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Adamo Bencivenga
Un desiderio incontrollabile
Massimiliano, fissando lo specchio si sistema la cravatta, la mente avvolta nei segreti della serata con Serena. Sul letto, un outfit audace scelto per lei, preludio ai loro giochi del venerdì, carichi di desiderio e trasgressione….



 
Massimiliano si guardava allo specchio, aggiustandosi il nodo della cravatta, la mente già proiettata verso la serata che lo attendeva con Serena. Sul letto, riflesso nello specchio, c’era l’outfit che lui con cura maniacale aveva scelto per lei: una gonna corta aderente di pelle nera, che lasciava poco all’immaginazione; calze autoreggenti con la balza di pizzo nero e la riga sottile lungo il retro della gamba; tacchi alti e una camicetta di seta bianca, così trasparente da svelare il contorno del suo bel seno tondo.

Come ogni venerdì, quella serata era dedicata ai loro giochi. Serena aveva accettato con un sorriso complice, accendendo in lui un misto di eccitazione e vago senso di colpa. “Sei sicura che ti va di giocare, stasera?” Le aveva chiesto, più per formalità che per incertezza. Lei, intenta a truccarsi nel grande specchio del bagno, aveva risposto con un’alzata di spalle e un sorriso malizioso: “Se piace a te, piace anche a me.” Quelle parole, come benzina sul fuoco, lo travolgevano ogni volta, suscitando un’ondata di desiderio mista a reverenza. Non era solo la sua disponibilità a incendiarlo, ma la fiducia con cui si abbandonava al loro legame, facendolo sentire potente e maschio al tempo stesso.

Massimiliano ripensò al loro primo incontro, al compleanno di un amico in una villa sul mare, con il rumore delle onde che si mescolava alle risate, all’alcol e alla musica. Lui, sulla soglia dei cinquant’anni, aveva l’aria di chi non si lascia impressionare facilmente. Ma quando i suoi occhi avevano incrociato quelli di Serena, venticinque anni più giovane, aveva sentito una scossa. Lei, con un bicchiere di vino in mano, i capelli sciolti e un sorriso che nascondeva un segreto, lo aveva colpito non solo per la sua bellezza, ma per la grazia sicura con cui sfidava il mondo. La loro conversazione, iniziata per caso, si era trasformata in un dialogo intenso fino all’alba, mentre la festa si spegneva intorno a loro. Da allora, la loro storia era stata un crescendo di scoperte ed esplorazioni. Nonostante la differenza d’età, avevano trovato un’intesa che sfidava le convenzioni.

Lentamente lui aveva svelato le sue carte da gioco e lei per nulla sorpresa una sera gli aveva detto: “Massimiliano, vorrei mostrarmi agli altri per quella che sono, senza formalismi. Non mi riconosco in quei tailleur da ufficio, in quei sorrisi tirati che metto su per compiacere. Voglio essere me stessa, svelare la mia parte più intima, quella che non ha bisogno di filtri o maschere. Voglio che il mondo veda la vera Serena, quella che vive, desidera, si abbandona senza paura di essere giudicata.”

Quelle parole rispecchiavano esattamente i pensieri proibiti di Massimiliano. Serena, seduta a gambe incrociate sul divano, con un calice di vino rosso tra le mani, sembrava quasi parlare a se stessa, come se stesse dando voce a un pensiero che aveva covato a lungo. I suoi occhi brillavano, non solo di audacia, ma di un bisogno profondo di autenticità, di liberarsi dalle catene di un’immagine preconfezionata che il mondo le aveva imposto. Era come se, in quel momento, stesse chiedendo non solo a lui, ma a se stessa, il permesso di esistere senza compromessi e soprattutto di trasgredire alle regole del perbenismo.

