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RACCONTI 
Adamo Bencivenga
La Salsa Piccante
L’Hotel Hassler accoglie una donna in tubino
nero, tacchi vertiginosi e un segreto audace. Roma, romantica e
peccaminosa, fa da sfondo a un gioco erotico orchestrato con il
marito Antonio, dove gelosia e desiderio si intrecciano per sedurre
l'ignaro Marco Pezzi, amministratore delegato di suo marito. Tra
lingerie raffinata e un piano pericolosamente eccitante, la notte
promette di scuotere le certezze di una coppia in cerca di sapori
nuovi.

GIOVEDI 10 FEBBRAIO
ORE 20:30 HOTEL HASSLER ROMA
Eccomi finalmente
sono qui, sto entrando. Un attimo di esitazione, mi
volto, respiro profondamente e guardo la meravigliosa
scalinata di Piazza di Spagna. Sì, Roma è bella,
romantica, signora affascinante, virtuosa e nel contempo
un po’ mignotta come mi sento io stasera. Mi
avvicino alla vetrata d’entrata dell'Hassler, un uomo in
livrea mi guarda, si porta la mano al cappello grigio in
segno di saluto ed accenna ad un lieve sfumato sorriso.
Mi chiedo cosa penserà di me, ma io stasera ho altro a
cui pensare che captare i pensieri di un inserviente
dell’hotel.
Le porte si aprono automaticamente,
solo una volta sono passata per questa vetrata, era una
cena di Natale con i colleghi dell’ufficio, mi chiedo
quanti anni siano passati, ma ricordo ancora il mio
tubino nero aderente, il nuovo taglio di capelli e i
tacchi altissimi. Beh sì quella sera successe qualcosa
di particolare, il mio collega Antonio, che al tempo era
solo il mio amante, quella sera stessa, tra una portata
di pesce e un buon vino bianco, mi chiese di sposarlo
nonostante lui fosse già sposato e padre di tre figli.
Finì bene perché mantenne la promessa e dopo due anni
partimmo per la nostra luna di miele.
Ora ci
torno, ma è tutto diverso e per tutti altri motivi,
forse un gioco, qualcosa di semiserio o forse qualcosa
di maledettamente reale ed estremamente pericoloso. Ci
torno vestita allo stesso modo, anche se il tubino nero
è più corto e i tacchi più alti, ma questa volta non
devo convincere nessuno a fare il grande passo e
sposarmi, perché ora sono una donna sposata, ho un
marito ed è proprio per noi che sto facendo questa
pazzia.
*****
Tutto è cominciato un
sabato sera, eravamo sul divano nella nostra bella casa
al centro con vista San Pietro, dopo cena come capitava
spesso il sabato, abbiamo iniziato a baciarci e nel
momento più bello ci siamo guardati fissi negli occhi.
In meno di un secondo ci siamo resi conto che,
nonostante il grande amore e l’affetto smisurato, quel
sesso così meccanico e piatto non faceva più per noi.
Già, incredibilmente è bastato un attimo e non un mese o
un anno, ma un solo attimo per dirci cose non dette e
convincerci che entrambi eravamo alla ricerca di
emozioni diverse e che, per rendere più gustosa quella
pietanza, sarebbe servita almeno una salsa un po’ più
piccante. Insomma avevamo bisogno di qualcosa di più
complice, di mentalmente più appagante, di più
sofisticato e perché no di qualcosa che gli altri
avrebbero giudicato corrotto e immorale.
Antonio
aveva già avuto un’esperienza di matrimonio e sapeva
benissimo a cosa saremmo andati incontro se avessimo
perseverato ostinatamente a stare a galla nella nostra
area di conforto. Entrambi eravamo teoricamente convinti
che la noia, l’abitudine, ma soprattutto la sicurezza di
avere il piatto pronto quando ti siedi a tavola, non ti
fa apprezzare come si deve quello che stai per
consumare. E in quell’attimo non ci fu bisogno di tante
parole, tanto che lui non mi chiese nulla ed io non gli
dovetti spiegare il motivo per cui in cuor mio e senza
passare per il cervello ero arrivata a quella
conclusione. Accennammo solo ad un film drammatico che
avevamo visto qualche sera prima in tv e che la trama,
tra gelosie e forti passioni, si snodava nel classico
rapporto a tre. Certo nessuno dei due pensava a quel
tipo di menage, ma semplicemente ad un pizzico di
piccante che di sicuro avrebbe movimentato le nostre
serate intime.
Increduli ci domandammo: “Come
abbiamo fatto a non pensarci prima?” Certi che
quell’uovo di Colombo sarebbe stata la nostra medicina
cominciammo a immaginarci scenari improbabili finché
tornammo con i piedi a terra convinti entrambi che la
gelosia sarebbe stata il motore del nostro sogno
erotico. Non ci fu neanche bisogno di individuare la
persona adatta al nostro gioco perché nelle nostre
fantasie intime era stato sempre presente un solo uomo,
ossia Marco Pezzi, l’Amministratore delegato della
nostra banca, che io avevo visto solo una volta, ma non
conoscevo di persona. Di sicuro sarebbe stata la persona
giusta, dato che ogni volta che veniva a Roma, chiedeva
a mio marito, oltre la prenotazione dell’Hassler e del
ristorante, anche, in via del tutto confidenziale, la
compagnia di una signora per la notte tramite un’agenzia
di escort.
Quando mio marito mi disse, senza
pronunciare mai quel nome, che sarebbe venuto a Roma il
giovedì successivo nella mia mente si fece
immediatamente concreta e reale la fattibilità di quel
gioco. Avevamo circa una settimana di tempo per digerire
quella salsa piccante e prepararci psicologicamente
all’evento. Antonio mi strinse tra le sue braccia e
incredulo mi confessò che quell’idea girava nella sua
testa da tempo e che mai me ne avrebbe parlato se nel
mio sguardo non avesse visto tutta la mia
accondiscendenza. Quella sera finimmo per fare l’amore
immaginando già dettaglio per dettaglio e
incoraggiandoci reciprocamente. Ovvio era un nostro
gioco erotico che di solito si sgonfiava totalmente dopo
l’orgasmo, ma la mattina seguente vidi Antonio ancora
più entusiasta per cui senza perdere tempo prenotai il
parrucchiere e l’estetista e il pomeriggio stesso,
insieme ad Antonio, andammo al centro commerciale e per
coinvolgerlo totalmente pretesi che lui scegliesse la
migliore lingerie adatta per quella serata.
Certo la scelta non fu facile, dovevamo barcamenarci tra
il romantico e il professionale, anche perché il nostro
Marco Pezzi, doveva credere a tutti gli effetti di
essere alle prese con una professionista e non
certamente la moglie di un suo sottoposto e per giunta
dipendente della stessa banca. Entrammo in un lussuoso
negozio di lingerie e dopo tanti dubbi scegliemmo una
calza Philippe Matignon nera velata con la riga dietro,
un reggicalze sempre nero Agent Provocateur e, per
addolcire l’impatto provocante, un intimo coordinato
rosa antico della Perla con tanto di maliziosi merletti
e strass.
Nei giorni seguenti Antonio tentò più
volte di tornare sull’argomento, avrebbe voluto buttare
giù un piano dettagliato concordando discorsi e
situazioni. Nonostante la mia sicurezza mi confessò che
non era per nulla certo che io portassi a termine
quell’idea avendo il timore che alla fine avrei fatto
marcia indietro. Da parte mia cercai di evitare
qualsiasi discorso al riguardo, convinta che ogni parola
di troppo avrebbe appiattito le nostre aspettative e
comunque cercai di rassicurarlo ripetendogli che non mi
sentivo affatto prevaricata e che lo avrei fatto anche
per me stessa, oltre chiaramente per il nostro
equilibrio di coppia.
Acconsentii però ad una
sorta di prova generale indossando per lui tutto quel
ben di Dio. Tutti e due ci rendemmo conto che il nostro
gioco complice era già cominciato e quella serata
all’Hassler sarebbe stata solo la ciliegina sulla torta.
Così mi mostrai a lui esattamente come mi sarei
presentata quella sera con tutti gli annessi e connessi,
ovvero gioielli, monile alla caviglia, cappello e
profumo. Antonio vedendomi ebbe un attimo di smarrimento
con tanto di sudore sulla fronte, mani tremanti e voce
impastata immaginando l’effetto che avrei avuto negli
occhi del nostro capo.
