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			STORIE VERE 
							
								    TRADISCO MIO MARITO, MA 
			IN CHE MODO? "Marco 
			aveva appena compiuto due anni e mentre lui cresceva bello e robusto 
			io cadevo sempre più in una nera e profonda depressione. Ero 
			giovane, avevo 35 anni, ma non ce la facevo più a vivere in mezzo a 
			pannolini e passare le notti insonni. Puzzavo di pipì e rigurgito, 
			le mie giornate erano un incubo, cadenzate solo ed esclusivamente 
			dai cambi, dalle pappe e dalle infinite lavatrici"   
			
								  
			 
			
				
					
      				    
      
                            
                              
						
						Avevo dovuto lasciare il 
						lavoro di grafica e web designer in una nota società 
						multinazionale a Roma, mentre mio marito, avendo perso 
						il lavoro di supplente in una scuola elementare, si 
						arrabattava con lavori di vario genere e naturalmente 
						dedicava a nostro figlio non più di un’ora a sera. 
						Insomma era tutto sulle mie spalle compreso il senso 
						d’inadeguatezza, la paura e la voglia e la sensazione 
						che il tempo passava e si portava via gli anni migliori. 
						 Non so, sarà stata la mancanza di considerazione da 
						parte di mio marito, ormai mi vedeva solo come madre e 
						non certo come donna; sarà stato che allo specchio mi 
						vedevo sempre più brutta, nonostante fossi nel pieno 
						della mia femminilità e fossi alta, con gli occhi di un 
						nero ebano e la pelle ambrata; sarà stata la perenne 
						mancanza di soldi, o forse l’astinenza forzata dal 
						sesso, insomma sarà stato tutto questo e altro che un 
						giorno improvvisamente decisi di reagire. Dentro di me 
						sentivo un desiderio impellente di riscatto e 
						soprattutto di piacere, lo sentivo salire interiormente 
						come se fosse stato una droga, un’ossessione, e così 
						cominciai a fare di tutto per evadere da quella 
						situazione. 
  Ne parlai con mio marito, gli dissi 
						che volevo riappropriarmi del mio tempo, la risposta fu 
						una scrollata di spalle e un laconico: “Fai come vuoi.” 
						Con il sostegno di mia sorella e mia madre che facevano 
						da baby-sitter a Marco, iniziai a uscire la sera con le 
						mie amiche, a frequentare locali, a fissare due tre 
						appuntamenti per sentirmi al centro dell’attenzione, a 
						iscrivermi a qualche sito di incontri, ma in realtà mi 
						sentivo più stanca di prima, incapace alla fine di 
						divertirmi. Sapevo che il mio vero divertimento non era 
						la compagnia, le serate passate attorno ad un tavolino 
						sparlando del più e del meno, ma l’attenzione che gli 
						altri uomini mi avrebbero potuto offrire. Però qui 
						nasceva il grosso problema, perché gli uomini mi 
						sembravano tutti e indifferentemente insulsi, incapaci 
						di sintonizzarsi sulle onde femminili.  Comunque alla 
						fine provai a uscire con qualcuno, diedi appuntamento a 
						un mio ex, ma dopo il ristorante, finimmo per parlare 
						dei suoi problemi con la moglie ed anche ovviamente dei 
						miei. Ci baciammo sì, mi disse più volte che ero bella, 
						che avevo un seno magnifico, che avrebbe voluto far 
						l’amore con me e stabilire un rapporto serio. Tra 
						l’altro alla seconda uscita lui iniziò sin da subito a 
						parlare di separazione dai nostri rispettivi coniugi e 
						di una casa in affitto dove andare ad abitare con Marco 
						e i suoi figli. Giuro che in quel momento avrei voluto 
						fuggirgli lontano. Feci una faccia di circostanza e 
						finsi un improvviso mal di testa. E già, ero diventata 
						allergica e diffidente ad ogni tipo di legame e alla 
						prospettiva che ciò si avverasse per cui in quel preciso 
						istante giurai a me stessa che mai mi sarei legata ad un 
						altro uomo. 
  Qualche sera dopo, durante una cena 
						con le amiche, conobbi Carlo, faceva l’ingegnere 
						nucleare e per un attimo mi spaventai. Lo collocai 
						immediatamente tra le persone più intelligenti che avevo 
						conosciuto finora. Ricordo che era Agosto, bevemmo 
						qualche Aperol in più e a fine serata, tra l’invidia 
						evidente delle mie amiche, lui mi invitò nella sua bella 
