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IL RACCONTO E' ADATTO AD UN PUBBLICO ADULTO

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LiberaEva
Il colloquio di lavoro






Photo serhan oksay
 


Dio quant’era bella, esclamai quando la vidi attraversare la hall dell’albergo in cui lavoravo. Castana, capelli lunghi, un fisico da modella, slanciata, statuaria, ma allo stesso tempo con le curve giuste e sinuose. Non so perché, ma pesai alla Paolina di Canova che avevo visto poco tempo prima a Roma alla Galleria Borghese.
Lei si avvicinò sorridendo: “Salve, si ricorda di me? Sono Aurora, la figlia di Francesca.”
“Come faccio a dimenticarti, sei una bellissima ragazza.” Risposi facendo un lungo respiro per riprendermi dalla visione.


*****

Aurora l’avevo intravista di sfuggita qualche sera prima a casa di sua madre Francesca, la mia amante storica, che avevo conosciuto quando lei aveva su per giù l’età di sua figlia. Quando ero entrato in quella casa Aurora stava uscendo. L’avevo vista solo per qualche attimo in compagnia del suo ragazzo.
Parlando a sua madre avevo manifestato tutta la mia curiosità: “Non sapevo che fosse così bella tua figlia!”
Lei maliziosamente mi aveva risposto: “Perché ti piace?”
“Beh non me ne avevi mai parlato in questi termini.”
Aurora era figlia del suo ex marito e fino ad allora era vissuta con il padre e la sua compagna in Sardegna. Finito il liceo aveva deciso di trasferirsi dalla madre qui a Genova.
“Sai, la Sardegna le andava molto stretta, allora le ho detto di venire ad abitare qui da me. È senza lavoro, fa qualche lavoretto come ragazza immagine, ma ti giuro per rendesi indipendente da mamma e papà si accontenterebbe di qualsiasi lavoro ben rimunerato.”
La cosa mi coinvolse immediatamente dato che ero il Direttore del più grande albergo della città, ma a Francesca non diedi speranze assicurandole però che avrei fatto un colloquio alla ragazza, giusto per conoscerla e decidere il da farsi.
“Dai che tu puoi, se vuoi…” Mi pregò Francesca.
“È un periodo nero per il turismo, lo sai, siamo in piena crisi e non posso accollare alla proprietà altri stipendi. Ma vedrò quello che posso fare…”
“Ho giurato a suo padre che le avrei trovato un lavoro, anche per dimostrargli la sua atavica e totale incapacità! Ovviamente il favore lo faresti a me!” Rispose ammiccante. Poi durante quella serata tornò più volte sull’argomento e forse per quel mezzo spiraglio che mi aveva strappato, quella sera si concesse come non mai.

Dicevo conoscevo Francesca da molti anni. La nostra storia era cominciata prima del suo matrimonio quando io ero già sposato. Al tempo avevo un’altra amante, ma quando la conobbi mi innamorai di lei all’istante rendendomi conto di non poter fare a meno di lei. Era una donna meravigliosa, sempre elegante e di una dolcezza disarmante, ma allo stesso tempo passionale oltre ogni limite.

*****

Aurora ora era davanti a me, la luce riflessa del marmo del pavimento le dava una profondità regale. Quasi impacciato le strinsi la mano e dissi: “Qui c’è troppa gente, dai andiamo nel mio ufficio.”
Andammo in una saletta riservata accanto alla hall.
Entrammo, tolsi un po’ di scartoffie sul tavolo. “Dai accomodati. Vuoi un caffè o desideri altro?
“No, grazie, sono a posto così.”
Era nervosa, notai un leggero tremolio delle dita della mano sinistra.
Cercai di metterla a suo agio: “Dai rilassati, non ti mangio mica.”
“Oh mi scusi, ma visto come sono andati i precedenti colloqui di lavoro sono un po’ emozionata.”
La guardai ancora più attentamente, era davvero una bellissima ragazza.
Sprofondai sulla mia poltrona e dissi: “Voglio sapere tutto di te.”
Lei a quel punto si mise seduta. Portava un vestito rosso attillatissimo con una profonda scollatura dalla quale usciva maliziosamente un vezzoso merletto bianco che aggraziava il suo piccolo seno. Immaginai una tenera seconda, il che non mi lasciò indifferente.
“La mamma mi ha detto che lei potrebbe fare qualcosa per me.”
Aurora non sapeva della mia lunga storia con sua madre e Francesca mi aveva pregato di non dirle niente e, se proprio avessi dovuto, di parlare genericamente di una relazione superficiale nata dopo la separazione tra lei e suo padre.
Quindi rimasi sul vago: “In nome dell’amicizia che mi lega a tua madre, farò del tutto per accontentarti.”