La settimana passò tra
impazienza e sbalzi di umore e, nonostante la nostra
studiata leggerezza, la tensione era così fitta che si
sarebbe potuta tagliare con un semplice paio di forbici.
Ovvio entrambi avremmo voluto che quei giorni d’attesa
passassero in fretta, tra i due era Antonio ad essere
più nervoso, anche perché per la prima volta sua moglie
sempre fedele gli stava passando lo scettro di marito
consapevolmente cornuto.
Il mercoledì precedente
andai dall’estetista e la sera a letto non mancai di
fargli ammirare le mie cosce e il mio sesso
completamente rasato sulle grandi labbra. Per volere di
Antonio avevo lasciato un piccolo ciuffo malizioso e
triangolare sul pube in segno di devota obbedienza.
Avevo letto vari libri ed articoli di psicologia su quel
tipo di trasgressione e sapevo benissimo che lo stato
d’animo della coppia, nei momenti che precedono
l’incontro, corre in precario equilibrio su un filo di
rasoio in cui ogni incomprensione può dare luogo ad ogni
sorta di ambiguità provocando esattamente l’effetto
contrario.
Lui però non mancò di farmi notare la
mia totale appartenenza ed io glielo concessi perché
quel contesto non lasciasse dubbi. Gli chiesi comunque,
pensando all’incontro, se per lui fosse stato un
tradimento. Antonio, in contemplazione delle mie labbra,
mi rassicurò dicendomi che la mia disponibilità era un
segno di fedeltà estrema. Poi non resistette all’istinto
ed iniziò a leccarmela eccitandosi al pensiero che per
quanto fosse liscia il fortunato avrebbe guadagnato
l’entrata senza alcuna difficoltà. Simulò l’atto con il
suo dito medio per rendersi conto quanto fosse agevole e
che tutte le nostre difficoltà non erano certamente
fisiche ma risiedevano solo nelle nostre teste. Poi mi
chiese di fare l’amore, ma ormai ero così concentrata
all’evento che non feci fatica a respingerlo pensando
che quell’astinenza avrebbe in qualche modo alimentato
la nostra passione e soprattutto il mio sentirmi femmina
in un altro letto.
*****
Il giorno
stabilito, uscimmo dall’ufficio prima del solito. In
auto parlai solo io, lo ammetto, iniziavo a sentire la
tensione e così elencai tutte le cose che avrei dovuto
fare da lì a poco. Lui annuiva con la testa e solo
quando arrivammo sotto casa mi disse: “Amore devi stare
tranquilla…” ma in quel momento avvertii chiaramente ad
una ad una, tutte le battaglie che lui stava combattendo
internamente, comprese tutte le bombe atomiche, che
scoppiavano disordinatamente nel suo cuore, ad ogni suo
respiro. Ma lui non disse altro ed io, arrivati a casa,
mi chiusi in bagno.
Il tempo scorreva
inesorabilmente, guardai l’orologio in bagno: mancava
meno di un’ora e mezza all’appuntamento. Quando uscii
dalla doccia, Antonio mi stava aspettando in camera
seduto sul bordo del letto. Al buio ed assorto con le
mani giunte sembrava che stesse pregando. In
quell’istante credetti davvero che mi invitasse a
rinunciare, del resto sarebbe bastata una semplice
telefonata all’agenzia di escort per sostituirmi forse
con una donna meno bella di me, ma di certo più mignotta
nell’anima. Sì in effetti la mia tensione s’avviluppava
su un unico enorme dubbio: “Sarei stata all’altezza? Mi
sarei comportata da troia vera?” Gli andai vicino e gli
accarezzai i capelli, ma lui preso dal suo orgoglio, si
scrollò di dosso le ultime residue incertezze e non
disse nulla, anzi mi invitò ad aprire l’accappatoio ed a
mostrarmi platealmente nuda ai suoi occhi: “Dio mio
quanto sei bella!” Non disse altro.
Appoggiati
alla spalliera del letto pendevano sete e merletti,
Antonio a quel punto si alzò dal letto e cercò di
abbracciarmi, ma io scivolai dalle sue braccia e
voltandomi iniziai a prendere delicatamente ad uno ad
uno, come fossero cioccolatini al rum, le mie armi di
seduzione. Dapprima indossai il reggiseno, poi le calze,
il reggicalze e infine il perizoma rosa antico.
Lui guardava estasiato quell’atto sacro di vestizione
come fosse in contemplazione. Fu lui a darmi le ultime
sicurezze e da quel momento non ebbi più dubbi: del
resto se troia dovevo essere, troia sarei stata. Lui
rimase col fiato sospeso, ma poi non resistendo allungò
la mano ed iniziò a seguire il velo impalpabile della
calza fino ad arrivare al mio sesso umido. Ecco in quel
momento anche lui ebbe l’evidenza solenne che mai avrei
rinunciato a quell’incontro. Le sue mani erano così
delicate che percepii quanto timore avesse di sciuparmi,
ma sentii chiaramente anche la sua piacevole
soddisfazione che quella sera mi sarei donata a lui
tramite un altro cazzo. Certo in quel momento nessuno
dei due immaginava le dimensioni, la potenza e la
fisicità del sesso della nostra preda, ma entrambi
eravamo convinti che, comunque fossero state, ne avremmo
goduto mentalmente entrambi.
Lui mi aiutò a
infilare il tubino aderente e poi si inginocchiò ai miei
piedi e mi aiutò a calzare le scarpe, con un gesto
insolito abbassò ulteriormente il capo fino a sfiorare
il pavimento e mi leccò i tacchi altissimi. Quel gesto
così simbolico mi fece sentire una regina ed ebbi la
netta sensazione che da quella sera in poi, per mezzo
della mia femminilità straripante, avrei scalato le
montagne più impervie e che nessuna vetta mi sarebbe
stata preclusa. Ovviamente di quella sensazione non ne
feci parola, non era assolutamente il momento di
intavolare un discorso così complicato e pieno di
strascichi e dubbi.
Quando finii di truccarmi lui
mi porse il soprabito, il cappello e la borsa. Mi
guardai di nuovo nel grande specchio in ingresso, seguii
con lo sguardo maschile le forme del mio sedere e
l’incavo della mia schiena, soddisfatta bagnai il mio
collo con cinque gocce di Chanel n. 5 e chiesi ad
Antonio di guardarmi attentamente da capo a piedi. Lui
mi rispose: “Sei perfetta, amore!” Ero pronta!
Uscimmo di casa alle sette e venti, ovviamente
Antonio mi avrebbe fatto da autista, lasciandomi
preventivamente a cento metri dall’albergo. In auto, in
mezzo al traffico caotico di una Roma invernale, evitò
di toccarmi le gambe come faceva di solito. Fu a quel
punto che avvertii la prima sensazione strana e mi
chiesi se quella serata fosse stata davvero il nostro
collante o un inesorabile distacco. Poi però optai per
una ragione molto più prosaica ossia che l’unica
preoccupazione di mio marito fosse stata quella di non
sfilarmi la calza. Durante il tragitto Antonio mi
diede le ultime istruzioni e mi disse che lo scarno
programma della serata avrebbe previsto un aperitivo
nella hall dell’albergo e poi l’intrattenimento nella
camera 412. Ecco sì, quella che sarebbe stata la mia
prima scopata con un uomo che non era mio marito e di
conseguenza le sue prime corna, la chiamò asetticamente:
“intrattenimento”.
Mi lasciò in Piazza Barberini
all’angolo con Via Sistina. Lui avrebbe passato la
serata al cinema, cenato da solo nel nostro solito
ristorante e poi avrebbe aspettato un mio messaggio in
un locale vicino Via della Scrofa. Il giorno dopo
entrambi avevamo preso un giorno di ferie per cui mi
disse di non preoccuparmi per l’ora tarda, mi avrebbe
aspettato fino a mattina se fosse stato necessario.