Per Serena, quel desiderio non era solo una ribellione contro le convenzioni sociali, ma una dichiarazione di libertà. Aveva passato anni a costruirsi un’armatura: il guardaroba impeccabile da ufficio, i modi gentili ma misurati, le risposte diplomatiche alle domande invadenti. Era brava, maledettamente brava, a recitare la parte della giovane donna perfetta, quella che non faceva mai un passo falso, che sorrideva anche quando avrebbe voluto urlare. Ma dentro di lei bruciava un fuoco che non poteva più contenere. Non si trattava solo di abiti o apparenze: era la sua essenza, la sua sensualità, la sua forza, il suo diritto di essere complessa, sfacciata, fragile, appassionata, perversa, senza doversi giustificare.

“Non voglio più nascondermi. Non voglio sentirmi costretta a essere una versione di me che piace agli altri. Voglio che mi vedano per quella che sono quando sono con te: libera, viva, spregiudicata e senza vergogna.” Massimiliano la ascoltava, rapito. C’era qualcosa di magnetico in quella confessione, una forza che lo faceva sentire allo stesso tempo testimone e complice di una trasformazione. “E come vorresti farlo?” Come vuoi mostrarti al mondo?” Chiese lui. Serena sorrise: “Vorrei che mi guidassi tu perché prima di tutto voglio sentirmi libera di essere me stessa con te, senza paura di cosa penseranno gli altri. E poi, forse, troverò il coraggio di portare questa libertà fuori, di mostrarla a chi mi guarda e mi fa sentire una regina.”

Quelle parole aprirono nuove porte nel loro rapporto, un invito a esplorare non solo i loro desideri più intimi, ma anche il coraggio di sfidare il mondo esterno. Per Serena, mostrarsi per ciò che era significava abbracciare ogni parte di sé: la donna che amava l’eleganza, ma anche la trasgressione, che poteva essere dolce, ma anche indomabile. E per Massimiliano, significava non solo accompagnarla in quel viaggio, ma imparare a sua volta a lasciar cadere le proprie maschere, quelle di un uomo che si era sempre sentito in dovere di controllare tutto, di essere il pilastro saldo.

Da quella sera, i loro giochi del venerdì assunsero un significato più profondo. Non erano più solo un momento di passione da consumare in luoghi isolati, ma un rituale di liberazione. Ogni abito scelto, ogni gesto, ogni sguardo condiviso era un passo verso la libertà di Serena, un modo per reclamare il suo spazio nel mondo. E Massimiliano, sempre più innamorato della sua forza, si ritrovava a desiderarla non solo per la sua bellezza, ma per il coraggio con cui si stava riscoprendo. L’outfit scelto per Serena, il modo in cui lei lo indossava con provocazione e fiducia, era un linguaggio intimo, un dialogo silenzioso di desiderio e complicità. Non era solo il piacere di vederla così, vestita secondo la loro concezione di erotismo, ma il pensiero di mostrarla, di esibirla come un’opera d’arte che apparteneva solo a lui, ma che gli altri potevano ammirare, invidiare, desiderare. Ogni sguardo su di lei era una conferma del suo controllo, della sua devozione, ma anche del brivido di camminare sul confine tra privato e pubblico.

Eppure, mentre si guardava allo specchio, si chiese perché quel rituale fosse diventato sia per lui che per Serena, una necessità, una dipendenza viscerale. Si era fatto coinvolgere al punto che ora non ne poteva fare più a meno e non era solo il desiderio di Serena, ma qualcosa di più profondo: il brivido del rischio, il piacere di lasciare che gli sguardi altrui amplificassero il suo. Si chiese se fosse vanità, un bisogno di affermare la propria virilità, la ricerca ossessiva dell’approvazione degli altri o un modo per esorcizzare l’insicurezza di non essere abbastanza per lei. Beh sì, non c’era risposta, lui si nutriva soprattutto della complicità di Serena, del modo in cui lei lo aveva scelto come guida affidandosi a lui. Ogni volta che lei usciva dal bagno, trasformata dal suo outfit, Massimiliano sentiva una scarica di adrenalina che rendeva ogni serata indimenticabile.


