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LIBERAEVA
LE RAGIONI DEL CUORE
"M’illudo nelle tante ragioni che vado
cercando, che quello che sento è un cuore che batte, d’una donna
stasera che è uscita di casa, per sconfiggere il male che a
quest’ora mi prende."

M’illudo nelle tante ragioni
che vado cercando, che quello che sento è un cuore che
batte, d’una donna stasera che è uscita di casa, per
sconfiggere il male che a quest’ora mi prende. Non
vorrei più svegliarmi ed essere certa, che sono i miei
tacchi che fanno rumore, che stasera li ho messi
maledettamente più alti, per essere bella ma bella
davvero, elegante e signora, inarrivabile a tanti, di
chiunque a caso ha scambiato l’amore, con un paio di
tette perché sono più grandi, perché senza dubbio hanno
sfamato nel tempo, bambini neonati e quelli cresciuti,
che ciucciavano latte grasso e materno.
Mi
spaventa l’idea d’essere una di quelle, anche se è forte
il bisogno d’essere altro, una donna a quest’ora che
scandisce i suoi passi, che incerti e precari vanno più
diritti, verso l’unico posto dove è lecito andare. Mi
ribello pensando se non fossi sposata, ma poi dove vado
dove andrei stanotte, se ora mi sento come un pesce fuor
d’acqua, e su questi tacchi sbando e cammino, come
papera grassa che guarda vetrine. Mi nascondo e mi copro
ma poi a che serve? Se l’odore che lascio sa d’essenza
fruttata, sa di mignotta al primo giorno per strada, per
ogni passo che la gonna si spacca, e si scorge il ricamo
della calza perfetta, per tutti coloro che a quest’ora
di notte, non hanno mai visto una donna negli occhi.
Passano macchine con dentro famiglie, chissà che diranno
le madri alle figlie, che ci fa una donna che lenta
cammina, senza un uomo di fianco che le copra le spalle,
e la faccia sembrare femmina onesta, moglie o sorella
dall’aria per bene.
Loro non sanno che in questo
viale di Roma, faccio due passi per respirare la notte,
che il tassista m’ha lasciata poco distante, e lungo
questi alberi non cerco dei fari, non faccio marchette o
come si dice. Loro non sanno che non c’è nulla di male,
che sto solo tornando a casa da sola, dove una figlia
già dorme da ore, e un uomo in ciabatte sta sveglio e
m’aspetta. Loro non sanno che lo conosco da tanto, che
abbiamo un tetto ed un cane in comune, che non lo vedo
da solo tre ore, e stanotte è la prima che sono uscita
da sola, e lui in apprensione m’ha chiamata tre volte,
ma ovviamente senza alcuna risposta, per punirlo dopo
anni di noia e torpore, per punirlo della sua vita
ordinaria, e che da tempo non smorza quest’anima in
fiamme, ma la lascia sbollire che si calmi da sola, e
stasera l’ho lasciato a cuocere lesso, a pensare chi
sarà mai questa Silvia, un nome di amica che lui non
conosce.
Se lui sapesse che l’ho inventato
all’istante, mentre nel bagno m’infilavo le calze, e
quanta cura mettevo per addrizzare la riga, e quanta per
fermare i gancetti, con la porta aperta perché nulla
sfuggisse, al tarlo che nutre e ingrassa il sospetto,
che qualcuno di colpo ha occupato quel posto, che lui da
mesi non ne gode il diritto. Mi ripeto che non è una
questione di sesso, che a volte basterebbe davvero di
meno, un cuore che batte e due occhi di mare, le ore più
lente perché non finisca il momento, d’una mano che
freme e ti liscia i capelli, d’una bocca che ingoia i
respiri più caldi. Se sapesse davvero come un tassista,
m’ha portato senza meta per questa Roma notturna, e per
riempire tre ore ha spento la radio, ed è finito a
parlare di moglie e di figli, che ora mi serve per
raccontare la trama, di un film che non ho mai visto,
che parla d’una moglie ed un tassista in crisi da tempo,
d’un cinema al centro che mi serve per scusa, d’un film
che ad arte mi scordo dei pezzi. Perché nell’ultima fila
siamo stati tutti ragazzi, e sono sicura che nella sua
testa si insinua quel tarlo che lo rende geloso, d’una
mano che sale scende e si ferma, sincrone al film nelle
scene più forti.
