|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
Ho fatto la Sex Worker!
Era un lavoro come qualunque altro al
contatto col pubblico. Dovevo semplicemente
essere paziente, ascoltare e compiacere.
Esattamente come avviene in qualsiasi
ufficio di Customer Care, o come fa un agente
di commercio o una barista
Mi chiamo Francesca, provengo da una famiglia benestante di
Napoli, mio padre avvocato e mia madre consulente del lavoro,
frequentavo la Facoltà di Lettere e Lingue Orientali quando a 22 anni,
dopo una delusione d’amore, la mia vita prese una svolta inaspettata.
Insieme ad una mia amica decidemmo di cambiare area per una vacanza che
poi divenne permanente, così andammo a Roma e all’aeroporto di Fiumicino
prendemmo il primo volo in partenza: destinazione Vienna.
Dopo alcuni giorni ci ritrovammo, per mancanza di soldi, nella condizione
di tornare a casa o lavorare e la scelta fu fare le cubiste in un
locale a luci rosse. Eravamo abbastanza carine ed anche brave per cui
l’impresario dopo la prima settimana di prova ci fece un regolare
contratto per sei mesi. Dopo un mese rimasi sola perché la mia amica
conobbe un ragazzo tedesco e decise di trasferirsi a Berlino.
Rimasi
sola, ma non mi demoralizzai, certo la paga non era un granché e molte
delle mie colleghe arrotondavano lo stipendio con uscite extra da 200/300
euro l’ora.
Insomma la faccio breve, una sera l’impresario
che gestiva il locale mi chiamò dicendomi che uno spettatore in
sala avrebbe desiderato conoscermi e che per un’ora era disposto a pagare
500 euro, praticamente il compenso di un intero mese di lavoro. Ci pensai
tutta la sera e dopo la mia esibizione andai in sala e dissi all’uomo che
accettavo la sua proposta. Lui gentilissimo mi disse di non cambiarmi
(indossavo un paio di calze a rete, stivali alti di pelle e un corpetto in
latex) e mi diede appuntamento dopo la mezzanotte direttamente nel suo
residence. Ero cosciente di quello che sarei andata a fare e per me era la
prima volta.
Il residence era a due passi dal locale e
mentre andavo mi chiesi che differenza ci fosse stata tra fare
l’amore e fare sesso. Comunque ero decisa a non tornare a Napoli per cui,
qualunque fosse la risposta, ero costretta ad andare avanti. Lui mi
accorse in vestaglia di raso e per la prima mezzora mi osservò seduto in
poltrona e sorseggiando il suo drink. Nonostante fossi esperta di
palcoscenico mi sentii alquanto imbarazzata.
Comunque devo
dire che fu un’esperienza insignificante, praticamente l’atto
sessuale vero e proprio durò meno di trenta secondi poi, per tutto il
resto delle due ore, lui mi parlò del suo rapporto difficile con le donne
e della sua ex moglie, morta per un banale incidente stradale sulla strada
per Salisburgo.
Tornai a casa sentendomi uguale alle altre sere, ma
con 500 euro in più in tasca. Davanti allo specchio mi osservai
attentamente chiedendomi se guardandomi qualcuno avesse potuto intuire o
meno che avevo fatto l’amore a pagamento.
Non vedendo nulla di strano
la sera dopo dissi al mio capo che se ci fossero state altre proposte
avrei accettato. Così avvenne ed entrai nel giro delle Sex Worker e la lap
dance divenne solo un pretesto per esibirmi e ricevere le proposte degli
uomini in sala. Mi imposi soltanto il limite di soddisfare solo un’unica
richiesta a sera e di accettare solo proposte in alberghi o residence, mai
in casa.
Dopo appena due settimane, il mio conto corrente
che avevo aperto in una banca locale iniziò ad essere cospicuo.
In un certo senso ero soddisfatta anche se continuavo ad avere dei dubbi
pur ripetendomi che era un lavoro come qualunque altro al contatto col
pubblico. Tipo la barista o l’impiegata delle poste. Dovevo semplicemente
essere paziente, ascoltare e compiacere. Del resto la parte più pesante
del lavoro era quello che precedeva il sesso. Parlare col cliente, capire
chi fosse, mostrare le proprie grazie, esaltare le propria merce,
convincerlo, rapportarsi a lui e fare del proprio corpo la sua esigenza.
Esattamente come avviene in qualsiasi ufficio di Customer Care, o come fa
un agente di commercio o un assicuratore.
Col tempo avevo
affinato la mia tecnica e il rapporto sessuale, nella maggior
parte de casi, era diventato anche piacevole. Raggiungevo tranquillamente
l’orgasmo anche se ovviamente era un mero sfogo fisico. La magia del sesso
non è il rapporto sessuale, ma l’amore che si prova verso l’altra persona
e in assenza di questo non rimane che affidarsi all’istinto del proprio
corpo. Certo la parte faticosa, come quella iniziale, era il rapporto
psicologico col cliente, quello sì a volte era davvero esasperante, in
quanto si basava specialmente nell’assecondare il narcisismo maschile. Era
parte integrante del lavoro far sentire l’uomo speciale e unico uomo al
mondo. Per fare questo dovevo azzerare completamente il mio io, i miei
gusti, la mia identità, perché nel rapporto non c’era spazio per i miei
desideri, per il mio modo di sentire il sesso o per le mie preferenze.