******

Come succedeva ogni volta, in macchina non avevano parlato e il tragitto era stato saturo di tensione e aspettative per quella serata speciale. Entrambi sapevano benissimo come sarebbe iniziato il loro gioco, ma ciò che li rendeva impazienti era l’incognita di come sarebbe finito. Quando parcheggiarono davanti al locale Serena disse: “Stringimi Massimiliano, stasera voglio essere qualsiasi cosa per te!” Lui la baciò cercando di non rovinarle quel trucco così perfetto che avrebbe deliziato qualsiasi sguardo.

Il ristorante era un piccolo locale intimo con luci soffuse e i tavoli disposti in modo da garantire una certa privacy, Massimiliano entrò per primo, tenendo Serena per mano. Con un rapido sguardo fece rapidamente una panoramica della sala. C’erano due coppie in fondo che chiacchieravano a bassa voce e poco distante, in disparte, un uomo sulla quarantina, seduto da solo. Aveva un’aria distinta da professore con un bicchiere di vino rosso davanti a sé e un giornale che sfogliava distrattamente. “Perfetto.” Disse Massimiliano guardando Serena. Poi con un movimento studiato e la grazia di farla sentire una regina la guidò verso il tavolo accanto all’uomo. Fece in modo che lei si sedesse di fronte all’uomo, mentre lui prese posto di lato, in una posizione che gli permetteva di osservare entrambi: Serena, con la sua bellezza magnetica, e l’uomo, che presto avrebbe alzato gli occhi dal suo giornale.

Quando arrivò il cameriere Massimiliano notò con soddisfazione che l’uomo aveva già spostato leggermente il giornale e la sua attenzione ora era rivolta esclusivamente verso Serena. Fu in quell’esatto momento che Massimiliano guardò sua moglie cercando di vederla con occhi diversi e apprezzarla come sicuramente avrebbe fatto l’uomo: la camicetta trasparente catturava ogni punto luce della sala, lasciando intravedere l’alone scuro dei suoi magnifici capezzoli. Lei lo guardò con aria complice e come se niente fosse iniziarono a consultare il menu, ma entrambi sapevano benissimo che quello ero il momento nevralgico per catturare al massimo l’attenzione della loro vittima. Lei impaziente accavallò le gambe e la gonna si sollevò leggermente mettendo in mostra sapientemente il ricamo di pizzo delle sue calze autoreggenti.

Massimiliano sentì un fremito di orgoglio e adrenalina. Ordinarono una bottiglia di vino rosso, e quando il cameriere si allontanò, Massimiliano versò il primo sorso nei loro calici. “Alla tua bellezza, Serena.” Disse, alzando il calice. Lei sorrise con i suoi occhi maliziosi e coscienti di attirare qualsiasi sguardo. Dopo il primo sorso, lui sussurrò: “Sei magnifica amore.” E come se fosse una frase di rito, spostò la tovaglia in modo che quel signore distinto potesse vedere ciò che sarebbe accaduto a breve sotto quel tavolo. Poi posò una mano sulla coscia di lei, accarezzandola lentamente e godendosi al tatto la magia di quel velo sensuale della calza sotto le sue dita.

Lei sentì un fremito e si avvicinò leggermente a lui appoggiando i gomiti sul tavolo in modo che la mano di lui potesse salire ben oltre il ricamo della calza e nel contempo la sua camicetta aprirsi quel poco da far vedere il suo meraviglioso decolleté. Le loro labbra si incontrarono in un bacio lungo, intenso, che inevitabilmente attirò l’attenzione dell’uomo al tavolo accanto. Entrambi lo percepirono senza bisogno di guardarlo. Sentivano il peso di quello sguardo, il desiderio represso di uno sconosciuto che osservava lei, così lasciva ed esibizionista da lasciar credere chissà cosa. Il bacio si prolungò e le mani di Massimiliano scivolarono su quel velo nero salendo più in alto e sfiorando il calore intimo e umido di lei.

