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INTERVISTA IMPOSSIBILE
 
 
Leni Riefenstahl
La bella maledetta
Icona del regime nazista fu regista, attrice e fotografa
tedesca. Celebre soprattutto per i suoi film che esaltarono
il regime e le assicurarono una posizione di primo
piano nella cinematografia tedesca del suo tempo
 
  (Berlino, 22 agosto 1902 – Pöcking, 9 settembre 2003)


 
Madame le sue origini?
Il mio nome completo è Helene Bertha Amalie Riefenstahl. Sono nata a Berlino nel 1902. Mio padre Alfred Theodor Paul era un imprenditore di successo nel settore degli impianti di riscaldamento e avrebbe voluto per me un futuro nell'azienda di famiglia.

Sua madre?
Mia madre, Bertha Scherlach, fu una figura importante per le mie future scelte. Intuì ben presto il mio talento artistico e con il suo aiuto presi lezioni di danza, di pittura e teatro di nascosto da mio padre, il quale non riteneva che l'arte e lo spettacolo fossero dei mestieri seri.

A 16 anni si iscrisse alla Grimm-Reiter School di Berlino e la sua passione non poté più essere nascosta…
Per questo motivo ci furono diversi litigi tra mio padre e mia madre sfiorando una crisi permanente tra i due. Addirittura mio padre per provocazione mi iscrisse alla Kunstakademie di Berlino, una delle più prestigiose della città, sperando che l’Accademia mettesse in luce le mie lacune e che quindi, in seguito, avessi desistito.

Ma non andò così…
Al contrario! Alla fine del corso risultai una delle allieve più promettenti e nel 1921 decisi di andare via da casa a causa dei contrasti con mio padre. Studiai il balletto russo con Eugenie Eduardova e la danza contemporanea sotto la direzione di Mary Wigman.

Divenne un'affermata ballerina…
Oh sì, tra il 1923 e il 1924 fui ingaggiata da Max Reinhardt per il Deutsches Theater e partecipai a numerose tournée in diverse città europee. Purtroppo a causa di una fragilità articolare ero soggetta a frequenti infortuni. Alla fine rinunciai alla danza.

L'infortunio non le impedì di fare esperienza nel cinema.
Apparii in un film finlandese "Le vie della forza e della bellezza” del 1925. Poi assistendo alla prima del film "La montagna del destino" rimasi così affascinata da quel genere che feci di tutto per incontrare il regista Arnold Fanck, un pioniere del "cinema di montagna".

Ci riuscì a quanto pare…
Nel 1926 ottenni il mio primo ruolo da protagonista nel film La montagna dell'amore a cui seguirono altri quattro film. Il mio personaggio era quello della donna atletica e spericolata alpinista che ben si collocava nell’iconoclastia del regime nazista.

Come affrontò il passaggio al sonoro?
Non ebbi problemi tanto che fui chiamata per il ruolo di protagonista per L'angelo azzurro di Josef von Sternberg, poi andato a Marlene Dietrich.

Il suo desiderio era quello di passare dietro la macchina da presa…
Da tempo mi interessavo alla regia, al montaggio e alla fotografia per cui fu automatico per me passare alla regia nonostante in quel periodo la direzione dei film era affidata esclusivamente a uomini. La bella maledetta del 1932 fu il mio primo film e fu menzionato tra i migliori film stranieri dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures.

Nel 1933 tornò a fare l’attrice.
Fu solo una parentesi, girai S.O.S. iceberg in due versioni diverse, tedesca e inglese. Il film, distribuito dalla Universal Studios, fu l'unico film in cui recitai in una lingua diversa dal tedesco. La versione inglese andò così bene che ricevetti proposte da Hollywood, alle quali non diedi seguito preferendo rimanere in Germania.

Aveva trent’anni quando iniziò ad avvicinarsi al nazismo…
Durante la lavorazione del film La bella maledetta, lessi il Mein Kampf rimanendone profondamente colpita e sempre nel 1932 ebbi modo di partecipare ad un raduno elettorale del partito nazista. L’oratoria di Hitler ebbe su di me un effetto travolgente.

Cosa fece?
Scrissi a Hitler, chiedendogli un incontro. Dal canto suo Hitler aveva assistito alla proiezione del mio film e ne era rimasto favorevolmente impressionato.

