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REPORTAGE

Un Matrimonio
Tradizionale a Shillai
Due Fratelli Sposano la
Stessa Donna
Sono arrivato in questo
angolo remoto dell’India settentrionale per
assistere a un evento che sembra sospeso tra passato
e presente: un matrimonio Jodidara, in cui due
fratelli sposano la stessa donna....

Il sole si arrampica lento
sulle colline verdeggianti di Shillai, un piccolo
villaggio incastonato nel distretto indiano di Sirmaur,
nell’Himachal Pradesh. L’aria è fresca, profumata di
pino e terra umida, mentre il suono di tamburi lontani
rompe il silenzio della mattina. Sono arrivato in questo
angolo remoto dell’India settentrionale per assistere a
un evento che sembra sospeso tra passato e presente: un
matrimonio Jodidara, una tradizione della tribù Hatti in
cui due fratelli sposano la stessa donna, Garima
Phatinan.
Mentre percorro le stradine sterrate di
Shillai, osservo la vita del villaggio che si anima.
Case di pietra e legno si alternano a campi terrazzati,
dove donne in sari colorati raccolgono ortaggi e uomini
guidano greggi di capre. La comunità è raccolta, i
sorrisi sono calorosi, ma c’è una certa curiosità negli
occhi di chi mi vede, un forestiero con un taccuino in
mano. “Vieni per il matrimonio?” Mi chiede un anziano
seduto su una panchina di legno, il volto segnato dal
sole e dal tempo. Annuisco, e lui sorride: “È la nostra
tradizione. Tiene unite le famiglie e la terra.”
Arrivo al cuore della celebrazione, in una radura
decorata con ghirlande di fiori e teli variopinti.
Centinaia di persone si sono radunate: donne in abiti
tradizionali ricamati, uomini con turbanti e giacche di
lana, bambini che corrono ridendo tra la folla. I
tamburi risuonano più forte ora, accompagnati da canti
popolari che raccontano storie di dèi e antenati. Al
centro, sotto un baldacchino adornato di calendule, ci
sono loro: i tre sposi.
Garima, con un sari
rosso brillante e gioielli d’oro che scintillano al
sole, sorride timidamente. I due uomini, impiegati
pubblici, hanno un’aria composta e orgogliosi ammirano
la loro donna. La cerimonia, iniziata il 10 luglio e che
si concluderà oggi, 12 luglio, è un’esplosione di colori
e rituali. Sacerdoti locali recitano mantra, mentre le
famiglie offrono doni di riso e spezie. Osservo Garima
mentre partecipa ai riti, posando le mani su una piccola
lampada a olio accesa. “È stata una mia scelta.” Mi dice
più tardi, in un momento di pausa, mentre sorseggia un
chai. “Conoscevo la Jodidara e ho deciso di accettarla.
Qui siamo una famiglia, non solo una coppia.” La sua
voce è ferma, ma i suoi occhi tradiscono una leggera
preoccupazione, forse per le critiche che, come
apprenderò, arriveranno dopo.
Parlo con uno dei
due sposi, che mi spiega il significato pratico della
tradizione: “Se dividiamo la terra tra fratelli, diventa
troppo piccola per sostenerci. Condividendo la stessa
moglie invece, restiamo uniti, e la nostra famiglia è
più forte e ricca.” L’altro interessato alla
conversazione si avvicina e aggiunge: “Garima è il cuore
della nostra casa. Ci dà stabilità e calore.” La loro
sincerità è disarmante, ma non posso fare a meno di
chiedermi come funzioni davvero questa “turnazione
coniugale” di cui parlano, un accordo che prevede che
Garima divida il suo tempo tra i due fratelli.
Quando lo chiedo, però, ricevo sorrisi evasivi e un
invito a “rispettare il loro modo di vivere.” La
Jodidara non è solo una questione di pragmatismo
economico, scopro. È radicata nella cultura Hatti e nel
mito di Draupadi, la figura del Mahabharata che sposò i
cinque fratelli Pandava.
Un anziano del
villaggio, seduto accanto a me durante un momento di
danza, mi racconta: “Draupadi ci insegna che l’unità è
forza. Qui, la Jodidara è un modo per onorare i nostri
antenati. Negli ultimi sei anni, nella vicina Badhana,
si sono registrati almeno cinque matrimoni simili.
Nonostante la poliandria sia illegale in India, è ancora
permessa in alcune comunità tribali himalayane.”
Tuttavia, ammette che la pratica sta svanendo: “I
giovani vanno in città, vogliono vite diverse. Ma qui, a
Shillai, teniamo duro.”
La festa continua fino a
tarda sera, con danze che coinvolgono tutti, dai bambini
agli anziani. Il cibo – curry di lenticchie, pane naan
appena cotto, dolci di latte – circola abbondante.
Eppure, sotto la gioia, percepisco una tensione sottile.
Un gruppo di donne più giovani, in disparte, sussurra di
“tempi che cambiano” e di “scelte difficili.” Una di
loro, che si presenta come Meena, mi confida: “Garima è
coraggiosa, ma non tutte lo farebbero. Alcuni dicono che
non è giusto, che una donna dovrebbe avere più voce.” In
effetti la moglie divide il suo tempo tra i fratelli
secondo una rotazione concordata, anche se non è chiaro
quanto la donna possa influire su questa organizzazione.
I figli nati da queste unioni crescono nella famiglia
estesa, con il fratello maggiore che è considerato
legalmente il padre, anche in assenza di certezza
biologica.”
Torno a Shillai qualche giorno dopo,
quando i video della cerimonia iniziano a circolare
online. La notizia si è diffusa oltre le colline,
scatenando una bufera sui social media. Seduto in un
piccolo caffè del villaggio, uno dei due sposi mi mostra
il suo telefono, il volto teso: “Alcuni ci chiamano
criminali. Non capiscono la nostra cultura.” Garima,
accanto a lui, aggiunge: “Non mi pento della mia scelta,
ma fa male leggere certi commenti.” Eppure, la comunità
li sostiene: un amministratore locale, presente al
matrimonio, mi dice che la Jodidara è “parte della
nostra identità” e che il governo locale la riconosce
per questioni di eredità terriera.
Mentre lascio
Shillai, il villaggio si prepara a tornare alla sua
quiete quotidiana. Le colline si stagliano contro il
cielo al tramonto, e i tamburi sono ormai un’eco
lontana. Porto con me l’immagine di una comunità che
custodisce con orgoglio le sue tradizioni, ma anche il
peso di un mondo che cambia e giudica. I tre sposi sono
diventati un simbolo: non solo di un’usanza antica, ma
di una lotta per preservare la propria identità in
un’epoca che non sempre comprende.
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Questo racconto pur
basato su fatti di cronaca è opera di pura
fantasia. Nomi e personaggi sono frutto
dell’immaginazione dell’autore e qualsiasi
somiglianza con fatti, scenari e persone è del
tutto casuale.
IMMAGINE GENERATA DA
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