Serena schiuse leggermente le labbra ed emise un piccolo sospiro, un suono che solo lui poteva cogliere, ma che immaginava stesse incendiando l’immaginazione dell’uomo accanto. Quando le loro labbra si separarono, Massimiliano lanciò un’occhiata furtiva al tavolo vicino. L’uomo, appoggiato allo schienale della sedia teneva il giornale a mezz’aria in modo da guardare Serena senza essere visto. Massimiliano sorrise tra sé. Era esattamente ciò che voleva: quello sguardo, quella tensione, quel gioco pericoloso che lo faceva sentire vivo. “Ti piace, vero?” Sussurrò a Serena con la voce bassa carica di complicità. Lei annuì con un’aria terribilmente maliziosa: “A me piace quello che piace a te. Sei tu la mia guida.” Rispose lei, e quelle parole lo colpirono come una scarica elettrica. Non era solo il desiderio di mostrarla, era il potere che sentiva nel controllare quella scena, nell’essere l’unico a possederla davvero, mentre gli altri potevano solo guardare.

La cena proseguì, ma la mente di Massimiliano era altrove. Ogni gesto di Serena – il modo in cui portava il bicchiere alle labbra, il modo in cui accavallava le gambe, lasciando intravedere per un istante il bordo delle calze – era calcolato, orchestrato da lui, ma eseguito da lei con una naturalezza che lo mandava in estasi. Fu in quell’esatto momento che le disse: “Amore guardalo, devi essere sfacciata e timida, sfrontata e discreta.” Lei sapeva benissimo cosa fare e come una esperta seduttrice poggiò le labbra sul calice stringendo appena il vetro.

L’uomo al tavolo accanto, consapevole di essere la vittima di quel gioco, cercava comunque di non farsi notare, ma ormai rapito non riusciva a distogliere lo sguardo da quella dea dell’erotismo. Ogni tanto Massimiliano incrociava il suo sguardo e vi leggeva una mescolanza di desiderio e frustrazione. Era il suo trofeo, la sua vittoria. E fu proprio in un uno di quegli attimi che a un gesto convenuto Serena fece scivolare lungo le sue belle gambe l’impalpabile velo nero delle sue mutandine. All’altezza del ginocchio si fermò in modo che lo spettatore non avesse dubbi su cosa stesse facendo. Poi proseguì lentamente divaricando le sue gambe e dando in pasto al desiderio di quell’uomo tutta la sua femminilità.

Erano ad un bivio. Massimiliano sentì l’adrenalina salire fino al cervello mentre Serena guardava sfacciatamente l’uomo come per ordinargli di fissare esclusivamente quel trofeo che stava offrendo ai suoi occhi. L’uomo ormai non si nascondeva più e senza più timore di essere giudicato aveva poggiato il giornale sul tavolo e con il bicchiere di vino in mano si godeva la scena. Il suo sguardo diretto e sfacciato era un invito alla coppia ad andare oltre e a Serena a lasciarsi andare.
Massimiliano non perse tempo e come se obbedisse al tacito ordine di quell’uomo fece scivolare la sua mano nell’abisso di quel tesoro. Serena sentendo quelle dita s’avvampò di una passione ormai difficile da reprimere. Chiuse gli occhi pregando Massimiliano di non smettere.

Fu proprio in quegli istanti sentendo i gemiti soffocati di Serena che Massimiliano invece di godersi la scena, si chiese come avrebbe reagito se quell’uomo si fosse alzato e in maniera discreta avesse manifestato l’intenzione di scambiare due parole e poi chissà che altro. Lui e Serena non ne avevano mai parlato su quell’eventualità perché entrambi sapevano che il solo parlarne avrebbe limitato la potenza di quel rito che ogni venerdì sera si arricchiva di nuovi particolari e fantasie imprevedibili. Il gesto simbolico di offrire la propria moglie ad uno sconosciuto e per Serena essere offerta come un oggetto di desiderio non poteva essere inaridito da una regola fissata in precedenza. Così moglie e marito lasciavano fare al caso senza mai confessarsi come avrebbero reagito davanti ad una richiesta diretta.

