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GIALLO PASSIONE
AMARSI? CHE CASINO!
 



 

 

La storia dei bordelli
Case di tolleranza, case chiuse, case d'appuntamenti,
 lupanare, postriboli, casini. Insomma chi ne ha più
ne metta… sostanzialmente un luogo chiuso dove
si esercitava la prostituzione.

WEBREPORTAGE DI ADAMO BENCIVENGA



 



 
Volgarmente chiamati bordelli, perché?
Il termine bordello deriva dal franco provenzale antico bordel, collegato anche al fatto che nelle città francesi il quartiere dei lupanari si trovava sempre ai bordi del fiume (bord de l'eau) che attraversava il centro abitato.

Un termine antico comunque…
Appare in volgare italiano per la prima volta con Brunetto Latini alla fine del Duecento nel suo Novellino, e poco dopo anche con Dante, che nel Purgatorio lo utilizza in senso figurato:
«Ahi serva Italia di dolore ostello
nave senza nocchiere in gran tempesta
non donna di province, ma bordello»

Quando nascono?
La prima menzione appare in alcuni documenti sumeri datati all'incirca al 2400 a.C. dove si descrive un tempio-bordello gestito da sacerdoti sumeri nella città di Uruk dedicato alla dea Ishtar.

Quindi nell’antichità il bordello era un tempio sacro?
Dove si esercitava la prostituzione sacra ovvero una sorta di sacrificio espiatorio cui le donne della città, anche nobili e ricche, erano obbligate a sottoporsi una volta nella vita, di solito prima del matrimonio, devolvendo i proventi al tempio della dea.

Nell'antica Grecia il bordello nasce per incentivare il piacere eterosessuale vero?
I primi bordelli pubblici in Grecia nascono dopo la riforma fatta approvare dal legislatore sociale Solone con una precisa funzione sociale ovvero quella di scongiurare l’omosessualità tra i giovani. Solone fece predisporre alcuni bordelli a buon mercato sparsi nei vari quartieri della polis con donne sempre pronte e disponibili per tutti.

Com’erano questi bordelli greci?
Nei postriboli greci operavano esclusivamente schiave chiamate porné-in vendita. Ovviamente ognuno poteva scegliere quella che più si adattava ai propri gusti, giovane o vecchia, alta o bassa, magra o grassa. Erano di solito frequentati dalla popolazione maschile di più bassa estrazione. Le case erano indicate spesso da un fallo dipinto di rosso sulla porta, illuminato nelle ore notturne da una lampada di colore rosso.

A Roma invece?
Nell'antica Roma erano chiamati in vari modi: i più miserabili erano i fornices costituiti da un unico vano; poi vi erano gli stabula, i lupanaria e i postribula. Vi erano poi bettole e locande che potevano svolgere saltuariamente anche attività di bordello. Le camere recavano dipinto sulla porta il nome della meretrice affiancato dalla tariffa richiesta. Aprivano nel tardo pomeriggio e le prostitute erano in prevalenza schiave, ex-schiave o serve di vario tipo.

Si parla anche di donne dell’alta aristocrazia…
Beh sì, loro ovviamente non lo facevano per denaro, ma per puro godimento. La più celebre fu senz’altro Valeria Messalina, prima moglie dell'imperatore romano Claudio. Si racconta che quando calava la sera, la bella Messalina correva di gran carriera al lupanare dove si divertiva nel mestiere col nome di battaglia di Licisca. Con i "capezzoli indorati" l'imperatrice mostrava il ventre ai clienti chiedendo in cambio il prezzo della sua fatica. Secondo un racconto di Gaio Plinio Secondo Messalina avrebbe anche vinto una scommessa con un'altra prostituta, battendo il suo record di venticinque maschi posseduti consecutivamente.

Perché le prostitute romane venivano chiamate lupe?
Perché urlavano di notte per richiamare l'attenzione dei clienti o forse perché ululavano di piacere durante gli incontri intimi a pagamento. Queste prostitute indossavano abiti di colore giallo, il colore della vergogna e della follia e che permetteva in tal maniera di riconoscerle meglio, mentre le scarpe erano di un colore rosso vivo.

Durante il Medioevo i bordelli scompaiono?
Diciamo che con l’avvento del cristianesimo nessuno più ne parla o meglio non c’è traccia della loro esistenza nei documenti ufficiali. Si riaffacciano nel XIV secolo dove in alcuni documenti vengono menzionati per il rilascio di una sorta di licenza per gestire le case di tolleranza.

