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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Quando Pedro conobbe sua moglie Susan



 


Tra Pedro e Susan non tutto andava a gonfie vele…
Pedro distolse lo sguardo, guardò in alto e dalla finestra vide il cielo incupirsi alla sera. Il sole rosso e grigiastro di San Diego illuminava debole la vallata. Scorse attraverso le rade nubi il suo destino…
Susan, la sua amata moglie di origini zingare, manifestava sempre più frequenti sintomi d'inquietudine. Erano sposati ormai da sette anni e Pedro non riusciva a comprendere come quel carattere docile avesse subito cambiamenti così radicali. Mite e remissiva celava in sé un'insubordinazione repressa pronta ad esplodere nel bel mezzo di una quiete apparente. Purtroppo non erano venuti bambini, il destino aveva voluto così, ma Pedro non era il tipo da rinfacciare nulla a se stesso ed ogni notte provava invano a far di quella notte l'inizio di una lunga dinastia.

La bella zingara non opponeva mai resistenza, svolgeva alla perfezione il compitino della devota moglie offrendo il suo stupendo corpo avvolto dalle sete del talamo bianco e ricco di ricami e passamanerie. Tutte le notti, escluse quelle della luna, ma comprese quelle santificate, Pedro dopo i primi momenti di eccitazione abbandonava miseramente l’impresa. Provarono a fare l’amore anche in altre stanze della loro bella casa, nel ripostiglio degli attrezzi come nella cucina e perfino in giardino durante la luna piena, ma nella sua mente, dopo i primi attimi di eccitazione, imperversavano scene di duelli, capi tribù e vecchi stregoni che si contendevano giovani adolescenti e dissetavano le loro arsure con sangue fresco di vergini sacrificate alle regole della gente del deserto. Alle volte anche scene di locande nelle quali clienti ingordi compravano per tanto prostitute avvenenti che si vendevano per poco. Pedro, che aveva una incommensurata stima di se stesso, era convinto che quei fantasmi mentali fossero generati dal passato della bella Susan escludendo sdegnosamente che la causa fosse da ricercare nel suo passato e in particolare in quella notte che rischiò l’evirazione da parte del padre della piccola Henriette, una sua vecchia amante tredicenne.

Purtroppo, quale fosse stata la causa, ogni sera quelle effusioni si risolvevano in un fallimento totale e Pedro accontentava, per modo di dire, sua moglie in riti non canonici e supplendo alla mancanza di virilità con qualsiasi accorgimento, ma quelle pratiche intaccavano inesorabilmente la sua autostima, considerandosi meno utile di un qualsiasi ortaggio.
Ebbe perfino un consulto con il medico del paese, il Dottor Ramos de la Vida, il quale gli prescrisse infusi di malva e peperoncino e una dieta a base di ostriche crude, carne rossa ricca di zinco, ferro, fosforo e calcio. Non fu facile per Pedro confessare ad un estraneo la sua momentanea debolezza, ma convinto che fosse solo di ordine psicologico, e quindi nulla avrebbe intaccato la sua virilità di uomo integro, si sottopose volentieri a quelle cure, purtroppo però con scarsissimo risultato. A dir la verità solo una sera riuscì a rimanere eretto per ben 21 secondi per poi tornare definitivamente allo stato di quiete assoluta.

Pedro aveva incontrato la bella Susan il giorno di Natale in una locanda davanti al porto di Cadice. Lei danzava, avvolta in uno scialle nero, al ritmo di flamenco arabo sopra una pedana di legno. Danzava come una prostituta sacra che sale sopra un altare, ronzando come una vespa in cerca di un nuovo fiore, al suono che scuote le vene, come le lame di un duello. Portava un diadema sulla fronte, un giglio tra i capelli, come le zingare di mare, come le nomadi di sabbia, con i cerchi grandi d’oro vero e le labbra rosse a forma di cuore svasate quanto le sottane.