*****
HOTEL HASSLER
Ecco ora
sono qui, le porte a vetri si stanno aprendo
automaticamente, l’uomo in livrea che mi mangia con gli
occhi, aumenta la mia consapevolezza di aver fatto le
scelte giuste. Penso: “Chissà quante ne avrà viste di
puttane d’ogni ordine e grado passare da questa vetrata…
chi per soldi, chi per ambizione e mi consolo pensando
di non appartenere a nessuna di queste due categorie…”
Mi guardo attraverso il grande specchio all’entrata, oh
sì sono bella! Certo lo so che l’etichetta non avrebbe
mai consentito un cappello di sera, ma mio marito
conosceva i gusti di Marco Pezzi, ed ogni volta la
richiesta all’agenzia indipendentemente dal resto, era
categorica e sempre la stessa: “Una escort elegante col
cappello”. In quel momento avrei scommesso mille euro
che quel cappello così insolito per la sera non me lo
sarei tolto per tutta la serata e dico tutta.
*****
L’INCONTRO
Cammino leggera ed
altezzosa calpestando appena il tappeto rosso che mi
guida verso la hall. L’appuntamento è sui divani morbidi
proprio lì di fronte al bar. Marco Pezzi è seduto alla
sinistra del bancone un po’ in disparte, come da accordi
una rosa gialla a gambo lungo giace sul suo tavolino, ma
ovviamente faccio finta di non riconoscerlo e mi guardo
intorno. Lui si alza ed agita la rosa per attirare la
mia attenzione. Mi chiedo come faccia a sapere che sia
io la escort che sta aspettando. Forse esperienza, forse
fiuto maschile o solo banalmente, mi dico, che chiunque
riconoscerebbe a distanza siderale che sono una di
quelle e che sto portando il mio sesso a domicilio ad un
cliente dell’albergo.
Mi avvicino. Ci
presentiamo. Gli dico di chiamarmi Maria Vittoria, ma
naturalmente il nome è inventato. Mi invita a sedermi
sulla poltrona di fronte. Mentre sprofondo dentro quella
morbidezza di pelle rossa guardo il grande orologio
antico sulla parete. Sono le otto e trenta in punto. Lui
mi fissa, affascinato come se non avesse mai visto una
donna elegante e disinibita, ma allo stesso tempo noto
un velo di sorpresa nel suo sguardo. Mi domando il
motivo, penso a come si comporterebbe ora una
professionista, ma penso anche al mio rossetto rosso
fuoco, alle mie unghie lunghe dello stesso colore, alla
mia cavigliera e a quale effetto possano fare ad uno
uomo che ha già incontrato tante escort seduto proprio
su quella poltrona.
Di certo è un bell’uomo, ma
questo lo sapevo già, dato che negli ultimi giorni più
volte l’ho visto in foto col suo gessato grigio
nell’album aziendale della chat interna. Rammento anche
di averlo visto una volta di persona, ma non ricordo
l’occasione. Mi viene anche il dubbio di aver parlato
con lui. Ora però noto la sua capigliatura folta con
qualche filo bianco, i suoi occhi verdi espressivi, la
sua meravigliosa abbronzatura, i gemelli d’oro ai
polsini, il Rolex in bella evidenza e i suoi 57 anni
portati da Dio. Cerco di fissare l’immagine, non perché
ne sia attratta, ma solo per ricordarla nella mia mente
e poterla poi descrivere dettagliatamente a mio marito.
Mi accorgo che sto pensando al plurale, che ragiono con
il noi, per cui per me è solo un gioco e non ho
intenzione di scomporre le due fasi, ossia mio marito in
giro per Roma che mi pensa ed io qui che soddisfo il suo
desideri.
Marco Pezzi non mi toglie gli occhi di
dosso ed io con studiata malizia accavallo le gambe e
lascio che l’orlo del mio tubino aderente si alzi quel
poco per mostrare impercettibilmente il bordo più scuro
della mia Philippe Matignon e per fargli immaginare, se
ancora non lo avesse capito, che dopo questo
meraviglioso vedo e non vedo c’è solo il Paradiso
terrestre, ossia la sua Eva per una notte, che tra
l’altro è il mio nome vero, ma che per evidenti ragioni
non ho potuto dire. Le sue difese iniziano a cedere
ed io cercando di essere più disinvolta possibile,
prendo la rosa dal tavolo ed esclamo: “Tutte le rose
profumano per mestiere.” Lui fa un piccolo cenno di
assenso con la testa, ma ora non ho più dubbi, è
letteralmente trafitto dal mio fascino, o più
probabilmente, dall’idea di portarmi il più velocemente
possibile nell’alcova n. 412. Con la voce impastata mi
invita a prendere qualcosa. Sento che ha urgenza di
finire la frase e respirare profondamente per riprendere
ossigeno e chiamare il cameriere. Sprofondo sulla mia
poltrona in modo che il mio velo di calza più scuro sia
ancora più evidente e con soddisfazione mi dico che mai
avrei creduto che i ruoli tra Amministratore Delegato e
dipendente della stessa banca si potessero ribaltare in
questo modo e in così poco tempo.
Quando il
cameriere poggia sul tavolino il vassoio d’argento con
due coppe di Ruby Diamond Cocktail la situazione è
leggermente cambiata. È bastato che parlasse del suo
lavoro, dei suoi due figli, dei suoi hobby, del golf,
della sua casa immersa nel verde, della sua città dove
vive, ovvero Bologna, per entrare nel suo ruolo di uomo
di potere, ricco e affascinante. Mi dice da uomo sicuro
del suo fascino che solitamente non gli serve pagare le
donne per farci l’amore, ma che la mia presenza è solo
un modo per avere compagnia e non passare la serata in
completa solitudine. Cerco di fare attenzione alle
sue parole, ma mentre parla, continuo a percepire dal
suo sguardo un misto di sospetto e cautela. Ripasso a
mente lo scarno programma della serata, a quel punto,
finito di consumare il cocktail, il prossimo punto
prevede direttamente la stanza 412. Aspetto l’invito, ma
Marco Pezzi non si muove, mi scruta e alla fine mi
chiede: “Io e lei ci conosciamo, vero?”
Avverto
un tonfo, secco e lacerante, nella parte più profonda
del cuore. In un flash ripasso a memoria tutte le
occasioni di lavoro tramite le quali mi avrebbe potuta
vedere senza che io me ne accorgessi. Milano, Roma,
Bologna… Solo a quel punto mi viene in mente una
riunione di poche decine di minuti quando lui era ancora
il Vice Direttore della filiale di Bologna ed io una
neoassunta alle prime armi. Che stupida! Certo che mi ha
vista! E non solo! Ricordo anche i suoi complimenti per
la mia relazione sui nuovi Fondi di Investimento Green,
ma non mi perdo d’animo e contrattacco: “Ho una faccia
così comune?” Mi guarda oltre il trucco, il suo
sguardo è penetrante e ho la sensazione di essere nuda.
“Non direi, lei è una donna fuori dal comune! Sa io
di belle donne me ne intendo e credevo di averla già
incontrata, ma forse mi sbaglio.” Scampato il pericolo
respiro profondamente e mi rilasso. Ma lui non mi dà
tregua: “Eppure ho la sensazione di averla già vista.”
Cerco una frase a caso: “Non penso, è da poco tempo
che faccio questo lavoro e ricordo perfettamente tutti i
clienti che ho incontrato finora.” Lui non si fa
scappare l’occasione: “Spero non tanti e comunque le
devo confessare che lei è così charmant che non mi
ricorda affatto una escort.” Il colpo basso arriva
immediatamente nella mia pancia. Lo sento così potente
che non mi resta che muovere leggermente le gambe in
modo che la stringa del mio reggicalze si materializzi
come in un incanto in un infinitesimo di secondo al suo
sguardo indagatore. Lo guardo. Mi accorgo dell’effetto.
Colpito e affondato! A questo punto non gli resta
che aggiustare il tiro: “Che ne pensa se continuiamo a
bere i nostri cocktail in stanza?” Ecco, è proprio
quello che volevo sentirmi dire. Mi alzo immediatamente,
del resto la poltrona da morbida e accogliente era
diventata improvvisamente scomoda e piena di spine.