L’uomo però con l’aria da professore sapeva benissimo quale fosse il suo ruolo e quali limiti avrebbe potuto valicare. Quindi non si mosse sentendosi nel contempo utile e protagonista di ciò che stava avvenendo. Lui era la scintilla di quel gioco e l’effetto scatenante del desiderio della donna. Certo sì, avrebbe voluto dare un apporto più fattivo, ma si consolò pensando che molto probabilmente senza di lui quella scena non avrebbe avuto luogo e i due, chiusi nella loro intimità, avrebbero scatenato la loro passione nel segreto del loro letto matrimoniale. Allora con calma chiamò il cameriere, pagò il conto, prese il suo giornale e uscì dal ristorante.

Serena al culmine del suo orgasmo si era aggrappata a suo marito pretendendo un bacio ancora più intenso, ma Massimiliano non riusciva a concentrarsi su quelle labbra. Addirittura pensò che un giorno o l’altro, per mettersi alla prova, di nascosto da Serena, avrebbe girato per locali finché non avrebbe trovato una coppia come loro. E allora la sua mente vagò identificandosi con l’uomo, desiderando di essere al suo posto e come uno spettatore guardare la scena. Si chiese se la sua eccitazione sarebbe stata più intensa. Chiuse gli occhi e rivisse quel momento: il bacio, lo sguardo dello sconosciuto, la gonna corta che si sollevava appena, il bordo della calza fino ad arrivare al momento in cui, Serena presa dalla passione, aveva schiuso le gambe svelando senza pudore la sua intimità.

Il successivo orgasmo di Serena era stata una logica conseguenza e un piacere esclusivo di lei, mentre lui non era riuscito a godersi appieno quel momento. Fino ad allora l’orgasmo di Serena era stato per lui qualcosa di liberatorio partecipando ad ogni infinito fremito della sua donna. Ora però un’ombra di disagio gli stava stringendo il petto. Finora il suo piacere era stato quello di esibirla a un pubblico sconosciuto, mostrare al mondo ciò che era suo senza distogliere la sua mente dallo sguardo di quell’uomo che si godeva l’intimità della sua donna. E quel gioco era diventato come una droga, una dipendenza a cui non era riuscito a dire di no. Ma ora perché non era più così? Perché quel bisogno irrefrenabile di trasformarla in un trofeo non appagava la sua immaginazione?

In quel momento mentre l’uomo si era alzato per andarsene, per un attimo aveva sperato che si fosse seduto al loro tavolo e parlando del più e del meno avesse dato luogo ad un gioco ancora più trasgressivo. Si chiese fino a che punto lui e Serena si sarebbero spinti. Pensò alla scena, con l’uomo accanto a Serena e lui seduto al tavolo accanto, e in uno scambio di ruoli vedeva la sua donna baciata e toccata mentre lui rapito osservava la scena. E poi in un crescendo immaginava l’eccitazione di Serena che avrebbe trovato quella mano sconosciuta ancora più eccitante della sua e più emozionante del semplice gioco di mostrarsi. Ma non sapendo cosa realmente ne avesse pensato Serena e soprattutto la paura di trovare quel gioco ancora più trasgressivo bloccò i suoi pensieri e non si diede una risposta.

E mentre Serena ormai sazia gli diceva “Sei stupendo amore mio, ti amo!” Lui si chiedeva se quel desiderio lo avesse mai lasciato andare, o se sarebbe diventato sempre più grande, più appagante, più incontrollabile, fino a consumarlo del tutto, magari il prossimo venerdì…





Questo racconto  è opera di pura fantasia.
Nomi, personaggi e luoghi sono frutto
dell’immaginazione dell’autore e
qualsiasi somiglianza con
fatti, scenari e persone è del tutto casuale.

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