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STORIE

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Le Spose Clandestine
Siamo noi, le amanti, che vivono una vita da clandestine e la
vergogna ci fa nascondere, disprezzate dal moralismo galoppante
di una società ipocrita, ma alla fine salviamo i matrimoni, facciamo belle
e più attraenti le loro mogli e cresciamo inconsapevolmente i loro figli.








Photo Anastasia Sholkova

 

 

Mi chiamo Ambra ed ho 54 anni, vivo a Roma e da cinque anni sono separata, potrei dire felicemente, ma non so quanto possa essere felice davvero una donna quando le circostanze l’hanno costretta a vivere da sola.
I miei figli avevano già preso le loro strade ed erano andati a vivere fuori casa quando il mio matrimonio è entrato ineluttabilmente e ufficialmente in crisi. All’inizio erano banali incomprensioni che via via sono diventate insopportabili litigi e settimane di resistenza durante le quali ciascuno dei due si rifugiava in un completo mutismo.
Ci siamo ridotti a vivere come estranei in casa e il motivo principale, riconosciuto da ambo le parti, non era altro che la perdita di qualsiasi desiderio e l’assenza totale di entusiasmo. Anche a letto, nelle rare volte che succedeva, non c’era più il minimo ardore e i timidi tentativi di rimanere a galla alla fine equivalevano a un penoso naufragio di rassegnazione in mare aperto.

Un bel giorno, mentre portavo un piatto di tagliatelle col ragù in tavola, lui, senza alcuna partecipazione emotiva, mi ha annunciato la buona novella. Aveva conosciuto un’altra donna e dopo sei mesi di clandestinità avevano deciso di uscire allo scoperto ed andare a vivere insieme, mancava solo una piccola noia ovvero il fastidio di darmi la notizia. Ricordo ancora quel momento e soprattutto il frastuono provocato dal piatto di tagliatelle che è caduto rovinosamente a terra frantumandosi in mille pezzi. La cena sparsa lì sul pavimento era senza dubbio il simbolo e l’istantanea della nostra morte coniugale. Nonostante i tanti problemi e il nostro non-rapporto mi sono sentita comunque ingannata e tradita. Quello che mi bruciava dentro non era la separazione, ma il fatto di non avere per nulla intuito che le cose stessero cambiando, mi bruciava molto l’essere lasciata fino a pensare che forse quelle incomprensioni e quei litigi erano stati creati ad arte per il classico pretesto. Insomma ci ero cascata con tutte le scarpe!

Con il morale a pezzi ho ripreso in mano la mia vita, mi sono rimboccata le maniche ed ho iniziato a vivere da sola. Sempre sorridente davanti ai miei figli e al mio ex marito mi concedevo qualche pizza con le amiche, un cinema, la palestra, le lezioni di ceramica, un corso di spagnolo, una giornata al mare finché tramite Facebook iniziai a parlare con un vecchio amico conosciuto ai tempi della scuola. Lui era stato il mio primo amore vero, ma poi ci eravamo persi di vista e in quel lungo periodo lui aveva avuto il tempo di sposarsi con una nostra compagna di scuola che conoscevo molto bene, di diventare un grosso dirigente di un’azienda privata e di fare un figlio.

Ero così sola che la sera cercavo di cenare in fretta per poi mettermi davanti al pc e sperare che lui entrasse in Messenger per parlare del più e del meno. Dopo i primi messaggi sono iniziate le prime email dove scandagliavamo più profondamente i nostri abissi di cuore, i nostri fallimenti e i nostri reciproci rapporti coniugali. Poi sono venute le prime telefonate, qualche caffè insieme al bar sotto il suo ufficio, qualche passeggiata nel verde del mio quartiere, finché lui, spiazzandomi, mi invitò una domenica nella sua casa al mare, ovviamente con la moglie, il figlio, Rushie, il loro Labrador Retriever rosso volpe, e la fidanzata del figlio.

