|
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY

IL RACCONTO E'
ADATTO AD UN PUBBLICO ADULTO 
LIBERAEVA
L’amore gigolò
Vorrei vedere
la tua faccia come se fosse la prima volta, domandarti curiosa, tra
il vapore della teiera che sbuffa: “Cosa preferisci il latte o il
limone?”

Vorrei vedere la tua faccia come se fosse la prima
volta, domandarti curiosa, tra il vapore della teiera
che sbuffa: “Cosa preferisci il latte o il limone?” Dopo
un attimo stringerti a me per catturarti
quell’espressione che non conosco, per imprigionarti
quegli occhi verde autunno che se ancora li guardo ci
vedo in controluce foglie gialle che ondeggiano.
Vorrei essere lì in piedi mentre l’acqua fa le bolle
attenta ad ogni tuo sguardo, ad ogni tuo giudizio che mi
spaventa e mi fa bella. “Oddio, cosa penserai di me
così struccata? E se ora mi si slacciasse la vestaglia?”
Non mi hai mai visto alla luce del giorno, nuda senza
neanche uno straccio di cotone, un filo di perle che mi
inibisca il timore di non essere all’altezza. Mi conosci
soltanto in penombra coperta di seta, trasparente quel
tanto che invoglia. Ma che voglia stanotte! Dentro il
mio letto, sorpreso e contento d’ospitare finalmente un
uomo che non dorme. Era tanto sai, erano anni che non
accoglievo un maschio fino alle luce dell’alba, fino a
che il rumore di un bacio mi sorprendesse nel sonno.
Tutto ciò mi spaventa e mi dà gioia, scopro parti di me
dimenticate nel tempo, come ridere appena alzata o
essere premurosa al minimo sospiro che emetti più denso.
Vorrei guardare la neve di fuori che cade mentre mi
stringo dentro lo stesso maglione di lana che fino ad
oggi non m’ha dato calore, ma solo prurito. Sono felice,
lo confesso, mentre mi stringi queste quattro ossa che
mi sono rimaste, perché da mesi digiuno, perché di
quello che mangio ne rimane ben poco. Ma il seno ce l’ho
bello, almeno quello non ha paura di confrontarsi con
qualunque ricordo che ti frulla nel cervello. Chissà
quante donne, chissà quanti amori finiti prima
dell’alba, chissà quante volte sei rimasto a fissare,
come in questo momento, una donna che ti siede davanti e
fa colazione.
Ora tra poco mi chiederai cosa
fare, passare la giornata in cerca di mobili o rovistare
nelle botteghe d’antico che è la mia passione. Oppure
cercami, ti prego cercami ancora, sotto la tovaglia, la
più bella che avevo, con le dita ancora intorpidite di
sonno. Se m’aspetti solo un attimo mi faccio ancora più
bella, mi vesto quel poco per essere ancora più nuda,
più femmina di quanto questa vestaglia non dica. Solo un
attimo per assomigliare a me stessa, a quella di
stanotte, a quella che dentro lo specchio non delude, e
ripaga quel maschio riflesso che infila passione e
stringe la carne.
Chissà quali saranno i tuoi
interessi, chissà che lavoro potrai mai fare, con queste
mani lisce che ora non mi lasciano tregua. Sarai
sicuramente un medico o un artista che modella donne di
marmo e di creta. Non ti vedo proprio a spostare
cassette o vendere macchine agricole, non sei un
poliziotto vero? I tuoi denti sono perfetti, mi butto ad
indovinare, avrai sì e no gli stessi miei anni, ma sei
bello davvero! Bello da morire! Chissà come ho fatto
ieri sera a non morire d’infarto, quando ti sei
avvicinato in quel locale, sì parlavo con la mia amica e
tu hai perso lo sguardo nelle mie gambe accavallate.
Chissà che dei due è stata la preda?
Ora sono
qui in cucina dove ieri pulivo cicoria e spruzzavo
anticalcare, ora sono qui, proprio nello stesso posto
dove ogni volta mi viene da pensare e commiserarmi
d’essere una povera scema, una povera fallita che ha
chiuso con gli uomini e il mondo di fuori. Ma
stamattina è tutto diverso, mai avrei creduto che tu
potessi entrare facilmente nella mia vita, potessi
penetrarmi nel sogno come nelle mie cosce che ora
insolenti ne chiedono ancora. Dio mio come si cambia
senza pensarci, anche se è l’unica cosa che facciamo per
non essere soli quando lo siamo davvero! Non credevo
d’essere così affascinante dopo tutto questo tempo, così
appetitosa tanto che ora non mi lasci neanche il tempo
di domandarti se preferisci il latte o il limone.
Sai, anch’io ne ho avute di storie, ma essere
desiderata in questo modo dopo una notte di follie, non
