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LIBERAEVA
L’amore cortese
"Il cielo
stasera ha un cupo colore, d’un viola velato che intorpidisce
quest’acqua, che scolora le mani e le mie labbra di rosso, che
smuore lì in fondo al fiume che curva."

Il cielo stasera ha un cupo colore, d’un viola velato
che intorpidisce quest’acqua, che scolora le mani e le
mie labbra di rosso, che smuore lì in fondo al fiume che
curva. Avessi vent’anni, vent’anni di meno, mi lascerei
trasportare come una foglia che danza, che morbida
oscilla a due metri dall’acqua e leggera poi atterra
sopra il fumo gassoso.
Avessi vent’anni davvero
di meno, mostrerei il mio seno sul profilo dell’alba,
che chiara risalta il mio contorno abbondante, che
bianca m’avvolge e scontorna le forme. Se avessi
vent’anni non cercherei questa torbida sera per
mostrarmi alla luce che si confonde con l’ombra, ma
lascerei che un sole mi penetrasse la pelle fino a
scaldarmi quest’anima dentro, che gelida ora prova
disagio e vergogna a mostrare fattezze marcite dal
tempo, tra le righe che gialle di una flebile luce
girano intorno come voglie bollenti di maschi affamati
di carne di donna.
Avessi vent’anni, vent’anni di
meno, non porterei questi tacchi che ora bucano foglie,
e lasciano orme che m’inseguono fitte per trovarmi di
nuovo domani al tramonto lungo la sponda sul greto del
fiume, dove conosco a memoria ogni sasso di ghiaia, ogni
rumore che sgrano come un rosario di perle, ogni verso
d’uccello che vola raso sull’acqua.
Ho indosso
un vestito che non cambio da mesi perché null’altro la
sera mi farebbe più bella, di null’altro ho bisogno per
mostrarmi a quest’ora con questa rosa sul petto dai
petali lilla. Porto una pochette ed un filo di perle,
dei guanti di seta che mi fanno signora, un cappello
capiente dove depongo i miei sogni come uova di merle
rimaste infeconde. Gli uomini che passano ci tuffano gli
occhi, mi dicono bella come se davvero lo fossi, solo
perché non porto una vestaglia qualunque e l’odore che
emano non sa di moglie e di casa.
“La prego
signore non s’illuda davvero, non è questo il cappello
che le placa le voglie, non sono queste le dita che
sfamano amore, se cerca calore non c’è seta che tenga.
Le giuro davvero è solo impressione, la mia pelle è
cadente più di quanto non dica questa rosa che lilla si
gonfia sul petto, questa calza che copre le vene del
tempo. Davvero lo dico non s’avvicini signore, il mio
sesso ha più pieghe di quante ne faccia la seta che
frivola gioca dentro il tramonto, la luce che ad onde si
dirada sull’acqua.
Conosco gli uomini e so che
lei non ha dubbi di quanto io possa essere bella, di
quanto questo fiume possa fare da sfondo al desiderio
mai domo di avere una donna, di prenderla in parte, di
prenderla tutta, dal seno alle gambe che sa di sesso e
di buono. La prego signore, non ceda all’istinto,
perché è solo penombra, ed è truffa ed inganno, anche se
ora mi vede come una rosa, ma non s’illuda la prego è
solo un miraggio, perché tra le mie cosce c’è un fiore
sparuto, come questo papavero tra i sassi e le ortiche.
Lo so che per i suoi occhi sono il meglio che
ora, può offrire questo fiume, può darle la sponda, ma
non sono sicura che dopo l’amore, resti l’incanto tra la
luce compatta, fino a saziarsi senza che per nulla
rimanga, annidata la voglia di ricominciare altrove.
Magari sull’altra sponda, su un altro greto di fiume
dove tra le erbacce spunta una rosa più bella che sa di
velluto, d’organza e passione come la brama che le
colora la faccia. Stia tranquillo, non parlo di sua
moglie, dell’amore al buio nascosto nel letto, che sa di
carne e bisogno, d’avida voglia, tra le risa dei bimbi
che non prendono sonno
La prego signore rimanga
distante, perché non chiedo in cambio tanto denaro,
chiedo se è lecito solo un po’ d’attenzione, quel poco
di tempo che dopo l’amore non mi faccia rivestire da
sola nel buio, mentre intorno rimane solo odore di
sesso, mentre intorno la nebbia scende e s’aggruma.
Lei non fugga davvero se conosce una donna, rimanga
seduto e ne apprezzi la forma, la guardi con gli occhi
che non hanno più voglia, la guardi distante che
riaggiusta la calza.
Lo so che in questi momenti
potrei chiederle altro, perfino di sposarmi se non
avesse una moglie, perfino d’accarezzarmi le mani e i
capelli, se non portassi il cappello se non avessi i
guanti. Ma non sono una bambina anche se non mi sento
adulta, e so che acconsentirebbe senza battere ciglio
per il desiderio impellente d’alzarmi la gonna, di
vedere il merletto che copre i miei orli, di quale seta
stasera l’ho ornata più bella, il colore che ho scelto,
l’odore che lascio.
La prego signore s’allontani
deciso, se tutto questo che dico non ha senso e ragione,
attraversi quel ponte per guadagnare la riva dove
sciamano ora donne più belle. Le vede signore dall’altra
parte del fiume? Che aspettano uomini come scaricatori
di merce, perché non chiedono occhi, non barattano
sogni, non chiedono tempo, ma tasche più gonfie
Ma se tutto questo che sento ha un nonnulla di vero, la
prego signore s’avvicini un instante, mi prenda per mano
e facciamo due passi fino alla siepe dove curva più
fitta, fino alla casa di legno e d’alcova, dove l’umido
stagna e il respiro s’allunga, in uno strascico denso di
fumo e vapore. Non abbia paura non le chiedo una
notte, non le chiedo parole per guardare le stelle, non
sono poi pazza per non capire che in fondo, l’amore che
cerco non lo trovo a quest’ora, con i guanti il cappello
e una rosa sul petto, mi basta davvero che non abbia
premura, come ora le chiedo d’offrirmi il suo braccio,
un appoggio gentile per camminare sicura, per illudermi
sempre come faccio ogni sera, che l’amore che faccio sia
almeno cortese.”
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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