Aveva i capelli raccolti, una rosa rossa all’orecchio destro e una scollatura che non passava inosservata. Pedro, notò il tatuaggio di farfalla stampato dove il petto s’apre al sogno, dove la sua mano avrebbe indugiato come un viandante sulla soglia del tempio Egizio delle Regine. Lei vedendolo sorrise e fece la ruota, poi al ritmo delle castañuelas, soffiò sul suo ventaglio rosso, e la sua voce emise un suono strozzato in gola come fandango, sul palato come flamenco, e poi lo invitò come una femmina di porto, come una donna di malaffare, che mostrava esperta le sue forme, e mostrava fiera i suoi contorni, puntando il dito sulla bocca come fosse l’approdo di vascelli e barche, attracco di lingue straniere. Simulò baci caldi tra le gambe, tra i colpi secchi dei tamburi e la musica di cardamomo. Pedro fu rapito da quelle note e dal vino nuovo, dall’odore d’anice e cannella immaginando quanto fossero invitanti quelle gambe, quanto buono il suo miele, denso dolce e fermentato, di tiglio, d’acero e castagno.

Lui non conosceva quella donna e non si chiese in quel momento se fosse sposata o se avesse venti o cinquant’anni, ma lui era da sempre abituato a ottenere il meglio e quella sera il meglio era Susan. Lei dopo aver ballato si mise seduta al tavolo di un uomo dall’aria inquietante e vicino ai suonatori.
Pedro continuò a guardarla senza staccarle gli occhi di dosso. Dio com’era bella, com’era sensuale! Dava dei punti a tutte le altre ed era indiscutibilmente la più affascinante. Portava un corpetto nero aderente con una scollatura da capogiro e una gonna rossa lunga ed asimmetrica con uno spacco profondo decorata con frange nere.
E allora Pedro si alzò dalla sedia e si fece strada, camminò lentamente come in un duello per dare più effetto all’invito, alla fine le andò vicino e di colpo la sala cadde in un silenzio d’attesa, cupo e profondo. Solo il suonatore cieco di violino continuò con i suoi accordi. Qualcuno fumava nervosamente rendendosi conto di quello che a breve sarebbe successo. Pedro la invitò solennemente, ma con fare galante togliendosi il cappello e facendo un mezzo inchino. Lei rimase immobile e non disse nulla, anzi per un istante si voltò verso il suo uomo chiedendo lumi e fissandolo negli occhi. Il suo uomo, come era scritto nel galateo mai scritto di quelle parti, tentò di reagire. Qualcuno sospirò rumorosamente, perfino il suonatore cieco di violino sbagliò per ben due volte l’accordo e il cantante, che aveva cercato invano di ravvivare la sala, stonò fragorosamente quando il coltello dell’uomo brillò sotto la manica destra.
Intorno tutti si scostarono, ma nessuna femmina fuggì, nessun uomo intervenne. L’uomo guardò Pedro con aria di sfida deciso a trattenere la sua donna, poi gettò ai suoi piedi il mozzicone di sigaretta accesa. Rise e con fare sprezzante sputò sugli stivali lucidi di Pedro per dimostrare tutto il suo coraggio ai presenti e alla sua donna.
Ma durò poco. Quel riso si spense contro un pugno simile ad una cannonata. Quella forza di Dio lo colpì in pieno volto. Qualcuno sentì rumore di ossa, altri solo di denti. L’uomo cadde a terra, due denti schizzarono via nel vuoto insieme al coltello e immediatamente l’occhio divenne più nero della notte fonda di Cadice.

Pedro per nulla agitato, si voltò, prese il coltello e lo ripose con cura nel gilet dell’uomo. Aveva vinto e inginocchiandosi davanti a Susan le chiese di ballare e poi, a voce più alta, in modo che tutti sentissero, le chiese la notte intera. Lei gli gettò le braccia al collo. Lui guardò di nuovo l’uomo, il sangue cominciava a insozzare il pavimento di legno, per un momento rimase perplesso, ma poi prese Susan per mano gridando ai musicanti di suonare tango e flamenco, e agli altri avventori di ballare e bere alla salute della bella dama. La musica passò come fuoco da una parte all'altra, la sala si rianimò e tutti cominciarono a bere e cantare.