Quindi comunque esistevano…
Altro che! Tanto che nella Roma papalina il censimento del 1526 registrò addirittura 4.900 prostitute ufficiali, su una popolazione di 50.000 abitanti. Ma poco dopo, nella seconda metà del '500, i bordelli vengono chiusi a causa della propagazione della sifilide. In quel periodo la prostituzione si spostò nelle taverne, nei bagni pubblici, ecc.

Immagino che ci fosse l’esigenza del controllo igienico sanitario…
Per questo motivo nell'800 al posto del vecchio bordello nasce la casa di tolleranza. A quel punto il postribolo diventa una "casa chiusa", le donne sono schedate sia da parte della polizia sia dei medici. Hanno l’obbligo ogni due settimane di sottoporsi a una visita che ne attesti le buone condizioni di salute. Ogni donna poteva ricevere non più della metà delle "marchette" incassate, ma doveva con quello pagare un affitto per il vitto, alloggio e le spese mediche. Le ragazza dovevano essere titolari di un libretto sanitario, in assenza del quale non era possibile lavorare. Le visite mediche erano frequenti, in caso di riscontro di malattia l'interruzione dell'attività era immediata.
I “tubisti”, ossia i ginecologi incaricati per le visite periodiche, dovevano annotare con regolarità sul libretto sanitario gli aggiornamenti sullo stato di salute delle fanciulle. Vi era anche un sistema di registri che schedava chi si dedicava al mestiere.

Erano malpagate vero?
Per riuscire a metter da parte qualche soldo ciascuna di loro doveva generalmente superare le 40 prestazioni giornaliere. Solitamente vi era un cambio periodico tra le ragazze, questo per non annoiare i clienti, ma anche per non rischiare di far nascere pericolosi legami sentimentali, cosa sempre possibile. Per cui ogni due settimane c’era la famosa “quindicina” ovvero ogni bordello aggiornava le fanciulle che arrivavano in città.

In Italia quando nacquero?
Fu Cavour nel 1859 ad autorizzare l’apertura di case controllate dallo Stato per l’esercizio della prostituzione in Lombardia. L'anno successivo il decreto diventò legge. Nacquero così le “case di tolleranza”, perché tollerate dallo Stato. Erano di tre categorie: prima, seconda e terza contrassegnate come gli alberghi dalle stelle. Andavano dalle quattro alle due, ovviamente più aumentavano le stelle e più si potevano incontrare ragazze giovani, dotate di bella presenza, garbo, delicatezza, fantasia, cultura e passione per il mestiere, più diminuivano e più si rischiava di incontrare prostitute vecchie e volgari.
Le descrisse bene, anni dopo, lo scrittore Dino Buzzati: “Non tutte quelle donne erano delle grandi artiste. La maggior parte si limitava a prestazioni affatto rozze o banali. Di tanto in tanto si incontravano però dei tipi che facevano addirittura trasecolare, oltre che per la bellezza, per il garbo, il magistero tecnico, la fantasia, l’intuito psicologico, la passione del mestiere, perfino la delicatezza d’animo.”

Nel 1888 si ebbe la necessità di un’altra legge.
La cosiddetta legge Crispi con la quale si proibì, all’interno delle case di vendere cibo e bevande e di aprire le case di tolleranza in prossimità di luoghi di culto, asili e scuole. Le persiane dovevano restare chiuse, da qui il nome di case chiuse. L'ingresso al casino era permesso solo ai ragazzi che avevano compiuto 18 anni, anche se a volte si chiudeva un occhio se l'adolescente era accompagnato da un adulto.

Com’era all’interno la casa di tolleranza?
Vi era un ampio salone con divani in velluto dove sedevano le ragazze e permettevano ai clienti di scegliere la prostituta preferita, di lato una cassa dove si riscuotevano le marchette, la scala che portava alle camere da letto. Nelle case a quattro stelle la scala che portava ai nidi d’amore era sfarzosa dal sapore liberty in marmo e ovviamente metteva in bella mostra le fattezze della ragazza. Invece nello scantinato si trovavano la cucina, la lavanderia e la sala da pranzo.

Che cos’era la marchetta?
Erano dei cartoncini successivamente sostituiti da gettoni che la tenutaria consegnava al cliente al momento di pagare alla cassa la prestazione, e che venivano ritirate dalla prostituta. Dal loro colore, dalla foggia e dal formato, si capiva immediatamente che tipo di prestazione richiedesse il cliente: a volte la tenutaria segnava nel retro una sigla, un codice per alcuni "trattamenti speciali". La marchetta andava da 50 centesimi, per piccole prestazioni senza rapporto completo al gettone extralusso, da 6 lire, utile addirittura per un’intera nottata con la prostituta.