						macchina rossa fiammante, facemmo un giro fino ad Ostia 
						e poi ovviamente mi invitò a casa sua. La moglie era in 
						vacanza e la domestica di riposo. Appena arrivati a casa 
						lui si fece la doccia e con mio grande stupore indossò 
						una vestaglia leggera e colorata, poi preparò due 
						cocktail alcolici e del pesce crudo squisito che servì 
						in giardino. 
  Era una bellissima serata calda, mi 
						disse di liberarmi di tutto, insomma mi fece spogliare 
						nuda trattandomi sempre e comunque con gentilezza. Per 
						tutto il tempo si dedicò a me baciandomi ripetutamente 
						lungo tutto il corpo insistendo con devozione sulle mie 
						parti intime e alla fine facemmo l’amore sul bordo della 
						piscina della sua meravigliosa villa all’Eur. Le sue 
						labbra erano state fantastiche e il suo modo di fare 
						l’amore a dir poco sublime! Era a tutti gli effetti la 
						prima volta che tradivo Claudio, mio marito, ma la cosa 
						non mi fece alcun effetto.  Fu lui a capirmi fino in 
						fondo, a intuire cosa realmente desiderassi, sicuramente 
						molto di più di quello che io finora avevo capito di me 
						stessa. Mi diedi intimamente e completamente a lui e lui 
						si dimostrò maschio in tutti i suoi aspetti, poi prima 
						di chiamare un taxi, che mi avrebbe riportata a casa, 
						mise nella mia borsetta cinquecento euro. Non dissi 
						nulla, del resto i soldi mi servivano e l’amore con lui 
						era stato magnifico.
  Ovviamente in taxi mi 
						chiesi: “Allora sono una puttana?” E la risposta per 
						quanto bizzarra fu negativa. No, non lo ero perché avevo 
						avuto quella sera le attenzioni che da sempre avevo 
						desiderato in modo chiaro e senza secondi fini. Del 
						resto con quel gesto lui aveva voluto ribadire le dovute 
						distanze tra sesso ed amore, quindi nessuno strascico, 
						nessuna presunta relazione. Esattamente quello che avevo 
						sempre desiderato!
  Ovviamente fu un caso, sapevo 
						benissimo che non tutto era rosa e fiori, ma ero 
						comunque contenta di me stessa, mi ero in una sola 
						serata riappropriata del mio corpo e di quell’essenza di 
						femminilità che caso strano avevo trovato a pagamento e 
						non certo da chi diceva di amarmi veramente. Il giorno 
						dopo dissi tutto a Claudio, glielo dissi perché 
						immaginavo la sua reazione che puntualmente avvenne. Non 
						disse nulla, un’altra scrollata di spalle e uscì 
						immediatamente di casa tornando da sua madre. Non credo 
						di avergli fatto del male, anzi secondo me la prese come 
						una liberazione perché indiscutibilmente si era 
						invischiato in un ruolo non suo quindi incapace di 
						essere marito e padre.
  Con parte di quei soldi mi 
						iscrissi ad una piscina frequentata da gente benestante. 
						Ogni volta che adocchiavo qualcuno che mi piaceva 
						pensavo se avesse potuto essere un potenziale cliente. 
						Ecco esatto, non pensavo agli uomini in quanto tali, ma 
						solo a persone capaci di pagare il proprio divertimento 
						e con quel gesto non andare oltre quel confine che ormai 
						era diventato un mio tabu.  Il primo fu il papà di un 
						futuro campione di nuoto, doveva aspettare che il figlio 
						finisse gli allenamenti, ci sedemmo al bar del centro 
						sportivo e gli feci capire da subito che, viste le mie 
						precedenti esperienze, non ero in cerca di una storia 
						duratura. Dopo circa mezzora eravamo avvolti dal buio 
						del parcheggio del centro sportivo dentro la sua 
						macchina. Poi fu la volta di un altro signore, sempre 
						con la fede al dito, e poi di un altro ancora. Tutti 
						chiedevano servizi veloci, tutti aspettavano i propri 
						figli e poi dovevano correre a casa dalle loro mogli. 
						Servizi veloci per sopperire alle mancanze di una vita 
						noiosa in due senza più alcuno stimolo, ma io mi sentivo 
						davvero desiderata, quando in attesa in quel bar, 
						sapevo, nonostante dedicassi loro pochi minuti, che 
						sognavano la mia bocca, la mia saliva, le mie mani, le 
						mie attenzioni e di sicuro, durante le ore di ufficio, 
						fremevano per portare i propri figli in piscina.
  
