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STORIE VERE 
Il lupo perde il pelo ma non il
vizio
Guardavo Giulia, la mia ex moglie, erano circa tre anni che non
la vedevo. Era davvero cambiata e quasi stentavo a riconoscerla.
Aveva raccolto i capelli sotto un cappello rosso a falde larghe, le
sue labbra erano più rosse di una fragola matura

Guardavo Giulia, la mia ex moglie, erano circa tre
anni che non la vedevo. Anzi no l'avevo vista l’anno
precedente al funerale di suo padre, ma era nascosta
dietro un paio di occhiali grandi neri ed aveva l'aria
dimessa tanto che sembrava invecchiata di almeno dieci
anni. L’avevo appena salutata e poi me ne ero andato
senza partecipare al rito funebre lasciandola
all’affetto dei suoi cari. Ma ora era diversa, lì
nello studio del pretore, con i nostri rispettivi
avvocati prima di entrare in udienza che avrebbe sancito
per sempre la fine del nostro matrimonio.
Mi
sembrava addirittura più giovane, bella no, quello lo
era sempre stata, di una bellezza straripante con il suo
seno sodo e abbondante, i suoi fianchi formosi e
soprattutto per il suo modo eccentrico di vestire. Aveva
raccolto i capelli sotto un cappello rosso a falde
larghe, le sue labbra erano più rosse di una fragola
matura e poi, ciliegina sulla torta, ostentava con
disinvoltura una scollatura mozzafiato. La guardavo
senza staccarle gli occhi di dosso e pensavo: “Forse lo
avrà fatto per me, per farmi toccare con mano quanto per
mia inettitudine ho perso.” Già sì, toccare con mano… in
quel momento avrei desiderato davvero affondare le mie
dita nel suo provocante decolleté. L’impulso era così
forte che pensavo davvero di non conoscerla, come se
fosse stata la prima volta e non conoscessi già la
dolcezza di quel seno. Non c’erano dubbi si era vestita
in quel modo per farmi scontare tutto il dolore che le
avevo provocato.
Vicino a me, seduta alla mia
destra c'era Sara Pizzi, con i suoi ventisei anni appena
compiuti, al cospetto, sembrava una scolaretta uscita da
poco dal liceo, ma era il mio avvocato, certamente non
l'avevo scelta per la sua bravura o per la sua
esperienza, ma semplicemente perché la prima volta che
l'avevo vista mi avevano colpito quelle gambe lunghe e
snelle, tanto belle che in quel momento giurai a me
stesso che avrei, di lì a poco, fatto del tutto per
conoscere il meraviglioso colore delle sue mutandine.
Così fu perché due giorni dopo, nel suo stesso studio,
dopo averle affidato la mia causa di divorzio, me l'ero
scopata su quella bella scrivania di noce appartenuta a
suo padre, lui sì vero principe del foro.
“Te la
scopi vero?” Mi disse Giulia, seduta alla mia sinistra,
in un momento di distrazione degli altri. “Il lupo perde
il pelo ma non il vizio.” Aggiunse sorridendo. Negai
spudoratamente, ma quando vide quel vezzoso merletto
dell’autoreggente uscire dalla gonna della divorzista,
mi disse: “Sei un grande stronzo, Valerio!”
In
quel momento Sara Pizzi stava balbettando davanti al
giudice, ma a me non importava nulla di quella causa e
quanto lei fosse convincente o meno, non mi interessava
come sarebbe finita quella specie di pantomima, anzi io
l'avrei evitata e nonostante avessi scritto alla mia ex
moglie che avrei ceduto su tutti i fronti ed accolto
tutte le sue richieste, lei non solo non aveva
accettato, ma mi aveva risposto scrivendo: “Voglio
distruggerti! Finché non ti vedrò mangiare alla Caritas
non sarò contenta!"
Aveva pienamente ragione...
Del resto il nostro rapporto andava a gonfie vele e non
c’era stata alcuna ragione plausibile per giustificare i
miei tradimenti. Ero semplicemente attratto dalle donne,
lei compresa. Gliel'avevo fatta grossa la prima volta
quando di ritorno da un suo viaggio in Kenia per lavoro
mi aveva sorpreso insieme ad una sua collega nel nostro
letto. Fu una scena incredibile e allo stesso tempo
penosa. Cercai di scusarmi accusando la donna, ancora
nuda, di avermi istigato per qualche improbabile
vendetta lavorativa nei suoi confronti. Poi piansi
ammettendo la mia debolezza.