*****
L’ASCENSORE
Lo precedo
precaria sui miei tacchi sottilissimi tra i tavolini
della hall, qualcuno mi guarda, l’espressione è
eloquente, sa che tra poco mi farò scopare da quest’uomo
che mi segue. Ora cammino lungo il corridoio di
marmi lucidi venati di verde e grigio. Cerco di
ondeggiare lievemente con un sinuoso movimento del
bacino, certa che lui ora non stia chiedendosi dove mi
abbia vista, ma ammira solo le mie curve e che i suoi
pensieri impazienti, adagiati sul mio sedere, abbiano
già preso l’ascensore e aperto la stanza n. 412. Cerco
di intuire la coda di quel pensiero e mi chiedo quanta
puttana c’è in questo movimento invitante e quanta troia
si annida sulla cucitura della mia calza nera che spero
sia ancora dritta e sensuale.
Mi coccolo al
pensiero che lui non possa fare a meno di definirmi in
quel modo, ma ancora di più, ripenso alla sua frase: “Ci
conosciamo?” Quella domanda banale ha aperto incredibili
scenari nella mia inquietudine, ma allo stesso tempo una
incommensurabile e sana trasgressione. Se fossi una
semplice escort sarebbe così tutto banale, piatto e
materiale, del resto non ci vedo nulla di provocatorio
ed eversivo quando una donna si offre per denaro e un
uomo paga e compra quella merce. Ma se davvero lui già
pensasse di conoscermi, ma se davvero sapesse che sono
la moglie di un suo sottoposto nonché una sua dipendente
le cose stasera acquisterebbero una valenza imprevista e
di gran lunga più eccitante. Allora sì che lui non
sarebbe un banale cliente ed io diventerei più puttana
di una escort, più troia di qualsiasi donna che si
concede ad uno sconosciuto. Lungo quel corridoio mentre
continuo ad accalappiare tutta la sua attenzione come
una vera zoccola cercando di distoglierlo da altri
dubbi, il mio unico pensiero è: “Che ne penserebbe
Antonio?”
Me lo chiedo di nuovo quando prendiamo
l’ascensore convinta che il gioco seppur eccitante
diventerebbe troppo pericoloso e quindi a tutti i costi
devo continuare nella parte, non devo recedere di un
millimetro da quel gioco che io e mio marito abbiamo
così meticolosamente progettato e voluto. E soprattutto
mi ripeto che non devo deludere Antonio, a qualunque
prezzo! In ascensore lo fisso sfacciatamente, poi gli
prendo la mano e la porto sul mio seno. Mi chiedo se una
escort si sia mai lasciata andare ad un gesto così poco
professionale, ma ogni donna è unica ed io ora, tramite
la sua mano, mi strizzo il seno per dargli la misura di
quanto potrei concedermi e dove lui potrebbe spingersi.
Aspetto una sua contromossa, perlomeno che la sua mano
reagisca e si stringa autonomamente su quello che gli
sto offrendo, ma lui rimane distante con la mente, forse
sta ancora pensando dove cavolo mi abbia vista oppure
perché la moglie di un suo dipendente si stia concedendo
in quel modo. Proseguiamo in silenzio e finalmente
arriviamo al piano. Lui si fa da parte e mi fa scendere
per prima. Mi chiedo: “Ma se davvero mi credesse una
escort avrebbe mai usato quest’accortezza?” Non faccio
in tempo a rispondermi. La stanza 412 è davanti
all’ascensore.
*****
ROOM 412
Entrò in camera e cerco di indovinare quale potrebbe
mai essere la prima mossa di una prostituta. Dopo aver
poggiato la borsa sulla poltrona di sicuro non controlla
il bagno, la morbidezza del materasso o apre le tende
della stanza. Forse si siede sul bordo del letto ed
aspetta. Così faccio. Lui controlla che nel frigo bar ci
sia il suo whisky preferito, poi si toglie la cravatta e
attraverso lo specchio mi sorride. Mi domando se sia di
natura silenzioso, oppure se il suo silenzio sia dovuto
ad una naturale inibizione al cospetto di una bella
donna che non sembra una escort oppure se il suo mutismo
sia solo dovuto ad una pericolosa diffidenza nei miei
confronti. Opto per tutte e tre le risposte incitandomi
a fare qualcosa che sappia di prostituta. Comunque
rispondo al saluto e sul tavolino di lato noto il
secchiello del ghiaccio con una bottiglia di buon
Ferrari d’annata.
Mi dice che l’ha colpito la
mia frase sulla rosa e mi domanda se anche io profumo
per mestiere. La sua voce ora è profonda, di potere,
quasi studiata. La cosa mi intriga. Se non fosse stato
per quel: “Ci conosciamo?” Tutto starebbe andando a
gonfie vele e di sicuro Antonio sarebbe fiero di me ed
orgoglioso della sua donna finalmente troia. Antonio? Ah
già mio marito, l’ho quasi dimenticato! Penso a cosa
stia facendo, sento da lontano la sua ansia e
contemporaneamente la sua partecipazione attiva. Forse
starà scandendo i minuti, pensando già che il suo
inconsapevole capo mi abbia già scopata o quanto meno da
vera finta escort lo abbia già preso in bocca. È
maledettamente erotico pensare che tra poco grazie a me,
grazie al bel signore che ho davanti lui entrerà
ufficialmente a far parte del club dei mariti
consapevoli e cornuti. Del resto lo ha detto lui,
constatando la morbida apertura della mia fica, che se
non fosse per la nostra mente sarebbe maledettamente
facile entrare in quel club. Ma noi ora quello stadio
mentale lo abbiamo ampiamente superato e mai mi
perdonerebbe se fallissi a pochi metri dal traguardo.
Forse mancherà un minuto oppure un’ora non so, anzi,
ancora seduta sul bordo del letto, mi dico che non è una
questione di tempo o di metri, e lui può considerarsi
già, a tutti gli effetti, un conclamato cornuto.
A Marco Pezzi invece non rispondo, sarebbe del tutto
banale da parte mia, ossia di una escort, dire che
profumo per mestiere, anzi nella mia condizione credo
sia controproducente e lui potrebbe davvero pensare che
sto solo recitando una parte. Del resto, da quanto so,
il corrispettivo è già stato concordato da tempo e come
una brava escort non chiederò alcun supplemento in
denaro se non quello fisico di farmi sentire quello che
non sono, anche se lui non lo saprà mai. Mi chiedo cosa
ci sia in fondo a quell’idea e cosa davvero dovrà fare
lui, ma non mi viene in mente altro che pensare ad
un’apoteosi di piacere, una deflagrazione che non
preveda superstiti, simile a quelle bombe che ho sentito
nel cuore di mio marito che emulavano perfettamente
quello che ora mi aspetto. Insomma un orgasmo vero,
sacro, intenso e ripetuto più volte, tipo una raffica di
mitra senza soste che duri una notte intera,
un’immersione senza respiro che mi prenda totalmente la
carne e a mio marito la testa. Eh sì solo così mi
sentirei di aver fatto il mio dovere e mi congratulerei
con me stessa per essere stata l’artefice della salvezza
del mio rapporto di coppia. Oh sì perché ormai ne sono
più che convinta che l’amore eterno passa per una grande
scopata liberatoria dove ognuno concede in affitto la
sua parte più intima o mentale per non avere rimpianti.
Seduta sul bordo del letto mi sto calando in
quella parte e via via sale il senso di totale
dipendenza da quest’uomo e la totale appartenenza a chi
ora mi sta possedendo a distanza al punto tale di
lasciarmi godere di un cazzo altrui senza neanche il
bisogno di guidarmi o di avere in qualche modo una parte
attiva. Istintivamente mi sento sedotta da entrambi ed
ora il mio unico desiderio è sentirmi sottomessa,
violata e dominata per soddisfare entrambi e soprattutto
me stessa. Mi chiedo quanto tempo ancora rimanga proprio
nel momento in cui lui si sta togliendo i gemelli d’oro
dai polsini della bella camicia bianca. Penso: “Ci
siamo.” Lui si avvicina.
Mi dice che sono
stupenda, molto di più di quanto avrebbe mai immaginato.
Mi dice che desidera guardarmi in tutta la mia
abbagliante sensualità, per piacere o semplicemente per
constatare ciò che a breve sarà la custodia del suo
cazzo. Come una navigata professionista sfodero un
sorriso teatrale. Lui mi porge la mano e mi fa alzare e
solo a quel punto rammento che la prestazione prevede il
pagamento in anticipo. Lui non si scompone, estrae dalla
tasca dei pantaloni il mazzetto di mille euro avvolto in
un nastro rosso. Lo poggia sul comodino sotto la lampada
ed io sorrido ancora senza contare i venti fogli da
cinquanta euro l’uno. Del resto mi dico che non è
assolutamente importante il contenuto, ma il pacchetto
stesso, simbolo di una compravendita e del mio diritto
di sentirmi ufficialmente troia.