m’era m’hai capitato. Mi sento come se non lo facessi da
anni, come se tu ora fossi più anonimo di una lettera
scritta con i ritagli di giornale, fossi più finto di
tutte le notti del mio amico in fondo al cassetto quando
lo faccio da sola. Eccoti, ora ti sento, senza fatica
hai trovato la strada come se mi conoscessi da anni, e
spingi, ma non mi fai male, e rallenti, ma non mi lasci
col fiato sospeso.
Mentre mi sfiori dove da tempo
non sentivo piacere mi sussurri vapore, mi chiami col
mio vero nome. Nessuno più m’aveva chiamata col mio nome
intero, sì Marialuisa tutto attaccato, e lo dici non
passione la stessa che ora m’incurva contro gli
sportelli di questa credenza. Mio caro angelo! Dimmi da
quale cielo sei sceso, da quale stella m’hai osservata
per conoscermi così bene. Ti stringo le mani per paura
che di colpo tu possa diventare impalpabile, tu possa
ritornare da dove sei sceso. Ti prego sbattimi,
spezzami, dividimi in due ed assopiscimi per sempre la
ragione, per sempre il buonsenso che mi vorrebbe ancora
in attesa, diffidente al tuo sesso, al tuo odore, alle
tue mani che tra un attimo saranno lame d’acciaio dentro
il mio cuore gonfio e proteso.
Continua a
cercarmi oltre la tua misura, oltre la tua voglia che
non tace e non m’azzittisce, ma ti prego non dirmi il
tuo nome, non pretendere domani le chiavi di casa, non
portarti lo spazzolino o il pigiama che di giorno stride
sotto il cuscino. Come vorrei che tu mi facessi sentire
sempre giudicata, non essere mai sicura che quello che
offro è il massimo che t’aspetti. Se esci non dirmi
che torni, toglimi qualsiasi appiglio, come ora, che
frenetica, cerco invano una maniglia per reggere al tuo
desiderio. Ti sento, non mi concedi più pause, è
un’emozione continua che toglie ossigeno all’aria,
sangue alle vene, forza alle mie gambe che tremanti si
lasciano andare all’impeto che t’anima e ti fa maschio.
Ma dove sei stato tutto questo tempo? Bohemien o
Gigolò lungo la Senna o semplice maschio in astinenza da
femmina! Non ci posso credere che la tanta concorrenza
di donne digiune non t’abbiano ancora consumato per bene
fino ad essiccarti il sangue, a prosciugarti questa vena
d’oro che m’arricchisce e mi scarnifica la mente. Non
aver paura di farmi male, entrami come un rapinatore in
una banca, come un ritardatario al primo giorno d’esame!
Non pensare di deludermi, perché niente, ora, potrà mai
farmi tornare indietro, farmi pentire di questo sogno
che ho scelto. Sei troppo bello per essere vero, troppo
intenso per non essere finto! Troppo fortunata! Che se
solo me ne fosse capitata la minima parte dubiterei
d’essere sveglia! Perché non posso che sognare quando
sento un maschio trattenere il piacere per conservarlo
integro e perfetto al mio ultimo grido. Picchiami ora,
svegliami, fammi uscire dal sogno, perché tu questa
volta sei vero davvero!
Prendimi, ti scongiuro
prendimi come se dovessi arrestare uno scippatore che
fugge, come se dovessi vendicarti di un delinquente che
ha stuprato la tua unica figlia. Sbattimi contro questa
credenza fino a sentire il rumore dei piatti a scolare,
la pioggia di bicchieri che rovinosamente cade in terra.
Manca meno di un niente, lo sento, l’avverto che sale
dal basso e m’invade e mi prende la gola, e tutto gira e
si dissolve ed annebbia di colpo le pareti, la casa, la
moca, la credenza e perfino la tua faccia che lentamente
scompare…
Silenzio. Non voglio riaprire gli
occhi, perché ora è finita davvero! Ti prego, se ancora
ci sei, non dirmi il tuo nome, sarebbe già un ricordo se
ti potessi soltanto chiamare! Fammi ancora sentire che
vivo mentre esci da me, dalla mia vita, dalla mia casa e
ti metti in tasca il giusto compenso che nessun uomo
finora s’era mai meritato parlandomi magari d’amore.
Fammi ancora sperare che se aprissi gli occhi in questo
momento qualcosa sarebbe cambiato davvero, che almeno
stanotte non ho avuto il tempo di sognare, ed ora non mi
sei davanti che fai colazione, già in giacca e cravatta
pronto per il lavoro, col tuo viso assonnato che conosco
da vent’anni, col tuo sguardo imbecille dove davvero non
tramontano soli e non cadono foglie.
|

Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore


Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti

|
|