Come detto era la
prima volta e Giulia dopo una settimana mi fece tornare
a casa e mi perdonò. Poi però successe di nuovo con la
figlia della portiera dell’elegante stabile dove
abitavamo. La madre, con la quale avevo avuto una
brevissima relazione, ci colse sul fatto in un angolo
buio dello scantinato del palazzo, io ero in piedi e la
ragazza inginocchiata davanti a me concentrata a farmi
apprezzare tutta la morbidezza delle sue labbra. La
portiera cacciò un urlo sovraumano dandomi del porco e
dell’ingrato e il giorno dopo, per vendicarsi, pensò
bene di spifferare tutto a mia moglie. Questa volta non
ebbi scuse e, distrutta dal dolore, fu Giulia stessa a
prepararmi la valigia. Piangeva lacrime amare, ma fu
irremovibile tanto che la stessa sera mi ritrovai a
dormire in un’oscura pensioncina maleodorante di via dei
Mille.
Circa un mese dopo cercai di nuovo di
contattarla, vivevo malissimo senza di lei, le dissi che
ero cambiato, che mai più l’avrei tradita, e lei alla
fine mi accolse di nuovo in casa. Quell’esperienza però
l’aveva segnata, era completamente un’altra persona, al
lavoro si era presa l’aspettativa, era sempre in casa,
non si curava più, totalmente trascurata ingrassava a
vista d’occhio. Con lo sguardo assente, sempre
soprappensiero parlava a mezza bocca. Ogni giorno
speravo che si riprendesse, ma evidentemente le avevo
fatto troppo male e in lei non c’era più la minima
fiducia verso il mondo maschile. Le mie attenzioni non
le facevano alcun effetto finché, forse anche per il suo
bene, dopo circa sei mesi decisi di andarmene
definitivamente da casa lasciandola al suo destino.
Giulia seduta accanto a me ora era letteralmente
un’altra donna, diversa da quella che ricordavo. Piena
di fascino e brillantezza era davvero cambiata. Con
qualche chilo in meno e stretta nel suo tailleur
attillatissimo e nella sua calza nera da donna in
carriera mi stava letteralmente tramortendo,
sprigionando una consapevole e incredibile sensualità.
Annusavo nell’aria il suo nuovo profumo e guardandola
attentamente mi accorsi che sotto quella camicetta
bianca non portava il reggiseno, cosa davvero insolita
per lei!
Iniziò a parlare e rivolgendosi ai
presenti disse: “Da quanto leggo su questi documenti
siamo d’accordo su tutto. L’appartamento di Roma e la
casa ad Anzio saranno esclusivamente di mia proprietà…”
Sara Pizzi stava prendendo la parola confermando
quella che era sempre stata la mia intenzione, ma in
quel momento presi la parola: “No, non sono più
d’accordo!” Ci fu un silenzio incredibile. Tra
l’imbarazzo generale l’avvocato di mia moglie disse:
“Possiamo sapere le ragioni di questo cambiamento? Forse
ci sono delle novità che non conosciamo…” “Io non
sono d’accordo sul divorzio, per cui se mia moglie è
decisa ad andare a fondo, non cedo alcun bene che
appartiene tuttora ad entrambi.”
Giulia mi
fulminò con gli occhi, il suo sguardo passava
repentinamente dalla stizza all’incredulità, dalla
rabbia all’odio. “Valerio cosa succede, non capisco.”
“Non c’è nulla da capire, ci ho ripensato. Punto e
basta. Sarà il giudice a decidere la spartizione dei
beni che credo sarà sicuramente equa ed imparziale.”
“Ma eravamo d’accordo su tutto, cos’è cambiato?” “Sei
tu che sei cambiata… Io avevo lasciato un’altra persona,
ma oggi dopo tre anni mi ritrovo a parlare con una
sconosciuta che non riesco più a identificare con la mia
ex moglie.” “Quindi?” “Quindi non posso lasciare
una persona con cui non sono mai stato, né tanto meno ci
posso divorziare.” Giulia sorrise amaramente e il
giudice alzandosi, disse agli avvocati di seguirlo,
auspicando un chiarimento tra le parti, in assenza del
quale sarebbe stato costretto ad annullare quel
procedimento consensuale.