La mia richiesta
così diretta non lo scalfisce minimamente anzi sembra
compiaciuto perché quel gesto così materiale e venale,
seppure lo riporti alla dimensione di cliente e
ribadisca la giusta distanza tra noi, gli dà il
sacrosanto diritto di usare il mio corpo a suo
piacimento e di considerarsi da quel momento in poi
unico beneficiario di un piacere immediato.
*****
L’ATTO
Ora siamo davanti alla
finestra, lui apre le persiane e mentre guardiamo lo
stupendo panorama dei tetti rossicci e notturni di Roma,
sento da dietro le sue mani che accarezzano
delicatamente il mio vestito seguendo la curva dei miei
fianchi fino all’attaccatura delle cosce. Lentamente
ripete il gesto per tre volte accompagnandolo con un
gemito di soddisfazione animale ed ogni volta aumenta la
pressione fino a che quell’orbita così sensuale centra
perfettamente il buco del mio sedere. Ho un sussulto, mi
tengo ferma aggrappandomi al davanzale e immaginando il
piacere che sto offrendo ai suoi occhi, istintivamente
inarco il bacino porgendolo come un regalo prezioso al
mio benefattore.
“Ci siamo!” Penso. La sua
impazienza ha rotto gli argini e senza assaporare una
minima bollicina di Ferrari stiamo entrando nella fase
più carnale della serata. Al pensiero mi bagno come
un’adolescente e mi sento soddisfatta perché in un
niente sono crollati tutti i miei timori e quelli di
Antonio. Quanto vorrei che ora mi vedesse e ammirasse
nella leggiadra arrendevolezza il sedere di sua moglie
che senza più remore si offre in tutto il suo splendore.
Ad ogni istante immagino quello che succederà un
attimo dopo e un brivido di caldo mi avvolge quando le
sue mani ora più decise mi sollevano il vestito e con un
gesto esperto e rapido sfilano il perizoma per ammirare
senza più indugi e nella sua interezza la merce
acquistata. Mi calo nella parte e da finta esperta
agevolo l’operazione stringendo le gambe in modo che il
perizoma scivoli magicamente lungo le mie gambe fino
alle caviglie.
Sento la pressione del suo corpo e
inconfondibilmente la sua eccitazione di maschio, ora il
suo fiato umido sul collo e contemporaneamente la sua
mano a forma di conchiglia, tremendamente esperta,
tremendamente decisa, che preme nei punti giusti del mio
sesso e raccoglie le gocce dense del mio piacere che
involontariamente colano come stalattiti ai primi caldi.
Istintivamente apro le gambe per facilitare il movimento
di quelle dita senza però, almeno spero, sottrarre nulla
all’eleganza del mio corpo. Ma lui insiste, infila le
dita e le ritrae, guadagnando ogni volta un centimetro
della mia pelle. È un gesto tremendamente erotico e nel
contempo sacro come se stesse bagnando le sue dita in
un’acquasantiera. Cerco di facilitagli il movimento e
lui insiste e preme, insiste così tanto che precaria sui
tacchi ho un forte fremito e un attimo di sbandamento,
lui mi sorregge e intanto con l’altra mano mi spinge in
avanti per farmi incurvare.
“Ecco ci siamo!”
penso. E dopo meno di un secondo sento il suo membro
farsi spazio tra le mie labbra. È solo un attimo, un
infinitesimo attimo ed è già dentro. Aveva ragione mio
marito. Ci è voluto meno di un secondo ed è stato
estremamente elementare passare da moglie irreprensibile
e fedele a grande troia. Penso ad Antonio e gli dico:
“Benvenuto amore nel club dei cornuti.” E intanto lo
sento imperioso e maschio scivolare nelle mie intimità e
riempire incredibilmente ogni mio vuoto spingendosi
negli interstizi più profondi delle mie pieghe più
segrete.
Ma è solo un assaggio e dura il tempo di
rendermi conto di quanto quelle meravigliose dimensioni
mi faranno godere. Per ora si ritrae, si allontana, mi
dice di rimanere in quella posizione, di non muovermi.
Lui stappa la bottiglia di Ferrari, riempie i due
bicchieri e mi offre il calice. Mentre ci gustiamo le
bollicine la sua mano torna a stringere con forza il mio
sesso, sento quasi un dolore, piacevole e di possesso,
perché la sua voce profonda esplode come un macigno
nelle mie orecchie: “Ti piace vero?” Rispondo con un
sì interminabile e pieno di sospiri. E lui: “Anche a
tuo marito piace?”
Eccola la frase che non avrei
mai voluto sentire, la frase che temevo fin dall’inizio
della serata e che avevo letto nel suo sguardo, ma che
ora incredibilmente si infila nei capillari più
periferici. Cerco immediatamente una scusa che non
viene. Mi sento persa, le gambe tremano, mi rendo conto
di non essere solo una puttana, ma una perversa in cerca
di sesso proibito. Un brivido intenso lungo tutta la
schiena taglia in due le mie parti di sesso e ragione.
Allora decido di reagire con l’unica arma che ho a
disposizione e gli dico di prendersi quello che gli
spetta a prescindere a chi appartenga, lo incito a non
smettere e lui, avendo già superato il punto di non
ritorno è ben felice di farlo. Sento la sua mano lungo
il taglio del mio sedere per poi risalire davanti e
fermarsi dove esattamente nel mezzo s’annida il centro
di ogni mia voglia.
Ormai ha scoperto il gioco ed
io mi sento un’adolescente nuda davanti al suo
stupratore, indecente ed esposta ad ogni suo volere.
Penso a tutto ciò che potrà accadere, a come questa
serata rappresenti il confine tra passato e futuro, ma
incredibilmente più ci penso e più mi eccita e più mi
convinco che non mi sarebbe potuto capitare di meglio
come mia prima volta. Immagino la faccia di Antonio, la
sua carriera simile al mio culo proteso e la nostra
dignità in pezzi. Per sentirsi troia non basta scopare
con un altro uomo, mi dico. Per sentirsi una grande
troia serve sentire il proprio onore cadere in pezzi,
sentirlo sbriciolare sotto i colpi di un maschio che ora
e solo ora rappresenta in tutte le sue forme il potere
che ho sempre cercato nel letto.
Lui ora sale in
cattedra, lo sa e lo pensa che può permettersi di tutto.
Le sue dita escono e rientrano e poi escono ancora, si
prende tutto il tempo necessario, ora sì che può fare i
suoi comodi senza avere alcun timore del mio giudizio.
Sento i suoi pollici ben piantati e fermi tra le mie
labbra, è una specie di tortura, ma so che devo
aspettare. Sento l’ebbrezza del ricatto, l’essenza della
costrizione di questo gioco che ora è saldamente nelle
sue mani. Si inginocchia e scruta le mie intimità,
oh sì ora non sono più sufficienti l’eleganza dei modi e
gli atteggiamenti da mignotta, ora vuole ben vedere cosa
ci sia tra le pieghe più scure di una moglie che si
offre sapendo benissimo tuttavia che l’unica differenza,
rispetto alle tante donne che ha usato finora, è solo la
totale disponibilità di quanto io ora possa concedermi a
lui. Lo sa che dovrò comprare il suo silenzio e non
avendo più nulla da perdere seguirò l’istinto più rapace
e godrò senza limiti come fosse l’ultima scopata della
vita.
Sento il mio corpo cedere alla pressione
delle sue dita, al ricatto immorale che
inconsapevolmente mi attrae. Sento la lunga miccia
partire da lontano, dalla mia testa, dall’anima tutta,
la sento scorrere ardente dentro di me e poi avanzare ed
alimentare la fiamma tra le mie cosce, fino ad esplodere
esattamente dove sono le sue dita. Lui è estasiato,
quasi ipnotizzato da tanto ardore, da questo vulcano che
erutta lingue di fuoco, avvicina il viso ed io sento la
sua lingua impazzita che risucchia il vortice di piacere
e beve la lava densa che cola. Mi morde, mi annusa, mi
lecca ed io mi sento completamente sua, calda, bagnata
ed aperta alla sua lingua esperta. La sua saliva si
mescola ai miei umori abbondanti e subito dopo ho il mio
primo orgasmo violento sulla sua bocca, ma lui mi incita
a non fermarmi, ne vuole ancora, mi scuote, mentalmente
mi spreme finché esplodo di nuovo sulla sua mano. Urlo e
mi sento svuotata, ma so che non gli basta, del resto mi
considera una sua preda e non vuole solo ferirmi, ma
annientarmi completamente.