M'illudo d’essere una persona
sensibile, di avere un’anima sotto la pelle, che quello
che ho fatto è per salvare un rapporto, per mia figlia,
sua madre e la casa in montagna. Ma se veramente tutto
ciò non servisse? Se lui credesse davvero che sono
uscita con Silvia? Che lui non conosce, ma crede a sua
moglie, che per 10 anni mai era uscita da sola, e meno
che meno s’era trovata di notte, dentro una macchina a
parlare di cuore, tre ore all’aperto con un tassista di
fianco, che poi m’ha convinta senza il minimo sforzo,
che in una recita serve dire e non dire, perché quello
che conta non sono parole, ma ciò che si vuole
trasmettere all’altro.
E lui m’ha accarezzata
sfiorandomi appena, dapprima per scherzo le calze e la
riga, e poi lentamente la spallina è calata, e due fari
lontani hanno illuminato la pelle, la sua mano, il mio
seno che s’è lasciato toccare. Davvero non credevo che
serio e borioso, diventasse obbediente e si facesse
strizzare, da due mani callose senza il minimo tatto,
quando la voce s’è fatta rimbombo, frasi bagnate in una
macchina in sosta, parole piccanti di un tassista
affamato. Poi tutto in un vortice di fiati e di voglie,
una mano decisa m’ha abbassato la testa, ho socchiuso le
labbra e s’è aperta una lampo, ho raccolto i capelli per
essere brava, per essere certa che le mie parole, che
Silvia, che il racconto del film e le scene più forti,
non risultassero vaghe tanto per dire. Ho alzato la
gonna accavallato le gambe, premendo le labbra già
sgualcite di sesso, e lui mi incitava a fare di meglio,
perché in confidenza non sono poi esperta e oltre la
bocca non sapevo che fare. Perché del resto il mio fine
era altro, farle lievitare orgogliose e più gonfie, alla
vista, all’orecchio d’un marito in attesa, al tatto e
nel cuore d’una moglie ridotta, ad offrire la bocca di
sera per Roma, ad offrirla ad un tassista che s’è fatto
pagare, oltre la corsa, la tariffa notturna.
M'illudo davvero d’essere una persona sensibile, di
avere un'anima sotto la pelle, ma chissà se tutto ciò
sia servito, se quello che ho fatto ha senso e ragione.
Cammino strusciando lungo i muri più zuppi, come gatta
in calore che lascia le tracce, che qualcuno stanotte se
n’è ingozzato d'odore, su un sedile di pelle ed un
soffio di vento, che caldo e leggero non tenta e
s’azzarda, d’asciugarmi le voglie che a rivoli a grumi,
scolano ancora e si spaccano a gocce. Sanno di sesso di
un tassista di notte, sanno di moglie che voleva solo
far finta ed invece si è trovata a tradire davvero senza
per altro arrivare al piacere. Ed ora nascono dense dove
un fremito batte, dove ora m’illudo che mio marito le
senta, distingua l’odore d’un’anima in fiamme, e
s’accorga davvero che sto dicendo una balla, quando
parlo di Silvia e del cinema in centro, quando parlo del
film e dell’ultima fila, e seguendo la scia venga dritto
a cercarmi, per fare l’amore col riflesso e con l’ombra,
per dirmi che m’ama senza parlare del cane, e mi baci
laddove un tassista distratto si è dimenticato davvero
di ripagare il piacere. E mi baci davvero senza scuse e
paure, che mia figlia non dorma o si svegli al rumore,
dell’amore che cigola che urla e s’affanna, e mi lasci
stremata senza chiedere altro, quando un fascio di luce
che filtra da fuori, mi punta più bella e l’alba s’è
fatta.
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Questo racconto
è opera di pura fantasia. Nomi, personaggi e
luoghi sono frutto dell’immaginazione
dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari e
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