Gli avvocati seguirono
il giudice e si riunirono in una saletta privata, mentre
io e Giulia rimanemmo da soli. Giulia si alzò, andò alla
finestra e si accese una sigaretta. “Con la sigaretta
in mano sei ancora più sensuale…” “Lascia stare
Valerio, dimmi piuttosto perché vuoi mettere proprio ora
degli ostacoli, in fin dei conti sei tu che mi hai prima
tradita e poi lasciata dicendomi che ero un peso morto.
Dovresti essere contento ora, di riacquistare la tua
piena libertà.” “Ti scopi qualcuno?” “E a te cosa
interessa?” “Sei troppo cambiata per non avere un
maschio che onora alla grande la tua tavola ben
apparecchiata.” “Mettiamo che sia così… Quindi hai
deciso di farmela pagare? “Giulia non è in
discussione il divorzio, ma la modalità, non posso
permettere che qualcuno si goda i miei beni. Quando ho
deciso non credevo che tu avessi un altro.” “Fammi
capire sei geloso?” “Ho appena dichiarato che non ti
riconosco, non posso essere geloso, ma sicuramente
invidioso del tuo amante.” “Non è un amante, dal
momento che ho una relazione stabile e alla luce del
giorno. E poi scusa, ma perché dici di essere
invidioso?” “Perché ti desidero Giulia!” “Oddio
questa è bella! Mi sorprendi!” “Non cercare di
apparire quella che non sei, non ti riesce. Ammetti che
ti sei vestita così per farmi crepare e farmi venire
dentro tonnellate di rimpianti.” “Lo sai benissimo
che il piatto della vendetta si serve freddo.”
“Allora lo ammetti?” “Nella misura in cui mi hai
fatto penare le pene dell’inferno, ma ormai è tutto
passato.” “Quindi ho ancora delle chance?” “Oh
credo proprio di no! Valerio fattene una ragione!” “E
se prima di decidere ti invitassi per un week end ad
Anzio, io e te da soli?” “Non prima di decidere, ma
dopo e ad un patto. Quando rientrerà il giudice poniamo
fine a questa commedia. Fai il bravo e firmi quei
documenti senza più rimangiarti la parola.” “Accetti
il mio invito?” “Prima firma quei documenti!” “Ok
ti concedo il divorzio come stabilito, sarai padrona
delle due case. Sei contenta ora?” Giulia ora più
distesa si rimise seduta accanto a me, poi disse:
“Forse non ti è bene chiaro Valerio ma ti ricordo che ho
un nuovo compagno?” “Mi stai dicendo allora che non
sarà possibile vederci…” “Tu firma, io intanto ci
penso e poi saprai la mia risposta.” “Ma che senso
avrebbe firmare?” “Non credo che tu abbia altre
chance.” “Dici che sono con le spalle al muro?”
“Non mi sarei vestita così se non avessi conosciuto le
tue debolezze.” “Ma ci vieni o no ad Anzio?” “Vuoi
fare l’amore con me?” “In questo momento voglio solo
scoparti.” “Beh non credo tu possa aspirare ad
altro…”
Eravamo ancora soli in quella stanza. Lei
accavallò le gambe ed istintivamente poggiai la mano sul
suo ginocchio. Lei non si scompose ed io invogliato dal
quel tacito assenso risalai fino a far scomparire la mia
mano sotto la sua gonna. “Vedo che anche tu porti le
autoreggenti… Sei fantastica Giulia.” “Mica vorrai
paragonarmi a quella brutta copia di avvocato che ti sei
scelto…” “Lo sai che preferisco sempre l’originale.”
“Dimmi la verità te la scopi?” “Dopo che ho visto
te, sarà difficile farlo di nuovo.” Lei schiuse
leggermente le gambe in segno di vittoria e
disponibilità. “Bravo così mi piaci, continua a
desiderarmi.” A quel punto tolse la mia mano e
aggiunse: “Senti Valerio, firma quei dannati documenti,
io ti aspetto fuori…” “Aspetta! Se esci ora, non
firmo.” “Cosa vuoi?” “La tua figa!” “Quella te
la scordi, mio caro! Almeno non oggi!” “Non credo
alla tua promessa, non credo che verrai con me ad
Anzio!” “E allora che proponi?” Mi disse accavallando
di nuovo le gambe e scoprendo un meraviglioso bordo in
pizzo nero. Mi guardai intorno. “Entriamo in quella
stanza!” “Ma è il bagno privato del giudice…”
“Meglio no? Voglio almeno baciarti.” “Ok solo un
bacio, ma poi firmi?” “Firmo firmo…” La presi per
la mano e la condussi nella toilette. Ero
eccitatissimo e mentre la baciavo e le toccavo il seno
le dissi: “Sei fantastica Giulia, ti desidero tanto!”