Ora si alza e torna
su quel pensiero, non perché sia sospettoso o
diffidente, ma solo perché ora lo trova eccitante e
vuole scomporlo e ricucire: “Lui lo sa vero? O ti sei
sostituita alla escort senza dirglielo?” Magari pensa
che ho letto le email e che per una notte ho decido di
essere altro. Magari pensa che la escort sia ancora
nella hall ad aspettarlo e che davvero mio marito non
sappia. Sì certo, anche questa situazione mi eccita, ma
a questo punto voglio toccare il fondo, sentire vivo il
senso più profondo della perdizione. Mi interrogo cosa
lui vorrebbe sentirsi dire e allora gli sussurro
immediatamente senza avere dubbi l’unica risposta che ho
a disposizione: “Sa.” Ora mi volta e mi bacia.
Incredibilmente mi bacia: “E perché avete scelto me per
il vostro gioco perverso?” Lo bacio anch’io, sento
il gusto delle sue labbra: “Perché sei sempre stato nel
nostro letto.” So che la frase può apparire falsa, ma in
questo momento la verità è più travolgente di qualsiasi
bugia. Sorride, non sa quanto ci sia di vero, ma il
copione del piacere gli impone di crederci. E allora mi
prende per i fianchi, un attimo dopo mi volta, mi
stringe, mi tiene ferma, come fossi un comodo bersaglio
da centrare, mi guarda e nella stessa posizione mi
penetra, ma questa volta non scivola, sale e scende a
strattoni, entra ed esce da padrone pensando
esclusivamente al suo desiderio. Lo sento ansimare,
sento che sta entrando nella parte, che si sente anche
lui protagonista, forse sta pensando che essere preda di
una perversione e più eccitante che essere un cliente
oppure che una moglie e un marito consapevole valgano
molto di più di una escort e più mi batte, più mi eccita
e mi sento sua, completamente devota al suo ed al mio
piacere.
Ora è tutto più chiaro, capisco mio
marito, capisco quanto il gioco sia più importante della
vittoria finale. Nel mentre mi preme, spinge, sento che
non c’è alcuna differenza tra figa ed anima e mi dico
che, se ora per assurdo lui si sfilerebbe e decidesse di
non farmi godere, non cambierebbe nulla, non toglierebbe
nulla a questa serata, perché quello che sto provando
ora è più tremendamente intenso e violento di mille
orgasmi a ripetizione.
Lo sento che mi cerca,
sento il suo ardore, la sua pressione più mentale che
fisica, la sfida con se stesso, l’impotenza di arrivare
dove vorrebbe, come se le dimensioni del suo pene non
fossero abbastanza per possedermi completamente. IL suo
movimento ora è scomposto, disordinato, preso
dall’impeto mi strappa il vestito, il reggiseno, rimango
in calze, reggicalze e tacchi. Ora non può non
guardarmi, non può non apprezzare il dettaglio, la
preparazione scrupolosa, il regalo che gli sto offrendo
su un piatto d’argento. E allora mi dice che sono
incredibilmente bella, più delle cento escort messe in
insieme che si è scopato finora dentro questa stanza. Ma
nel contempo vorrebbe che questa bellezza svanisca sotto
i suoi colpi, vorrebbe che io fossi solo carne, ossa,
l’essenza dell’oggetto del suo piacere. Allora mi
strizza il seno come se volesse addomesticarlo, mi
stringe forte le cosce, come se nel mio dolore trovasse
la linfa per possedermi totalmente. Accetto la sfida,
urlo e mi divincolo, ma poi gemo e lo pretendo.
Sento il suo grugnito d’animale predatore, sento le sue
gocce di sudore sulla mia schiena e poi la sua voce
roca, maledettamente erotica che mi dice porca perché sa
benissimo che troia non sarebbe la parola giusta. Si
ferma un infinitesimo di secondo per raccogliere le
energie e poi riprende, sono poche scosse ben assestate
che fanno vibrare i vetri della finestra, percepisco che
è all’apice della sua voglia, allora mi concentro perché
tutto vada come previsto. Mi ripeto che Antonio lo
vuole, che non c’è migliore tradimento che sentirsi
pienamente soddisfatta, urlare insieme all’altro nel
momento dell’orgasmo, intimamente congiunti, godere
all’unisono, né un attimo prima né un attimo dopo,
perché le corna non lascino dubbi e siano certe, vere,
eterne, ramificate e ben piantate nella memoria e
nell’anima di entrambi.
Lui continua senza
rallentare un momento, lo sento, è a limite, ma mi volta
ancora, il suo sguardo mi penetra gli occhi, vedo il suo
desiderio, penso davvero se siano state cento le troie
che si è scopato in questa stanza, in questa posizione,
pigiate contro il davanzale di questa finestra. Penso
alle loro urla, ai loro sessi bagnati, comodi e reattivi
e mi eccita terribilmente il fatto di essere unica e
diversa, per lui ora rappresento il proibito, la
cognata, la sorella, l'amica della figlia minorenne. E
nei suoi colpi ben assestati sento l’illecito, qualcosa
che va al di là della legge di un uomo e una donna che
si fondono insieme. Forse sta pensando che potrei essere
sua moglie che ora in questo preciso momento lei si sta
facendo fottere da un amico, un amante o meglio un
inserviente nella sua bella villa di Bologna. Ma lui non
è connivente come mio marito, vede in me la paura di
essere tradito, vede in me la donna di tutte le donne,
la troia di tutte le troie, allora mi inchioda, mi
sbrana, mi infuoca ed io mi sento devastata in un fitto
labirinto di perversioni, in cui mai potrò ritrovare la
via d’uscita perché lui mi sta usando come merito di
essere usata.
Penso a cosa ci sarà un momento
dopo quando quel momento è già passato, gli istanti si
confondono, passato e futuro diventano un immenso
presente. Mi chiede quante volte mio marito mi ha fatto
scopare da altri, gli dico che è in assoluto la prima
volta, anzi per eccitarlo ancora di più aggiungo che
Antonio mi sta aspettando nella hall. Mi guarda con aria
sbigottita come se non si aspettasse quella frase o come
se fosse troppo per lui, e allora mi mostra il suo sesso
orgoglioso, duro e maschio, ma solo per un attimo perché
subito dopo scompare di nuovo dentro di me. Nel
grande specchio appeso alla parete non riesco a
distinguere le due figure, i nostri corpi sono fusi in
un blocco unico. Rallenta e accelera. Penso che sia
maledettamente bello fare l’amore così e sentirsi
dominata. È una sensazione unica. Sotto quei colpi fitti
mi sto liberando di ogni scoria, mi sento leggera come
una piuma, mi pare di non aver peso e danzo mentalmente
nell’aria e fisicamente volteggio e plano ripetutamente
sui suoi fianchi con le gambe divaricate.
Lui mi
martella e colpo su colpo cerco di agevolarlo e
resistergli, sono colpi secchi, come uno sparo all’alba
nella brughiera, tonfi sordi della mia carne nuda contro
il muro, sento la mia voce incitarlo e la sua che mi
ordina di non fermarmi. Appiattita contro quella parete
sento lievitare di nuovo il mio piacere. Questa volta lo
incito a battermi, a scoparmi come se davvero fossi
l’ultima sua donna e fosse l’ultimo giorno e non ci
fosse altro domani che questo presente. Ora i nostri
movimenti sono sincroni, la nostra intesa lievita,
perfettamente uniti, in simbiosi, perfettamente in un
magico incastro come se la natura ci abbia creati e
modellati pensando a questo incontro.