Il tango salì e crebbe imperioso, seguendo le belle gambe dritte di Susan, lei schiuse le labbra come fosse già maggio, come fosse la rosa stampata sul suo scialle. Era bella con il suo viso sfrontato e i cerchi d’oro da zingara e le labbra rosse color mestiere. Sapeva di meridione e di terra spagnola, di lunghi coltelli di sangue e passione, che a rivoli correva lungo la strada, come rigurgiti d’acqua risucchiati dalle fogne a cielo aperto.
Qualcuno gridò da una finestra, erano urla di cuore e castigo, urla di gelosia che consumava vendetta, e Pedro continuava a toccare, e Pedro continuava a sfiorare quei seni abbondanti che sapevano di madre, di terra e tango, d’emigranti e lingue lontane. Sapevano di dominio, di quell’inetto dell’uomo steso ancora sul pavimento, incapace di difenderla, di dimostrare d’essere uomo vero. Le mani di Pedro scivolarono lungo la schiena, esperte ossessive si muovevano in fretta, a volte pesanti facevano attrito, a volte leggere seguivano le forme, come se sapessero quale fosse il momento, il punto preciso in cui una donna lasciava all’uomo il potere di sentirsi più maschio. Ed era tango, tango berbero, avanzi di notte e lamenti di mogli, che aspettavano sveglie l’ultimo turno, ed era musica sporca e rete di calza, era Susan, sesso aperto sulla sua stoffa voluttuosa, sulle pieghe del velluto raggrinzite d’amore, sul suo seno sciupato dai tanti amanti di notte, come ora Pedro perso dentro i suoi occhi, che valeva come uomo per quanto l’avrebbe fatta godere.
E allora Pedro si rivolse al violinista cieco e gli ordinò di intonare Naranjo en flor una Guardia vieja d’amore. Poi trionfante fissò gli occhi Susan.

Forse le disse ti amo o forse niente, ma c'erano le stelle a far da contorno e il ballo continuava come niente fosse. E Susan apriva la bocca in quel vortice di sensualità e pelle nera e Susan apriva i suoi petali come una rosa schiusa al sole.
Le altre femmine ballavano coi forestieri, ma tutti aspettavano la reazione di quell’uomo ancora a terra che non venne. Era praticamente immobile, solo il suo sangue era ancora vivo e continua a colare dal labbro inferiore e dall’occhio destro. Colava ed anneriva la cravatta rosso sangue. Il suo volto aveva l’aria stanca dei defunti. E pensare che era stato solo un pugno, un unico pugno! Una donna pietosa gli portò dell’acquavite e stracci bruciati. L'uomo non diceva nulla, non si lamentava. Susan lo guardava sperduta, ma continuava a ballare ed a farsi toccare i fianchi. Pedro era il suo nuovo uomo, forse solo per quella sera, forse solo per una notte intera! Lui allora la baciò e per rassicurarla, guardando quel misero uomo, le sussurrò all’orecchio: «Non preoccuparti, per morire bisogna essere vivi!»

Fu un colpo di fulmine! La festa finì prima di mezzanotte. Quando nacque il Bambino Gesù a mano a mano quasi tutti andarono alla Messa, anche l’uomo coperto di sangue, anche il violinista cieco e loro due parlarono del più e del meno davanti ad una brocca di sangria al limone, lei disse che arrotondava la misera paga di ballerina aiutando il padrone a rassettare le stanze e la cucina, ma in realtà faceva anche altro. Perché Susan era brava a far innamorare chiunque entrasse in quella locanda, perché Susan era esperta a donare la sua rosa nell’angusto retrobottega.

Chissà perché Pedro quando la vide pensò a sua madre. Sta di fatto che se ne innamorò perdutamente e non si accontentò del retrobottega. Presero una stanza più comoda nell’unica pensione di Cadice a pochi passi da quel locale e durante quella notte fecero l’amore, e quella fu l’unica e la sola volta che Pedro riuscì a penetrarla. La mattina seguente partirono insieme. Lei vestita da flamenco, lui con il cappello nero di feltro. Durante il viaggio parlarono molto e nei pochi momenti di silenzio Susan pensava al matrimonio e Pedro ai tanti bambini che sarebbero venuti negli anni, ma non fu così.


 


Photo  Kok Chin








Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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