Lei non si scompose: “Se non avessi fatto il cretino
questo ben di Dio sarebbe ancora tuo, lo sai vero?”
“Posso sempre recuperare!” “No tesoro, non ti credo
più.” “Dai ti prego, facciamo come ai vecchi tempi,
mettiti in ginocchio.” “Tu sei pazzo, questa bocca te
la devi meritare, per cui ora usciamo e firmi.”
A
quel punto aprì la porta ed uscimmo dal bagno. Poi
senza sedersi mi disse: “Ora io esco e tu da bravo
mantieni i patti ok?” “Anche tu però, Anzio ci
aspetta!” Sorrise in segno di complicità: “Oggi hai
sentito l’odore, a breve potrebbe essere ancora tua.”
Poi uscì dalla stanza. Rimasi solo, fissai un brutto
quadro sopra la mia testa. In effetti Giulia aveva
imparato nei minimi particolari l’arte della seduzione.
Sapevo che tra tutte le donne del mondo sarebbe stata la
più irraggiungibile, ma nonostante questo ed essendo
cosciente che tra noi non sarebbe nato un nuovo
rapporto, ma forse solo una notte insieme, decisi di
giocarmi l’ultima ed unica carta a mia disposizione.
Quando rientrarono gli avvocati mi feci dare i documenti
e firmai senza esitazione mettendo sul piatto da gioco
due case di valore contro una sola, improbabile ed
effimera notte d’amore con la mia ex moglie.
Mentre firmavo guardavo l’espressione stupita di Sara
Pizzi: “Alle volte non ti capisco Valerio.” Non risposi.
Quando uscimmo da quella stanza con mia sorpresa
vidi sul corridoio Giulia stretta al suo nuovo compagno,
si stavano baciando. Lui era un tipo alto circa 1,90,
abbronzato, occhi verdi e capello completamente bianco.
Mi avvicinai a loro e lei mi disse semplicemente:
“Grazie, ti sei comportato da vero signore.” “Tu hai
sempre conosciuto l’arte della persuasione.” Risposi
fissandola negli occhi. “Non è vero, non mi
attribuire capacità che non posseggo. Mio caro lo hai
fatto spontaneamente e te ne sono grata.” “Sono
soltanto un maldestro giocatore di poker e vado sempre a
vedere anche quando non ho il punto in mano.” “Lo
sapevo.” “Ok, domani allora ti chiamo e ci mettiamo
d’accordo per gli ultimi dettagli che ti dicevo…”
“Non ne vedo il motivo Valerio, dopo quella firma ora è
tutto risolto e non c’è alcun bisogno di vederci di
nuovo.”
Avevo capito. E mentre la vedevo
allontanarsi sempre stretta al suo uomo, chiamai Sara.
Non mi rimase che dirle: “Sei stata bravissima tesoro,
hai impegni ora?” Lei sorpresa rispose: “Credevo che
l’incontro con la tua ex ti avesse scombussolato.”
Scombussolato non era la parola adatta, in realtà ero
stato praticamente rapito e soggiogato dalla sensualità
della mia ex, ed ora ero incredibilmente eccitato. Mi
portai le dita al naso, sentivo ancora il profumo delle
cosce di Giulia e l’amabile fregatura che mi aveva
rifilato… Mi consolai pensando che in fin dei conti
avevo perso solo qualche ora d’amore con la mia ex
perché altro non mi sarebbe stato concesso e comunque
adesso mi sarei potuto distrarre immediatamente con Sara
pensando ovviamente alla mancata scopata con la mia ex
moglie. Accostai le mie labbra al suo orecchio e le
sussurrai: “Sì certo, scombussolato dal meraviglioso
merletto della tua autoreggente.” Poi non ancora
soddisfatto della commedia ripresi: “È da questa mattina
che ci penso sai?” Lei sorrise, poi si mise in punta
di piedi e mi baciò sulla guancia sussurrandomi: “Che ne
dici di andare nel mio studio?”
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