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MUSICA PASSIONE 
Reginella
La sciantosa e la "belle epoque"
Il rimpianto di un amore finito, di quando i due innamorati si
sentivano tra loro Re e Regina, mangiavano pane e ciliegie e
vivevano di baci… (1917)

Adamo mi parli di Reginella? Reginella è una
delle canzoni napoletane più famose di tutti i tempi.
Pubblicata dalla Casa editrice musicale La Canzonetta, è
stata scritta nel 1917 da Libero Bovio e musicata da
Gaetano Lama a tempo di valzer.
Chi era Libero
Bovio Era un poeta, scrittore e drammaturgo, autore
di testi di molte celebri canzoni in lingua napoletana
tra le quali Lacreme napulitane, Silenzio cantatore, Tu
ca nun chiagne, 'O paese d' 'o sole, Zappatore, Chiove,
Signorinella, Guapparia, tanto per citarne alcune!
Insieme a Salvatore Di Giacomo, è stato l’artefice della
cosiddetta epoca d'oro della canzone napoletana. È anche
noto per essere stato il figlio del noto filosofo
Giovanni Bovio.
E Gaetano Lima? Lui era ancora
giovane, e all’inizio della sua carriera, quando musicò
il brano. Leggendo il testo e quel ricordo dolce amaro
non poteva non scegliere un andamento morbido di un
valzer triste, facendo così di questo brano un
capolavoro assoluto e tutt’oggi eseguito dopo oltre
cento anni dalla sua nascita.
Perché il titolo
Reginella? Non credo sia stato scelto a caso. Al
tempo erano dette “Reginelle” le prostitute che dopo una
retata finivano in carcere a PoggioReale.
Da chi
è stata cantata la canzone? Moltissimi artisti si
sono cimentati nell'esecuzione di Reginella. La prima
incisione è stata ad opera della sciantosa napoletana
Griselda Andreatini, in arte Gilda Mignonette nel 1918.
Ne fece uno dei suoi cavalli di battaglia. Il suo
successo fu tale che, dopo aver recitato nella compagnia
teatrale di Raffaele Viviani, si trasferì a New York.
Qui venne chiamata la "Regina degli emigranti".
Altri? Notevole l'interpretazione che ne diede in
seguito Roberto Murolo, rendendola a sua volta un
classico del suo repertorio. Poi Sergio Bruni; Giuseppe
Di Stefano; Peppino Di Capri che la presentò alle nuove
generazioni. Negli anni 80 è stata riproposta anche da
Massimo Ranieri, Lina Sastri; Roberto Vecchioni; nel
1992 Renzo Arbore con l'Orchestra Italiana, Mina in
salsa jazzata e negli anni 90 da Mia Martini.
La
canzone ebbe un successo immediato, vero? Era un must
cantarla ed ascoltarla nei cafè-chantant che al tempo
avevo preso piede anche in Italia ed a Napoli. Erano
locali eleganti dove la gente si sedeva al tavolo e
mangiando e bevendo si godeva lo spettacolo. I
cafè-chantant erano nati in Francia alla fine del XVIII
secolo. In Italia, il primo di questi locali, il famoso
Salone Margherita, venne aperto nel 1890 appunto a
Napoli all’interno della Galleria Umberto I.
Insomma impazzava la moda francese al tempo… La
regola era quella di copiare in tutto e per tutto la
moda francese. Anche i menù erano scritti in francese.
Lo stesso valeva anche per le sciantose, che erano
l’attrazione principale. Per assomigliare alle colleghe
d’oltralpe, le sciantose napoletane si cambiavano
addirittura il nome, si inventavano un passato di amori
illustri e per atteggiarsi parlavano con un improbabile
accento straniero.
Di cosa parla la canzone?
Ecco appunto, fu proprio pensando ad una di queste
popolane napoletane che nel 1917 Libero Bovio scrisse i
versi malinconici di questa canzone raccontando la fine
di una storia d’amore per colpa anche di quella moda
francese delle "sciantose" che aveva travolto ogni
ingenua semplicità e anche l'amore.
Nei
dettagli? Lui rivede il suo vecchio amore in via
Toledo. Lei è vestita con un abito scollato, segno di
una purezza ormai svanita, porta un cappello con nastri
e rose. È in compagnia di altre sciantose e parla
francese. Lui immediatamente si lascia andare ai ricordi
di quando stavano insieme, di quando non mangiavano che
pane e ciliegie e vivevano di baci, di quando lei
cantava e piangeva per lui “Reginè’, quanno stive cu
mico, nun magnave ca pane e cerase… Nuje campávamo ‘e
vase, e che vase! Tu cantave e chiagnive pe’ me!” e il
cardellino cantava insieme a lei: “Reginella vuole bene
al suo re”.
Quindi lei ha preferito altri lidi…
Ha preferito lasciare le sue semplici origini ed anche
il suo ex innamorato senza pretese per divenire una
raffinata sciantosa, volgarizzazione della parola
francese chanteuse, oggi potremmo chiamarla soubrette,
ma il significato di sciantosa è più ampio e
peccaminoso.
«Ora non ci amiamo più, ma tu a
volte distrattamente pensi a me…» I toni sono accorati…
Esatto questo è il ritornello triste ed amaro, al
punto che lui invita il cardellino a scappare dalla
gabbia che ha volutamente aperto, a volare via come è
volata la sua Reginella, a non continuare a piangere la
sua padrona che non c'è più, ma a cercarsene un'altra
più sincera. Ma all’amore non si comanda e lui infatti
ripete: “T’aggio vuluto bene a te! Tu mm’hê vuluto bene
a me! Mo nun ce amammo cchiù, ma ê vvote tu,
distrattamente, pienze a me!”
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L'ARTICOLO E' A CURA DI ADAMO BENCIVENGA E' STATO
REALIZZATO GRAZIE A: .https://www.napolitan.it/2015/03/16/160
94/storia-della-canzone-napoletana-reginella/
http://antoniomirediarte.blogspot.com/20
17/08/i-cento-anni-della-canzone-reginella.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Reginella_ (brano_musicale)
https://www.ilmattino.it/spettacoli/musica/
reginella_cent_anni_vacalebre_la_storia-2632928.html.

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