Quel look era decisamente provocante ed era molto diversa da come l’avevo vista la prima volta in jeans e maglietta bianca. Era estremamente più donna e pensai ci fosse lo zampino di Francesca nella cura di quei dettagli molto femminili.
“Quanti anni hai?” Le chiesi per rompere il ghiaccio.
“20 ad aprile.”
“Avrei detto qualcuno di più, complimenti!”
“Oh la ringrazio, spero di non essere troppo giovane allora.”
“Non è questione di età, ma di quello che sai fare. Sai le lingue?”
A quel punto mi guardò dritto negli occhi e senza scomporsi disse: “A malapena conosco l’italiano!”
Notai le ciglia finte.
“Cominciamo male…” Dissi sorridendo. “L’albergo come saprai lavora prevalentemente con turisti esteri e la conoscenza delle lingue, specialmente inglese e tedesco, alla reception è fondamentale.”
Si fece immediatamente seria, ma io non volevo deluderla. Pensai a qualche ruolo in amministrazione: “Sai usare il computer? Conosci i prodotti Microsoft?”
Lei fece cenno di no con la testa, ma nel contempo accavallò le sue belle gambe lunghe. Notai la gonna decisamente corta.

Dopo qualche attimo di silenzio mi chiese il permesso di fumare. Trovai bizzarra quella richiesta, ma mi alzai e le diedi il permesso dopo aver aperto la finestra.
“Mi sono diplomata l’anno scorso, il computer lo uso poco e il mio inglese è molto scolastico. Fino ad ora ho avuto solo qualche esperienza in Sardegna come ragazza immagine nei villaggi turistici.”
Sorrisi allargando le braccia rimettendomi seduto.
“Aurora voglio essere sincero con te, come saprai sono momenti difficili per offrire lavoro, la proprietà dell’hotel non può permettersi di assumere una persona a tempo pieno in questo periodo.”
Stavo decisamente facendo marcia indietro.
“Lei è la mia ultima speranza.”
“Cosa ti piacerebbe fare?”
Rimasi a fissare le sue grandi labbra rosse.
“Non so mi dica lei.”
“Ovviamente per l’amicizia che mi lega a tua madre, non posso certamente offrirti un lavoro da cameriera ai piani o roba del genere. Tra l’altro, sono lavori molto faticosi e credo che non saresti adatta.”
“Quindi, niente reception, niente amministrazione, niente cameriera, direi che ho fatto un buco nell’acqua, anzi una voragine…”
“Sei ancora giovane, hai tanto tempo per specializzarti. Ma lascia stare quei lavoretti tipo ragazza immagine, non fanno punti, a meno che tu non voglia fare la modella, secondo me ne saresti portata.”
“Saltuariamente ho posato per qualche fotografo, ma vorrei qualcosa di stabile, se ne ha bisogno potrei farle da segretaria, sarebbe il mio massimo e sarei disposta a tutto.”
Non c’erano dubbi sulla malizia di quella frase. Salì un certo imbarazzo, ma lei tranquillamente aggiunse: “Mi accontenterei di fare qualsiasi cosa purché abbia uno stipendio sicuro a fine mese per rendermi autonoma. Purtroppo se non avrò un lavoro a breve dovrò tornare in Sardegna perché mia madre non può mantenermi.”

Assomigliava spiccicata a Francesca con venti anni di meno. Iniziai a fantasticare.
“Cosa intendi qualsiasi cosa? Come già ti ho detto non credo tu sia adatta a fare la cameriera.”
“Intendo che non mi interessa la mansione, ma solo i soldi.”
“Vedo che hai le idee molto chiare, ma ripeto in questo hotel abbiamo bisogno di figure che svolgano la loro attività a contatto con i clienti.”
Era decisamente delusa: “Ho capito lo devo considerarlo un no definitivo allora.”
Mi piangeva il cuore non poterla aiutare.
Ci alzammo contemporaneamente, dopo qualche passo al centro della stanza si fermò e con fare accattivante mi disse: “Davvero non può aiutarmi?” In quel momento mi parve che la profondità della sua scollatura avesse fatto notevoli progressi.
Allargai comunque di nuovo le braccia in segno di dispiacere. Lei portò la borsa sull’altra spalla e senza alcuna esitazione avvicinò la sua bocca al mio viso e benché non ci fosse anima viva in quella stanza sussurrò. “Sarei disposta a tutto.”

Sentii le sue labbra sfiorarmi leggermente l’orecchio e pensai a quelle di Francesca. Rimasi un attimo inebetito. Il suo invito ora era decisamente evidente e non lasciava spazio a fraintendimenti. Pensai di nuovo a sua madre e al nostro primo approccio, praticamente una fotocopia. Fu lei, dopo un pranzo al volo in un bar vicino al suo ufficio, ad invitarmi nella casa dei suoi genitori in quel periodo fuori città e dieci minuti dopo eravamo già nel suo caldo lettino. Stava succedendo la stessa cosa e in quel momento sentii una forte eccitazione.

Mi rendevo conto che in quel preciso istante avrei potuto esercitare tutto il mio potere. Sarebbe bastato un semplice invito in una delle tante stanze vuote dell’albergo e chissà perché pensai alla suite imperiale sfitta da mesi. Era davvero un incanto di donna, ma scacciai immediatamente quei pensieri. Non volevo altre complicazioni anche perché amavo Francesca da sempre e lei si era rivelata in tutti quegli anni la migliore compagna di vita, seppur nel difficile ruolo di amante e comunque meglio di quanto un uomo avesse mai potuto desiderare.