Del resto loro mi sceglievano esclusivamente per il mio aspetto fisico e
non certamente per la mia essenza di donna o per il mio carattere e in
base a questi presupposti dovevo rapportarmi alla stregua di una bambola
di gomma. Il loro gioco consisteva, una volta ottenuta quella fisica, in
una vera e propria penetrazione psichica offuscando il limite tra fantasia
e realtà.
Qui dovevo essere molto scaltra, perché entrava
in gioco la mia capacità individuale di dissociarmi, ovvero, come
un’attrice consumata, recitare la parte della quale l’uomo aveva
estremamente bisogno, quella di madre protettiva e di eterna amica che non
giudicava, ma gratificava le sue perversioni facendolo sentire al sicuro e
rendendolo superiore compatibilmente al prezzo che aveva pagato.
Insomma paradossalmente non ero brava e preferita alle altre perché sapevo
far bene l’amore, non ero desiderata perché ero bella, ma semplicemente
perché ero utile e perfettamente in linea alla loro psiche.
Scoprii
pian piano che loro mi pagavano non per soddisfare i loro desideri
sessuali, ma per non avere legami e disfarsi di me non appena finito il
rapporto, insomma pagandomi si sentivano tranquilli che quel rapporto non
avrebbe avuto altri strascichi.
Con questi presupposti
diventai in poco tempo un’esperta del mestiere e quando terminò
il periodo di collaborazione con quel locale decisi di non rinnovare il
contratto e andai a lavorare in un Contact Bar molto elegante e
frequentato da professionisti benestanti, una specie di pub con
l’ascensore e le stanze al primo piano. Guadagnavo una percentuale sui
drink venduti e sulla prestazione in camera. Ovviamente avevo la
possibilità di scegliermi il cliente di turno e per quanto riguardava gli
habitué sapevo benissimo chi mi avrebbe lasciato una mancia extra, chi non
aveva un buon odore, chi durava troppo a lungo, chi aveva fantasie strane
circa le quali non ero disposta a tollerare o soddisfare.
Comunque si guadagnava molto, il primo mese incassai circa sei mila euro,
poi per i successivi, affinando gusti e intuito, arrivai di media ai
diecimila. A differenza degli hotel il lavoro era piuttosto sicuro in
quanto tutte le stanze erano dotate di sistemi d’allarme ed i clienti ne
erano a conoscenza. Devo dire che non mi sono mai trovata in situazioni
per così dire di emergenza, l’importante era non dare a sconosciuti
appuntamenti fuori dal luogo di lavoro. Per gli habitué invece, dietro
lauto compenso, accettavo anche inviti a pranzo, a cena e proposte per
l’intera notte, ma sempre in albergo o residence.
Unico
mio problema era il rapporto con la mia famiglia. Mio padre mi
chiamava spesso da Napoli e mi chiedeva ogni volta cosa facessi per
mantenermi a Vienna. Poi dopo circa un anno decisi di tornare nella mia
città per le vacanze di Natale. Fu una permanenza meravigliosa, ma il
giorno della partenza, mentre facevo le valigie, mia madre mi affrontò e
mi chiese a bruciapelo: “Fai la puttana vero?” Mi si gelò il sangue, poi
però sorridendo le dissi: “In caso faccio la Sex Worker!”. Lei perplessa
mi chiese che diavolo di differenza ci fosse ed io risposi che era un
fatto di cultura e che anche la scelta delle parole aveva un senso. La
puttana è una schiava, è una donna che vive ai margini della società, una
repressa in balia dei poteri di un padrone e non vi è nessuna legge che
possa tutelarla, mentre una Sex Worker è una donna libera, consapevole dei
propri diritti ed all’estero è considerata una donna come tutte le altre.
Ovviamente lei rimase della propria opinione mentre io non mi capacitavo
che fosse bastato attraversare un confine per passare da Sex Worker a
puttana. Lo sapevo che era solo una questione di pregiudizi, ma preferii
tacere e prendere un taxi al volo in direzione dell’aeroporto.
Sono passati cinque anni da quella volta, non sono più
andata a trovare i miei genitori come loro non conoscono il mio indirizzo,
dove vivo e cosa faccio. Ho guadagnato abbastanza, tanto quanto è bastato
per aprirmi un attività di antiquariato grazie anche al mio compagno.
Nonostante tutto, sono grata a me stessa per le scelte che ho fatto. Oggi
posso dire che conosco a fondo le dinamiche di come gira il mondo, gli
uomini in particolare e soprattutto me stessa. Ho vicino a me una persona
anziana, ha ventiquattro anni più di me, ma molto cara. Ci amiamo e siamo
felici. Lui è stato l’ultimo a pagarmi ed il primo a fare sesso con me
per amore.
|
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Photo
Cocographie
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|