Come andò l’incontro?
Fu un colloquio privato e si svolse in un’atmosfera informale.

Hitler la corteggiò?
Beh sì ebbe il tempo di farlo, ma soprattutto mi parlò del suo amore per la pittura. Per quando mi riguardava gli esposi tutti i miei dubbi che nutrivo sui suoi pregiudizi razziali. Del resto ripudiavo senza riserve il suo razzismo, ma approvavo totalmente i suoi progetti socialisti.

Come si concluse…
In disaccordo con Goebbels, il ministro della propaganda, il Cancelliere vide in me colei che avrebbe potuto creare l'immagine di una Germania wagneriana che emanasse bellezza, potenza e forza da utilizzare anche a fini propagandistici in patria e all'estero.

Cosa pensava Goebbels di lei?
Nei suoi diari non si leggono molti complimenti nei miei riguardi, più volte ero definita un’isterica, una donna impossibile e che non si piegava agli ordini. Ma l’antipatia era reciproca visto che l’ho definito una persona pericolosa, un uomo volgare e di cattivo gusto umiliandolo più volte in pubblico per via del suo corteggiamento insistente e penoso.

Quindi con Hitler iniziaste a collaborare?
Girai un cortometraggio in occasione del congresso del partito a Norimberga nel settembre 1933. Il film, dal titolo "La vittoria della fede" fu reputato un capolavoro. Purtroppo però, dopo la "Notte dei lunghi coltelli", Hitler ne ordinò il ritiro e la distruzione di tutte le copie in quanto la pellicola presentava molte scene con Ernst Röhm, la vittima più illustre dell'epurazione. Riuscii a salvarne una copia che portai a Londra nel 1934.

Delusa?
Abbastanza, tanto che quando mi proposero un secondo film dello stesso genere rifiutai. Alla fine intervenne personalmente Hitler e mi convinse, a condizione che fosse l’ultimo film per il partito. Non volevo di certo essere identificata con la propaganda nazista temendo che quel genere di film avrebbe nociuto alla mia carriera artistica.

Come titolo Hitler scelse Il trionfo della volontà…
Il film fu considerato un capolavoro nel suo genere per l'efficacia nel glorificare la figura del Führer, nuovo messia del popolo tedesco. Per la regia mi avvalsi di teleobiettivi e grandangoli e riuscii a trasmettere agli spettatori il senso della potenza attraverso inquadrature panoramiche di sterminate masse di uomini marcianti in formazioni rigidamente inquadrate, accompagnate da una musica wagneriana travolgente e intervallate da discorsi di Hitler.

Il film fu lodato da Hitler…
Addirittura parlò di «incomparabile glorificazione della potenza e della bellezza del nostro movimento nazionalsocialista». Il trionfo della volontà vinse tra gli altri il Gran Premio all'Esposizione internazionale dell’Arte e della Tecnica di Parigi del 1937 ed io fui la prima regista donna a ricevere riconoscimenti internazionali.

Più che un riconoscimento delle tesi politiche la sua adesione al nazismo era limitata alla condivisione estetica del nazismo stesso.
Da artista mi consideravo autonoma e non fui mai iscritta al partito. Sebbene i miei film erano di pura propaganda in essi non sono mai presenti principi antisemiti e razzisti. Anche personalmente il mio carattere anticonformista non corrispondeva al modello femminile nazista.

Come mai negò l’esistenza di un terzo suo film di propaganda nazista intitolato I giorni della libertà?
Lo girai in occasione del raduno del 1935 durante il quale vennero promulgate le leggi razziali. Ovviamente non essendo d’accordo con quelle tesi non volevo che il mio nome fosse in qualche maniera coinvolto.

Nel 1936 Hitler le affidò la realizzazione di un film celebrativo sulle Olimpiadi di Berlino.
Chiesi ed ottenni di poter produrre direttamente il film senza interferenze della propaganda nazista. Dedicai quasi due anni di lavoro alla selezione delle scene e al montaggio, visionando oltre 400.000 metri di pellicola. Il risultato finale fu eccellente e fu considerato il mio film più importante e uno dei migliori film dedicati allo sport. Olympia, questo il titolo, era la celebrazione delle grandi masse, l’esaltazione della corporeità e della bellezza dello sportivo. Con una musica travolgente di sottofondo misi in risalto l'espressione della forza e della dinamicità del gesto atletico.