						Conobbi tanti uomini, diversi tra loro, ma tutti 
						accomunati dallo stesso desiderio di trasgredire anche 
						solo per un attimo alla pesantezza della vita. Mi resi 
						immediatamente conto che non ero la sola a pensarla 
						così, anche loro fuggivano da quella realtà che qualcuno 
						impropriamente chiamava rapporto, relazione o peggio 
						matrimonio. Per soli pochi euro raggiungevano il 
						paradiso stupendosi per come e quanto potesse essere 
						vicino e a portata di mano. Mi facevano i complimenti, 
						mi dicevano che ero bella, femmina, che mai le loro 
						mogli si erano dedicate in quel modo al loro piacere. 
						 Finalmente le cose a casa andavano senz’altro 
						meglio, con quei soldi potevo riempire il frigo e 
						permettermi il parrucchiere, l’estetista, qualche giorno 
						di vacanza e soprattutto una baby-sitter professionista. 
						Claudio un giorno mi chiamò, ci vedemmo nel bar sotto 
						casa. Lo vidi disperato e mi confessò senza mezzi 
						termini che era pentito, gli mancavo e non riusciva a 
						vivere lontano da me. Del resto era il padre di mio 
						figlio, per cui decisi di riprendermelo a casa, ma a 
						precise condizioni. Ormai non avrei più cambiato la mia 
						vita e forse anche grazie a lui avevo dato una svolta 
						alla mia vita sia a livello di gratificazione personale 
						che economicamente. 
  Forse qualche moralista tra 
						di voi avrà dei dubbi o peggio mi starà giudicando male, 
						pensando che in fin dei conti, vuoi come vuoi, dentro 
						quelle macchine non faccio altro che soddisfare le parti 
						più basse e gli istinti più bestiali. Che comunque è 
						sempre la donna che subisce, ma io davvero non ci trovo 
						nulla di oltraggioso, non mi sento peggio di 
						un’impiegata o di un’operaia che ogni mattina timbra un 
						cartellino, anzi al contrario di loro mi sento 
						indipendente, non devo chiedere permessi per crescere 
						mio figlio, non devo essere sfruttata con lavori 
						part-time e relativo stipendio da fame. Lavoro quando 
						voglio e soprattutto con chi voglio. Se un tizio non mi 
						piace, non sono costretta, se invece mi piace anche io 
						ho il mio divertimento e le mie attenzioni. E che 
						attenzioni!
  Leggo nei forum che questo lavoro è 
						degradante, che è soprattutto una questione di dignità 
						perché vendo il mio corpo, perché ho la sfortuna di 
						frequentare una parte del mondo che non conosce il 
						rispetto, l’amore, la fantasia, il sogno e 
						l’immaginazione. Ma davvero credete che dall’altra parte 
						ci sia tutto questo? Io ho passato quel confine, quella 
						volta a bordo piscina di quella splendida villa, perché 
						appunto non avevo trovato nulla di simile da questa 
						altra parte. La differenza con le altre cosiddette “per 
						bene” sta solo nel fatto che ho smesso di subire, che 
						non ho più accettato il mondo e le sue relazioni, pseudo 
						affettive, imposte dagli uomini. 
  Da quel tempo 
						sono passati circa cinque anni. Ora sono una bella 
						quarantenne sensuale e curatissima. Ho ristretto il mio 
						giro dando qualità al mio lavoro, niente più palestre, 
						piscine e servizi veloci per pochi euro. Non vado con 
						sconosciuti e incontro solo una cerchia fidata di uomini 
						in alberghi di lusso. In un certo qual senso più che 
						clienti sono amanti. 
  Claudio ha accettato 
						totalmente le mie condizioni, mi fa tenerezza e allo 
						stesso tempo mi inorgoglisce quando dopo cena lava i 
						piatti e poi mette a letto Marco facendogli la 
						ninnananna mentre io mi preparo, mi trucco e indosso i 
						vestiti più seducenti. Lui non sa il mestiere che 
						faccio, sa che ho fatto un corso di barman ed ora faccio 
						cocktail artistici in vari locali di Roma. Ma credo che 
						in fondo in fondo non vorrà mai indagare accontentandosi 
						di domandarmi quando esco a che ora rincaserò.
  Si 
						ok, non è certo questa la soluzione definitiva, la 
						considero solo una fase di un futuro ancora tutto da 
						inventare. E forse la mia è una storia comunque a tante 
						altre, forse banale, con la differenza sostanziale che 
						io ho avuto il coraggio di raccontarla pubblicamente, ma 
						quello che mi premeva dire ai vostri lettori è che 
						tramite questo lavoro, considerato indegno, ignobile, 
						spregevole e chi più ne ha più ne metta, ho 
						riconquistato me stessa distruggendo quei vincoli e quei 
						ruoli precostituiti che la società ti impone. Non sono 
						una rivoluzionaria, ma ho semplicemente seguito il mio 
						istinto nella consapevolezza che se non si vuole 
						ammuffire occorre in qualche modo reagire. Io l’ho fatto 
						e di sicuro tra qualche anno dirò a mio figlio come ne 
						sono venuta fuori. 
  
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                        	Pur basato 
							sull'osservazione di temi sociali questo racconto 
							è opera di pura fantasia.  Nomi, personaggi e 
							luoghi sono frutto  dell’immaginazione 
							dell’autore e non sono da  considerarsi reali. 
							Qualsiasi somiglianza con  fatti, scenari e 
							persone è del tutto casuale. IMMAGINE GENERATA DA 
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