono emotivamente.

Per un attimo perde il suo sorriso, beve un sorso di birra guardando dentro il bicchiere. L’aria è umida e una goccia di sudore imperla la sua guancia.

La vostra relazione finì nel 1898.
Nonostante avesse una compagna ed un figlio gli chiesi di sposarmi, ma lui rifiutò. Ed allora mi resi conto che Auguste non aveva nessuna intenzione di lasciare né Rose, né le tante, troppe donne che gli giravano attorno e immancabilmente lui se ne sentiva attratto.

Lei come reagì?
Avevo amato quell’uomo fuori da ogni schema prestabilito, la persona di cui mi ero innamorata ed adorato per oltre trent'anni crollava tra le miserie di una realtà dura. Per lui avevo sfidato convenzioni e pregiudizi. Mi ritrovai di colpo sola, delusa, non mi sentivo né stimata né considerata non solo come donna ma anche come artista.

Qualcuno rivela che prima della fine della storia con Rodin lei abbia avuto altre relazioni. Cosa c’è di vero?
Le ho tentate tutte davvero, facendo appello, tra le altre cose, anche alla sua gelosia che in qualche modo l’avesse potuto guidare ad abbandonare Rose.

Dopo la rottura con Rodin lei incontrò il giovane compositore Claude Debussy.
Ci eravamo incontrati nel salotto del poeta Mallarmé un anno prima della fine della mia storia con Auguste. Nutrivo una profonda amicizia per Claude ed era sopraggiunto al momento giusto per me, ma anche Claude aveva una relazione con un’altra donna contemporaneamente al nostro rapporto. Lui era rimasto profondamente impressionato da me e dalle mie opere, ma avevo davanti a me lo spettro di Auguste per cui decisi di non frequentarlo più.
Il musicista espresse in una lettera ad un amico svizzero il suo dolore per questa separazione. Fu meglio così anche se la solitudine mi pesava. Vivevo tra l’altro in una minuscola casa e in perfetta solitudine. Essere scultori comporta spese ingenti per i materiali ed io non riuscivo a sostenerle, mi trovavo in grandi difficoltà economiche e dovevo ricorrere a ciò che mi inviava mio fratello.

Il suo forte temperamento iniziò a vacillare…
Non mi sentivo bene, da tempo soffrivo di ansie che mano mano lasciarono il posto a vere e proprie manie di persecuzione che mi allontanarono definitivamente dalla mia famiglia e dai pochissimi amici che mi erano rimasti.

Un profondo rancore verso Rodin le invase il cuore e la mente….
Iniziai a soffrire di ossessioni, e come dissero in seguito i medici, di disordine mentale con manie di annientamento. Mi sentivo perseguitata da Rodin. Pensavo che volesse impossessarsi delle mie opere. Nei momenti peggiori ne distrussi alcune. Che peccato! Ero certa che mi facesse spiare dai suoi assistenti. Naturalmente non era vero.

Gli inquilini del suo condominio si lamentavano che lei conducesse una vita disordinata e addirittura che tenesse in casa degli animali. E’ vero che la denunciarono?
Mi resero la vita impossibile ma credo che in fin dei conti era solo odio per la diversità da parte di persone mediocri e convenzionali.

Qualcuno si prese cura di lei?
No, ero sola e disperata. Il 10 marzo del 1913 venni ricoverata in un ospedale psichiatrico vicino a Parigi, dieci giorni dopo la morte di mio padre. L'anno dopo nel manicomio di Montdevergues.

Lei fu internata per volere della sua famiglia, vero?
Mio fratello Paul provò qualche senso di colpa, ma nonostante questo accettò l'idea e pagò per trent'anni la retta di quel luogo freddo, tristissimo, che non era un inferno totale solo perché era a pagamento e quindi destinato a donne di una certa condizione sociale.

Dimenticata da tutti…..
Eh sì proprio da tutti, meno che dalla mia amica Jessie, che nel frattempo aveva sposato un inglese, e da Paul, ma lui veniva raramente.

Possiamo azzardare “vittima degli stereotipi borghesi”?
Diciamo che la mia vita non corrispondeva ai canoni comportamentali delle ragazze di buona famiglia, e la mia vicenda si consuma in una società che non tollera le scelte libere delle donne di quel tempo.

La disgrazia colpì anche Auguste Rodin.
Morì il 18 novembre del 1917, lo stesso anno in cui si era finalmente deciso a sposare la fedele Rose, la quale già molto malata visse soltanto 2 settimane dopo il matrimonio.
I due bicchieri di birra sono vuoti, la leggera pioggia parigina è diventata un vero e proprio temporale estivo. Camille si alza e mi saluta senza guardarmi negli occhi. Mi viene il dubbio che quella goccia sul viso fosse davvero sudore. La vedo allontanarsi sotto un ombrello rosso dello stesso colore del vestito.


Camille morì in completa solitudine nel 1943, il 19 di ottobre, aspettando invano la visita della sorella e della madre, alla quale aveva ripetutamente scritto denunciando il freddo, il vitto impossibile, l’orrore di essere rinchiusa in compagnia di pazzi urlanti, e implorandole di essere riaccolta in casa: “Se tu mi concedessi soltanto la stanza della signora Régnier e la cucina, potresti chiudere il resto della casa. Non farei assolutamente nulla di riprovevole. Ho sofferto troppo...” Nei trent’anni d’internamento non aveva mai più né disegnato né modellato.
Così la ricorda suo fratello Paul:
“Mia sorella Camille aveva una bellezza straordinaria, ed inoltre un'energia, un'immaginazione, una volontà del tutto eccezionali. E tutti questi doni superbi non sono serviti a nulla; dopo una vita estremamente dolorosa, è pervenuta a un fallimento completo.”
Nessuno di loro l’accompagnerà al cimitero.
Le sue opere sono oggi conservate al Museo Rodin di Parigi nonostante Camille Claudel avesse più volte chiesto: “Non mettete le mie opere insieme a quelle di Rodin.”

 





ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE
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