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MUSICA PASSIONE
 

STORIA E SIGNIFICATO DELLE CANZONI
Quattro Cani
Francesco De Gregori
1975



 


 
Adamo mi parli del brano “Quattro cani”?
È una canzone di Francesco De Gregori pubblicata dalla RCA Italiana nel 1975 e inserita nell’LP Rimmel, il suo quarto album in studio.

Ebbe successo vero?
Il disco rimase in classifica per 60 settimane, arrivando fino al secondo posto, e vendette più di 400 000 copie. Alla fine dell’anno risultò essere l'album più venduto. Inoltre è presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia alla posizione numero 20.

Di che tratta “Quattro cani”?
Chi conosce De Gregori sa di certo che ha sempre avuto un grande amore per i cani e in particolare per i randagi, e, affascinato dai loro comportamenti misteriosi, si è sentito in dovere di scrivere una canzone che parla di loro.

In che modo?
Riflettendo sulle diverse esperienze dei quattro che appaiono slegate e l’osservazione fa pensare ad una metafora per esplorare diversi aspetti dell'esistenza umana e della società. Ogni cane rappresenta una prospettiva o una caratteristica diversa.

Sarebbero?
Il primo è descritto come un cane da guerra che non ha ossa o violenza in bocca e vive addosso ai muri e non parla mai. Questa figura potrebbe simboleggiare una persona che è stata irrigidita dalla durezza della vita e a causa della sofferenza ha perso la capacità di socializzare e mostrare gentilezza: “Il primo è un cane di guerra. E nella bocca ossi non ha, e nemmeno violenza. Vive addosso ai muri e non parla mai. Vive addosso ai muri e non parla…”

Il secondo?
De Gregori lo chiama "bastardo" che conosce sia la fame che la tranquillità nonché il piede dell’uomo e la strada. Insomma un cane consapevole della sua posizione e della scelta che lo ha portato a preferire una vita subordinata ma comoda rispetto alla strada dunque libertà. Il fatto che ogni volta che muore gli rinasce la coda simboleggia che non sono poche le persone al mondo che fanno questa scelta di vita, una specie di male difficile da estirpare: “Il secondo è un bastardo. Che conosce la fame e la tranquillità. Ed il piede dell'uomo e la strada. Ogni volta che muore gli rinasce la coda…”

Il terzo cane?
È una cagna che spesso si nega ma occasionalmente si dà per seminare figli nel mondo nella consapevolezza che sono figli del mondo e non suoi. E il tutto avviene secondo natura deresponsabilizzando quindi il concetto di madre, o meglio finalizzandolo unicamente alla procreazione: “E il terzo è una cagna. Quasi sempre si nega. Qualche volta si dà e semina i figli nel mondo. Perché è del mondo che sono figli, i figli…”

Il quarto infine?
Mentre i primi tre sono descritti in sequenza, non a caso il quarto è presentato da solo dopo il ritornello. Di certo è l’unico ad avere un padrone e segue i suoi fratelli e per inesperienza si fida di loro. Ogni tanto si ferma ad annusare la vita, ossia apprezza quelli che sono i piccoli scampoli di libertà conquistati e trova gioia nei piaceri semplici: “Il quarto ha un padrone. Non sa dove andare, comunque ci va. Va dietro ai fratelli e si fida. Ogni tanto si ferma a annusare la vita, la vita…”

E il ritornello?
Dopo aver raccontato le loro vite slegate De Gregori suggerisce che la strada che diventa piazza (simbolo di condivisione) può essere il loro punto comune e l’unione di quelle esperienze. Concetto fortificato dalla luna e la possibilità di cantare ossia la capacità di condividere in armonia le loro vite passate e le emozioni presenti: “Quattro cani per strada e... La strada è già piazza e la sera è già notte. Se ci fosse la luna. Se ci fosse la luna si potrebbe cantare. Si potrebbe cantare…”











L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga



 















 
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