Solo a
questo punto lui rammenta che in questa stanza c’è anche
un letto e un secondo dopo siamo distesi, lui sopra di
me, nella posizione classica di femmina che accoglie, di
maschio che pretende, sento il suo respiro caldo,
intenso, grosso, sento i suoi denti affondare nella mia
carne. Io urlo, lo prego di finirmi, di non lasciarmi
ferita, di lasciarmi un marchio indelebile così che
tutti possano sapere quanto sia stata troia, quanto mi
sia fatta scopare da un altro con la benedizione di mio
marito. Le mie parole sono nettare per la sua
eccitazione, sento il suo cazzo di marmo, duro dalle
parti del mio cuore, la sua bocca nella mia, il suo
sudore acido, l’odore forte del mio orgasmo, le mie urla
viziose, la saliva fondersi, i capelli bagnati, i morsi
sul collo, il cigolio del letto, le pareti crollare
quando in un fremito interminabile lui esplode dentro di
me inondandomi tutta.
*****
Subito
dopo nel silenzio profondo della stanza la sua voce
profonda e senza più energia mi dice: “Sei stata
fantasticamente donna e meravigliosamente mia!” Così
dicendo prende in mano le mie mutandine e con un gesto
plateale le stringe e le annusa profondamente. Ho un
sussulto, ma non parlo. Di tutta risposta mi alzo e per
ribadire le nostre distanze prendo il mazzetto di euro
sopra il comodino e afferro da terra il mio reggiseno.
“Questo non lo vuoi?” Mi porge il perizoma. “Se
vuoi te lo lascio come ricordo.” “Grazie, ma vorrei
qualcosa di più di un ricordo.” Si appoggia alla
spalliera del letto e mi osserva compiaciuto mentre mi
infilo a fatica il tubino aderente: “Non ti fai la
doccia?” “Lui mi desidera così. Vuole sentire l’odore
della sua donna che si è concessa ad un altro uomo.”
Lui rimane a bocca aperta. So di averlo colpito, ma fa
finta di niente e riprende: “Sei stata magnifica”
Cerco di sviare: “Credevo che dopo l’amore mi prendessi
a male parole.” Lui insiste: “Vorrei che non dicessi
a tuo marito che ti ho riconosciuta.” Lo guardo con
aria incredula: “E perché mai?” “Avrei piacere se ci
rivedessimo, ma questa volta in incognito e senza la sua
complicità.” Sorrido maliziosamente e continuo a
vestirmi abbassando lo guardo. “Non credo sia
possibile.” Lui si alza mi accarezza il viso e mi
tiene stretta a sé: “So che ti è difficile non dire a
lui che ho scoperto il vostro gioco, ma allo stesso
tempo penso che ti sarà facile incontrarmi di nuovo a
sua insaputa.” Vorrei ripetergli che non sarà mai
possibile perché con Antonio ci amiamo alla follia e il
nostro gioco non prevede il tradimento, ma, forse per
liberarmi dall’imbarazzo e per togliergli dalla mente
l’idea che è stato solo usato, annuisco con la testa.
“Davvero tuo marito ti sta aspettando nella hall?”
Sorrido: “Oh no, avresti potuto incontrarlo e non
sarebbe stato opportuno. L’ho detto solo per eccitarti e
allungare il piacere di entrambi.” Lui non resiste e
mi bacia: “Lo vedi che sei stupenda?”
Incredibilmente mi lascio baciare e apro automaticamente
le mie labbra quando sento la sua lingua. È un bacio
meraviglioso quasi d’amore. Sebbene mi sia concessa come
non mai incredibilmente lo sento come il primo vero atto
di infedeltà verso Antonio. Terminato il lungo bacio
mi riprendo: “Vuoi scoparmi ancora?” Lui non
risponde e allora lo provoco: “In effetti la cifra che
hai pagato ti dà diritto ad avermi per l’intera notte.”
Lui mi abbraccia: “Tu non sei una escort. Io non ho
nessun diritto su di te. Ora desidero solo rivederti
fuori da questo gioco.” Mi sembra così tutto
incredibile, ho paura che questo gioco mi prenda, anzi
ho paura di uscire fuori dal gioco per cui lo saluto,
prendo il mio soprabito, la borsa ed esco.
*****
Cammino lungo il corridoio di marmo, ad
ogni specchio che incontro mi osservo, ma non vedo nulla
di diverso. Mi chiedo cosa mai dovrei fare per essere
riconosciuta come una puttana. Non prendo l’ascensore,
scendo le scale a piedi. Devo sentire il rumore dei miei
tacchi, rendermi conto di quella che ora sono. Mi
concentro, mi ripeto più volte come un mantra che uno
sconosciuto è entrato dentro di me, provo a rivivere le
sensazioni di quanto mi ha presa la prima volta, di
quando lui è entrato come una lama in un burro. Quello è
l’atto ufficiale, il momento in cui io e mio marito
avevamo sognato da tempo, ma incredibilmente non riesco
a pensare al sesso e a quanto mi sia concessa, ci
ritorno ancora, ma l’unico mio pensiero riguarda la sua
proposta. Vuole che sia la sua amante esclusiva e
segreta. Questo non lo avevo davvero previsto. Sento un
brivido caldo intenso tra le mie cosce come se fossi in
astinenza da mesi. Addirittura penso che potrei tornare
indietro, bussare alla stanza 402 e ricominciare da quel
bacio. Ho un piccolo sbandamento e mi aiuto con il
corrimano della scala. Ora scendo lentamente e penso che
il concetto di amante è ancora più coinvolgente e
trasgressivo di quello di troia!”
*****
MIO MARITO
Fuori dall’hotel la serata è
fredda. Il tizio in livrea mi scruta forse sta pensando
quanto sia inarrivabile e che solo pochi eletti hanno la
fortuna di avermi. Oh sì lo sono, da questa sera
appartengo al club esclusivo delle mignotte d’alto
bordo. Per tutta risposta mi allaccio il soprabito e
chiamo mio marito. Lui arriva in meno di due minuti.
Salgo in macchina e lascio che il vestito si alzi quel
tanto che dia a lui la dimensione esatta di ciò che è
successo. Vero non servono parole, ma solo questo odore
forte di sesso che invade l’abitacolo. Comunque ci
baciamo, mi lecca il collo, mi annusa il seno, mi chiama
amore. Lo sento che è ansioso di sapere. Gli
rispondo: “Sono stanca, andiamo a casa, ti amo!” Dalla
mia voce sente che c’è qualcosa di strano. “Cosa
c’è?” Mi ripete due volte. Vorrei non dirglielo ora,
vorrei che tutto filasse liscio come l’olio e andasse
come avevamo immaginato. Vorrei ora essere distesa nuda
sul nostro letto e che lui mi guardasse in penombra,
vedesse i lividi per rendersi conto di quanto sia stata
sua, quanto sia stata questa sera la sua femmina
speciale. E che poi mi annusasse la pelle più morbida
delle mie cosce e assaggiasse le tracce del suo seme
ancora caldo per sentire inconfondibilmente il sapore
aspro e dolce della nostra salsa piccante.
Ma non
resisto: “Mi ha riconosciuta, sa chi sono e di chi sono
moglie!” Lui ferma la macchina e mi guarda con gli
occhi spiritati: “Ma che dici?” Non riesce a crederci.
In pochi attimi il suo viso diventa duro, severo, il suo
pensiero va oltre, all’ufficio, alla sua carriera, alla
sua faccia, al suo onore. Inizia ad imprecare. È fuori
di sé. Cerco di tranquillizzarlo, gli dico che Marco
Pezzi si è comportato da gran signore e che mi ha
assicurato che nessuno mai saprà, ma la sua espressione
non cambia, sembra che in meno di un secondo gli sia
crollato il mondo addosso. Mugugna frasi
incomprensibili, addirittura piange. Si autocommisera,
assume una faccia da cane bastonato, si tocca più volte
i capelli e guarda fisso il muro davanti a noi.
“Scusa e tu ci hai continuato a scopare? Non sai che
significa questo per me?” Ovviamente non sta pensando
a me, il fatto che io mi sia concessa totalmente passa
in secondo piano. Ora pensa solo a se stesso e quali
saranno le conseguenze. Anzi urla e sbatte i pugni
sul volante: “Cazzo non è possibile!” Gli ricordo
quando mi ha vista, ma lui sembra non ascoltarmi.