Lei dice che fu un film indipendente e lontano dalla Propaganda?
No, non ho detto questo! Ovviamente fu sfruttato per scopi propagandistici in favore del regime, ma la mia libertà creativa mi permise di riprendere atleti di ogni nazione senza distinzione di razza. Dedicai all’afroamericano Jesse Owens una cospicua parte del girato, nonostante i richiami del regime che avrebbero voluto celebrare i trionfi della razza ariana e non certo quelli di un atleta di colore.

Nonostante queste aperture non riuscì a distribuire il film negli Stati Uniti…
Purtroppo il tour di presentazione ufficiale avvenne durante la Notte dei Cristalli e soprattutto incontrai forti ostilità da parte dei cineasti tedeschi espatriati in America a causa del nazismo, tra i quali Fritz Lang

Poi scoppiò la seconda guerra mondiale…
Mi trasferii sul fronte polacco come corrispondente di guerra al seguito delle truppe tedesche. Ma gli eventi tragici mi convinsero ancora di più a tornare al mio cinema.

L'amicizia con il Führer durò 12 anni, sollevando strane voci…
Si parlava di una mia attrazione nei suoi confronti, ma erano solo pettegolezzi. Lo incontrai per l’ultima volta il 30 marzo 1944. Poi la morte di mio fratello Heinz sul fronte russo incrinò definitivamente i rapporti.

A 42 anni si sposò….
Il 21 marzo del 1944 mi legai in matrimonio con il maggiore Peter Jacob, da cui però divorziai due anni dopo, nel 1946.

Dopo il crollo della Germania, cosa fece?
Durante la primavera del 1945 lasciai Berlino, volevo raggiungere mia madre, ma fui arrestata dalle truppe americane. Riuscii a fuggire, ma venni ripresa trascorrendo tre anni fra la detenzione in carcere e gli arresti domiciliari. Subii quattro processi per attività filonaziste, ma venni sempre assolta perché giudicata non coinvolta in attività di guerra o di sterminio.

Ma la sua reputazione era gravemente segnata e fu molto difficile per lei lavorare a nuovi film…
Subivo attacchi da ogni parte. Addirittura per incastrarmi la stampa fece uscire un presunto diario di Eva Braun che conteneva dettagli imbarazzanti sul mio rapporto con Hitler. In quelle pagine era scritto che danzavo nuda per il Führer mentre l’amante ufficiale lo attendeva in camera da letto. Insomma venivo additata apertamente di essere stata l’amante di Hitler. Ovviamente era tutto falso ed una sentenza del tribunale di Monaco di Baviera stabilì l’infondatezza.

Il passato continuò a tormentarla…
Tra le tante infamie mi accusarono di aver ottenuto come comparse per i miei film alcuni bambini rom detenuti ad Auschwitz e di essere consapevole che sarebbero stati destinati allo sterminio.

Tuttavia i suoi tentativi di tornare al cinema furono vani…
Intrapresi alcuni viaggi in Africa e mi dedicai alla fotografia e allo studio della cultura Nuba in Sudan, dal quale ne trassi con successo due raccolte fotografiche pubblicate negli anni 70. Poi a 71 anni, presi il brevetto di diving e da questa nuova passione nacque il documentario del 2002 “Meraviglie sott’acqua”.

All'inizio del 2003, a centouno anni, un nuovo matrimonio…
Sposai il mio collaboratore Horst Kettner, di quarant'anni più giovane di me.

Amante del rischio la sua vita è stata una spericolata avventura…
Sono sempre stata dotata di una grandissima forza di carattere incurante dei pregiudizi. Non sono mai stata nazista, ma posso affermare di essere stata una irrinunciabile tedesca.

Leni Riefenstahl morì il 9 settembre 2003 nella sua casa di Pöcking, in Baviera. Pochi mesi prima della morte, in un’ultima intervista, dichiarò di essere pentita di aver incontrato Hitler sulla sua strada.

 

 





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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Leni_Riefenstahl
http://www.ecodelcinema.com/leni-riefenstahl-biografia.htm
http://www.secoloditalia.it/2013/09/
http://www.treccani.it/enciclopedia/leni-riefensthal_

FOTO GOOGLE IMAGE


 







 
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