Vedendolo come il mio rifugio e pensando al nostro trascorso fui molto sorpresa per quell’invito, ma inevitabilmente dovetti accettare per non svelare quelle che ormai erano le mie intenzioni nascoste. Comunque conoscevo già sua moglie per cui dopo i primi imbarazzi quella domenica trascorse piacevolmente. Seguirono altri inviti ai quali non dissi di no, nella speranza che lui in qualche modo si svelasse, da parte mia invece avvertivo ogni volta una strana sensazione e sicuramente un’attrazione, simile a quella dei tempi della scuola, con la variante che ciascuno ora recitava la sua parte stando al proprio posto.

Dopo due mesi finalmente, durante una pausa pranzo, ci trovammo da soli. In qualche modo fui io a prendere l’iniziativa cercando di capire velatamente le sue intenzioni. Lui, al contrario di altre volte, mi prese sottobraccio e si comportò in maniera più spigliata e decisamente in modo affabile. Dopo due giorni, sulle scale della fermata Flaminio della Metro mi diede il primo bacio a cui seguì un altro più intenso su una panchina di Villa Borghese. Non parlammo, ma il sapore di quei baci mi rimase nella mente per giorni e giorni.

Ovvio che la stessa sera, mentre tornavo a casa mi chiesi più volte cosa stessi facendo, visto che da una parte non aspettavo altro, ma dall’altra, essendo lui sposato, ero più che convinta che tra noi non ci sarebbe mai stato un futuro. Nella mia condizione cercavo ben altro che un uomo impegnato, ma erano convinzioni senza sostanza, domande senza risposte, vanificate da quell’entusiasmo simile a quello adolescenziale di quarant’anni prima. Insomma mi sentivo di nuovo una ragazzina e il mio cuore batteva senza controllo ad ogni suo messaggio, ad ogni cuoricino demenziale, ad ogni immancabile “Buonanotte tesoro!”

Trascorse ancora una settimana quando, complice un viaggio di sua moglie da alcuni parenti, ci ritrovammo un pomeriggio nudi abbracciati distesi nel letto matrimoniale della mia casa a guardare il soffitto. Sarà stata la prima volta, sarà stata la mia astinenza, sarà stato il suo ardore, sarà stato quel desiderio di unirci, cercato e non trovato ai tempi di scuola, insomma sarà stato tutto questo ed altro, ma fu davvero magnifico al punto che sarei stata pronta a giurare che mai e poi mai ero stata coinvolta in amore in quel modo. E non era sicuramente un modo di dire e men che meno un atto di compiacenza da parte mia, bruciavo davvero per quell’attesa, per quei baci pieni, per la voglia di sentirmi di nuovo amata. Lui scivolò dentro di me silenzioso come un aliante tra i versanti scoscesi e passionale come il maschio che non avevo mai avuto. Generoso ed altruista cercò il mio piacere prima del suo non trascurando alcun dettaglio per farmi sentire importante. Fu davvero indimenticabile, ma anche intenso quanto la sofferenza nel vederlo rivestirsi, baciarmi sulla fronte, fare una telefonata al figlio e andare via. Non era il mio uomo ed io dovevo rendermene conto.

Da quel giorno la mia mente, le mie sensazioni, il mio cuore, i miei respiri salirono su una immensa altalena, andavano su e giù cambiando umore anche trenta volte in un solo giorno. Alternavo dentro di me la paura di non sentirlo più con la voglia impossibile di perdermi tra le sue braccia, di sentirmi unica e sentirlo unico sopra di me. Avvertivo un bisogno patologico dei suoi respiri profondi, delle sue parole piccanti e coinvolgenti quando incredula non riuscivo a capire dove finisse il suo corpo e dove inevitabilmente cominciava il mio. Mi intestardivo nel dargli piacere, nell’esaudire ogni suo desiderio, ogni dettaglio del suo piacere infinito, cercando ogni volta di non sbagliare vestito, di indovinare ogni sfumatura del suo gusto, dalla scarpa, al trucco, al colore della lingerie. Volevo insomma essere la sua donna, sentirmi bella e soprattutto appagante a letto pensando e sperando che il resto sarebbe venuto da solo senza forzare modi e tempi.