“Non ci credo, è successo tanto tempo fa, non è
possibile che si sia ricordato di te!” Gli salta in
mente un dubbio atroce che mette fine a quella serata:
“Sei stata tu a dirglielo vero?” “Ma sei matto? Cosa
vai a pensare?” “Dai dillo, ti è piaciuto scopare con
lui e mi hai messo alla berlina! Ora sarò lo zimbello di
tutta la banca!”
A casa ci spogliamo in silenzio
senza guardarci. Certo avevo previsto tutt’altra cosa.
Sono delusa per come sia andata, ma soprattutto sono
incazzata con Antonio, quell’accusa mi gira nella testa
come un mulinello. Avrei voluto dirgli anche della
proposta oscena che Marco Pezzi mi aveva fatto, ma a
questo punto avrei solo alimentato le sue
farneticazioni. Sto zitta, vado in bagno, mi faccio una
doccia, ora desiderio solo togliermi di dosso questo
odore ingombrante, torno mi distendo sul letto, sicura
che domani sarà un altro giorno, ma faccio fatica a
prendere sonno. La mattina, quando mi sveglio, lui è
già in piedi. Faccio colazione da sola, ripenso alla
serata, scuoto la testa, avevamo pensato a tutto, il
programma era perfetto, ma come al solito il diavolo fa
le pentole e si dimentica i coperchi. Lui esce senza
dirmi nulla. Ovvio che non gli è passata e che in
qualche modo mi crede l’unica colpevole di quello che è
successo.
*****
BOLOGNA 12 DICEMBRE
CIRCA DUE ANNI DOPO L’EPILOGO
Scrivo dalla
veranda della mia bella casa immersa nel verde delle
colline bolognesi. È una bella e soleggiata domenica
mattina di dicembre. Marco è andato a giocare a golf con
i suoi amici ed io, seduta in poltrona, avvolta nella
mia meravigliosa vestaglia di seta bluette, guardo dalla
grande vetrata che dà sul parco e mi diletto a scrivere
in bella copia il mio racconto.
Sono passati
quasi due anni, ma il ricordo di quella serata è ancora
vivo. Ed è proprio da e per quella sera che le cose tra
me ed Antonio sono andate via via peggiorando. Abbiamo
passato settimane e settimane ad ignorarci, nessuno dei
due ha fatto il minimo passo di riavvicinamento. Anche
se in ufficio nessuno mai è venuto a sapere la cosa, i
suoi fantasmi mentali sono diventati sempre più
ingombranti al punto che i suoi nervi hanno ceduto e per
la vergogna ha deciso di prendersi un intero anno
sabatico. A casa ci scambiavamo solo frasi di
circostanza e da quella volta non abbiamo più fatto
l’amore. Sfuggente e perennemente arrabbiato col mondo
ha iniziato a bere, a uscire tutte le sere e a rincasare
tardissimo. Solo successivamente ho saputo da uno
dei suoi figli che aveva cominciato a frequentare di
nuovo la sua vecchia casa e soprattutto la sua ex
moglie. Forse non mi odiava, ma sicuramente vedeva in me
il simbolo della sua avventata perdizione e l’unica
responsabile della sua carriera mancata. Comunque al
tempo, sentendomi chissà perché in difetto, ho provato a
riavvicinarmi, addirittura dicendogli che invece quella
che lui riteneva una disgrazia avrebbe potuto essere
l’inizio di una sfavillante carriera visto che Marco
stesso gli aveva offerto diverse opportunità di
avanzamento. Non glielo avessi mai detto! Sbraitando mi
aveva urlato che lui mai si sarebbe abbassato a fare una
carriera di quel tipo dandomi gratuitamente della troia.
Questa volta quella parola non era di certo un
complimento, ma un vero e proprio insulto.
Non lo
nego di aver vissuto un periodo di grande disagio e di
grandi sensi di colpa. Iniziai a frequentare un mio
vecchio compagno di scuola, poi il veterinario della mia
gattina, ma erano frequentazioni superficiali utili solo
per distrarmi. Sinceramente non mi davo pace per come
fosse andata la mia storia e per un breve periodo caddi
in una profonda depressione. Ogni volta che ripensavo a
quella sera mi chiedevo cosa avessi potuto fare di
diverso e dove avessi sbagliato. Mi sottoposi anche a
qualche seduta da un noto psicoterapeuta, ma il mio vero
problema era Marco! Lui da quella serata non smetteva di
scrivermi e non passava giorno che non mi mandasse
decine di email tramite la posta interna dell’ufficio.
All’inizio le cestinavo senza leggerle, ma un bel giorno
mi decisi a dargli una piccola chance. Certo se mio
marito si fosse comportato in maniera diversa mai e poi
mai avrei accettato di incontrare Marco nello stesso
albergo all’insaputa di Antonio.
Abbiamo preso
un drink e poi, siamo saliti nella stanza 412. Lui mi
aveva assicurato che tra noi al massimo ci sarebbe stato
solo un bacio, ma poi, per volere di entrambi ci siamo
lasciati andare ed abbiamo fatto l’amore, sorprendendoci
entrambi di quanto il ricordo di quella prima volta
fosse una fonte inesauribile di eccitazione. Soprattutto
Marco non riusciva mentalmente a superare quell’immagine
e a capire come una donna potesse concedersi ad un altro
uomo per amore del proprio marito. Nel tempo ho cercato
più volte di spiegargli la sensazione perché francamente
anche a me riusciva difficile comprendere razionalmente
cosa avessi fatto. Ben presto siamo diventati amanti e
quella che credevo una piccola chance è diventata
l’inizio di una bellissima storia d’amore.
Siamo
andati avanti per qualche mese, ci vedevamo segretamente
una volta a settimana, poi come era successo con
Antonio, lui una sera a cena su una splendida terrazza
romana, mi ha detto quanto gli fossi entrata nell’anima
e che, comunque io la pensassi, aveva deciso di lasciare
la moglie per vivere una grande storia d’amore insieme a
me. Tre mesi dopo mi sono trasferita qui a Bologna e
Marco ha comprato per noi una grande villa di fine
ottocento che è diventata immediatamente il nostro
rifugio e la nostra alcova.
Siamo tornati più
volte sull’argomento e a dirla tutta, quella serata di
febbraio gli aveva così stravolto la vita che per
nessuna ragione in seguito, nei nostri momenti intimi,
ha mai voluto cancellare il ricordo di quel gioco. Anzi,
nelle nostre fantasie, a ruoli invertiti, ha iniziato a
viverlo in prima persona, colpito dal fascino
irrazionale e per certi versi illogico della sua donna
che ipoteticamente si concede ad altri. Ecco
quell’impasse mentale, quel meccanismo perverso, gli
procurava delle reazioni incontrollate e allora mi
prendeva e mi pretendeva fino allo sfinimento con la
stessa intensità della nostra prima volta. Facevamo
l’amore ovunque, in ogni angolo della casa, nelle
toilette dei ristoranti oppure nei parcheggi dei centri
commerciali e tutti e due sapevamo benissimo che il suo
grande appetito sessuale derivava proprio da quello
scandalo interiore e che mai avrebbe potuto superarlo
interamente se non si fosse deciso a viverlo sulla
propria pelle. Più volte mi chiedeva quale fosse stato
il processo mentale di Antonio, quale il mio, e la
strada più breve per arrivare a quella totale
complicità.
È stato per mesi il nostro argomento
preferito finché con la ricomparsa di Antonio abbiamo
deciso di rendere ancora più vivo quel ricordo. Antonio
infatti, pentito per il suo comportamento, dopo alcuni
mesi ha iniziato a mandarmi diversi messaggi. Mi
scriveva che la sua vita era piatta anche se nel
frattempo si era rimesso con la sua ex moglie e si
godeva i suoi tre figli, ma soprattutto mi mandava
messaggi intrisi d’amore e di dolcezza, di sesso e di
ripensamento, e nel ricordo della nostra grande
complicità mi diceva che avrebbe toccato il cielo con un
dito se di tanto in tanto avessi accettato di passare
qualche notte d’amore con lui. Era l’occasione
giusta e ne parlai immediatamente con Marco e lui senza
pensarci due volte mi diede il suo assenso senza
condizioni.
Adesso la nostra intesa è perfetta,
specialmente quando torniamo a Roma e Marco rimane
comodamente seduto nella hall dell’Hassler bevendo il
suo Ruby Diamond Cocktail mentre io salgo nella stanza
412 con Antonio.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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