Com’erano le camere?
Le stanze avevano un letto, un lavandino, un bidet e un armadio con uno specchio. In ogni camera c’era una stufa a legna per riscaldare. Affisse alle pareti le regole di prevenzione sanitaria, i regolamenti e le cartoline sexy per accendere le fantasie dei clienti. In più vi era la sveglia dell'amore tarata per un tempo massimo di 20 minuti per cliente. Per i clienti più ricchi invece, che si potevano permettere tempi più lunghi, non veniva impiegata.

Come avveniva la scelta?
Semplice, il cliente dopo aver scelto la ragazza che di solito vestiva in modo seducente dalla sarta del bordello (il tacco a spillo e il seno scoperto era d’obbligo) versava alla cassa il suo obolo, pagando in anticipo la prestazione e riceveva in cambio una marchetta o un gettone che in camera consegnava alla fanciulla. A fine serata il numero di oboli in possesso della ragazza definiva anche il suo compenso.

Quali erano i bordelli più famosi in Italia?
A Venezia vi erano le case nei pressi del famoso Ponte delle Tette, dove alzando lo sguardo si potevano ammirare folte schiere di “carampane” affacciate alla finestra con seni al vento: se ne stavano lì per ore ad aspettare che qualche cliente facoltoso le abbordasse. A Firenze in Piazza della Passera, dove si affacciava un bordello frequentato da Cosimo I, Granduca ‘de Medici. A Napoli vi erano ben novecento bordelli, il più lussuoso si chiamava La Supreme ed ospitava le famose Dorina da Sorrento, Anastasia ‘a friulana e Nanninella ‘a spagnola. A Milano il quartiere di Brera ha fatto la storia del mestiere più antico del mondo. Al numero “17” di via Fiori Chiari, vi era Wanda la Bolognese. Una maitresse che era stata moglie di tre mariti e nella sua lunga carriera vantava una media di sessanta uomini al giorno e trenta aborti.

Comunque immagino che queste case di tolleranza fossero molto frequentate…
Ovviamente erano molto frequentate dalla popolazione maschile adulta e non, anche perché il fatto, ovvero andare a trovare le signorine nelle case chiuse, non costituiva peccato e la frequentazione non doveva essere confessata al prete. Discorso diverso invece per le fanciulle che praticando la prostituzione erano fuori da ogni grazia di Dio e quindi non avevano alcuna assistenza spirituale. A tale proposito occorrerebbe inoltrarsi nel viscido terreno della morale del tempo ma credo ci basti sapere che le spose e le madri non ci vedevano nulla di male in quel tipo di frequentazione da parte dei loro mariti o figli. Lo consideravano un pubblico servizio utile a placare bollori e ad allontanare le insidie di eventuali amanti dai mariti e così facendo a difendere l'unità della famiglia. E come la Chiesa e le famiglie anche lo Stato si allineava a questa morale gestendo di fatto le case e obbligando le fanciulle a frequenti controlli sanitari.

Cosa successe il 20 settembre del 1958?
Da quel famoso 20 settembre quando Domenico Modugno cantava “Ciao, ciao bambina, canzone decisamente allusiva, tutto fu stravolto. Infatti alla mezzanotte in Italia le "case chiuse" vengono chiuse! Tramite una legge che porta il nome della senatrice socialista Lina Merlin artefice appunto di questo provvedimento. Settecento casini furono chiusi, lasciando senza lavoro quasi 3 mila prostitute. Ovviamente non decretò la fine della prostituzione, ma dello sfruttamento e il consenso da parte dello Stato Italiano. Di fatto il fenomeno relegato fino ad ora nelle discrete case chiuse si diffuse negli angoli delle strade usando automobili, siepi o alberghi come alcova. Nacquero così anche le case chiuse private e clandestine dentro le quali esercitavano anche donne insospettabili in quanto ora si poteva contare sulla riservatezza, senza schedatura, e su luoghi molto più anonimi di prima.



 


























  

 





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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI
https://it.wikipedia.org/wiki/
https://www.focus.it/cultura/storia/
https://www.vanillamagazine.it/l
https://www.ilgazzettino.it/home/
https://www.barinedita.it/


FOTO GOOGLE IMAGE


 











 







 
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