E così andammo avanti per mesi e lentamente mi accorsi di non poter fare a meno di lui fino al punto di farmi ripetere e giurare, ogni volta fino alla noia, che con sua moglie non aveva più alcun rapporto sessuale. Ci credevo sì ed io immancabilmente godevo, toccando il cielo con un dito, quando nelle nostre intimità mi sussurrava: “Tu sei più bella, sensuale e affascinante di lei!” E ancora: “Tu hai classe, stile, tu sei la femmina che ho sempre desiderato.” E poi, presi dalla voglia, correvamo all’impazzata per cercare un posto, in macchina, in albergo, a casa mia, sotto una pineta o davanti al tramonto di Ostia, insomma ovunque ci fosse un posto che ci riparasse da occhi indiscreti.
E allora sì che erano baci intensi, voglie scomposte quando mi sussurrava: “Sto bene con te, ringrazio il destino per averti incontrato, tu fai bello il mio giorno.” Mesi e mesi indimenticabili di un sogno ad occhi aperti, anche perché la realtà era di fatto diversa ed io non volevo svegliarmi. Perché la realtà era anche la parte della sua vita che ostinatamente volevo ignorare, testardamente relegavo nella parte meno importante del suo giorno, ma quella realtà c’era e correva parallela, come il suo barcamenarsi sempre e comunque, il non cercare di scontentare le due donne, il suo senso del dovere, la crisi con la moglie e le mie vane speranze, le sue attenzioni nei confronti di lei, le sue vacanze, le preoccupazioni per suo figlio, le sue vigilie di Natale, il suo compleanno e ultima, ma la più importante, la sua spietata sincerità che mi trafiggeva ogni volta come una lama insanguinata: «Non ho nessuna intenzione di separarmi».


*****


Scrivo perché ho letto in internet altre lettere di altre donne nella stessa mia condizione, le ho lette avidamente cercando curiosa di trovare una soluzione al mio bellissimo e doloroso rapporto e alla fine mi sono accorta che il risultato è sempre lo stesso, gira che ti rigira la musica non cambia ed ha sempre una nota granitica di verità in sottofondo: le amanti vivono una vita da clandestine, la vergogna le fa nascondere, relegate al ruolo di sfascia famiglie e disprezzate dal moralismo galoppante di una società ipocrita, ma alla fine sono loro che salvano i matrimoni, sono loro che crescono inconsapevolmente i figli dell’altra, loro che fanno belle e più attraenti le mogli, perché sono sempre loro che fanno in modo che i rispettivi mariti non si lascino andare, che non diventino quell’animale odioso e informe di mezzo divano e mezzo pantofole. E sono sempre loro, le amanti, le spose mancate, che ridanno energia a quegli uomini che altrimenti naufragherebbero nel mare della noia, spezzando l’abitudine mortale del matrimonio facendoli tornare rinfrancati e sereni a casa, in pace con il mondo resistenti a qualsiasi incomprensione ed a ogni minima asperità.

Per quanto riguarda la mia storia, oramai sono passati tanti anni, ma quante volte sono scappata da lui e quante volte ritornata, quante volte ho provato ad impormi, negandomi, facendolo ingelosire, minacciandolo, dandogli ogni tipo di ultimatum ed inventandomi storie parallele mai vissute. Ho letto tanti libri, sono andata due volte in terapia, ho rivoluzionato la mia vita, ho cercato conforto in altre religioni dal sapore orientale, e il tutto per uccidere la cosa più bella che mai mi era capitata nella vita, ovvero la nostra relazione. Quanto a lui invece è rimasto sempre nello stesso posto, nel suo impeccabile stile di uomo rispettabile e maturo, nella sua bella villa a pochi passi dal mare, invecchiando serenamente tra i suoi hobbies, la sua pensione, il suo cane Rushie e il conforto della sua bella famiglia. Nulla lo ha smosso, nulla ancora lo smuove, tranne quando il giovedì pomeriggio esce di casa, prende la macchina e mi viene a trovare. Ovvio sì, passiamo due ore magnifiche, poi tutto ricomincia.



















 
 
 





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