Aurora rimase ferma in mezzo a quella stanza come se aspettasse da me un piccolo cenno, almeno una speranza, anzi in quel momento mi parve evidente che aspettasse da me un invito, ma non venne anche perché avvertii chiaro un senso di colpa nei confronti di sua madre solo per aver fatto quel paragone con la figlia ed aver pensato alla suite imperiale, come se fossi stato io il responsabile dell’ambiguità di quegli istanti. Non sapendo cosa fare allargai di nuovo le braccia e le dissi: “Aurora, dammi qualche giorno per pensarci, poi ti farò sapere.” Ovviamente lei non era soddisfatta della mia frase: “Dite tutti così…” Comunque li lasciò il suo contatto telefonico, anche se vidi chiaramente un velo di tristezza calare sul suo viso, poi accettò la mia stretta di mano e uscì dalla stanza.


*****


Per tutto il giorno non feci altro che pensare a lei, in fin dei conti mi ero comportato da perfetto gentiluomo, mi ripetevo di non avere colpe, ma dentro di me c’era qualcosa che non riuscivo a controllare. Mi rimbombava in testa quella frase: “Sarei disposta a tutto.” E l’istinto maschile prese il sopravvento ed iniziai a fantasticare su come fosse stato il sesso con la figlia della mia amante e sulle molteplici evoluzioni che gioco forza s’impadronirono della mia mente.
Se davvero l’avessi portata in quella suite e ci avessi fatto l’amore con quale faccia poi avrei potuto frequentare la mia amante e soprattutto la sua casa rischiando ogni volta di incontrare sua figlia? E poi tra noi c’erano oltre 25 anni di differenza, sarei stato davvero un uomo ridicolo se avessi accettato quelle avance. Ovvio, non mi ero illuso, sapevo benissimo che quella splendida ragazza non era attratta dalla mia persona, bensì esclusivamente dal mio ruolo, ma nonostante questo continuai a pensarci fino al punto da chiedermi se fosse successo davvero e se gli ammiccamenti di quella ragazzina fossero stati davvero così espliciti o fossero frutto solo delle mie fantasie.
La sera a casa, con mia moglie, finsi di non stare bene e andai subito a dormire. Confesso che prima di addormentarmi mi lasciai andare ricostruendo più volte quello che non c’era stato, ma che sarebbe potuto accadere in quella stanza se solo avessi avuto il coraggio di prenderla per mano. Mai ebbi dubbi sulla sua disponibilità tanto da immaginare il momento in cui avrei fatto scivolare il suo vestito rosso sul pavimento, e poi nell’ardore quando avrei stretto i suoi piccoli seni, ma estremamente intriganti. E poi i suoi baci, le sue carezze da ragazza alle prime armi, incerta sì, ma desiderosa di imparare e soprattutto concentrata a rendermi gradevole quell’incontro.
La mattina seguente mi svegliai molto presto e con la mente più fresca andai a lavoro orgoglioso di me per come avevo superato alla grande i tentativi di quella ragazza. I senti di colpa, semmai ci fossero stati, si erano dissolti, passai in un negozio di antiquariato e comprai una bellissima lampada da notte liberty che avrei regalato a Francesca. Ero contento.


*****


Il pomeriggio come al solito chiamai Francesca, ma mi ci volle meno di un nano secondo per rendermi come di quanto fosse arrabbiata con me.
“Non credo che tu non possa fare nulla. Ti sei comportato come uno stronzo.”
“Tesoro, non direi così.” Caddi dalle nuvole!
“L’hai fatta piangere, sai? Ho dovuto consolarla per tutta la notte.”
“Francesca ti prego, non dirmi così, tua figlia è ancora tanto giovane… pensavo che al momento avrebbe potuto iscriversi a qualche corso di lingue…”
“Beh non ci volevi tu per escogitare questa brillante idea, ma chi sei? Il genio della lampada?”
Pensai al regalo, ma lei aggiunse stizzita: “Comunque non ti preoccupare, farò da sola, grazie lo stesso.”
“Tesoro dai, mi metti in difficoltà così…”
“Ne hai tante di sciacquette lì in albergo.”
“Perché dici così?”
“Perché non troverai mai una ragazza così carina e disponibile come Aurora!”
Beh questo era troppo, mi sentivo ferito e per la rabbia mi giustificai dicendo qualcosa che non avrei dovuto dire: “Disponibile lo era davvero…”
Mi morsi immediatamente le labbra.
“Lei è come me e tu sei un porco pervertito perché confondi la dolcezza con il resto…”
“Tesoro ero davvero imbarazzato nei tuoi confronti. Non sono nato ieri e non ho preso lucciole per lanterne, ma non mi sembra il caso di parlarne ora...”
“Ma che dici?”
“Scusami, scusami, non volevo… perdonami ti prego, volevo solo evitare che nascessero delle ambiguità.”
“Oh che angelo! Che animo puro, con me non eri imbarazzato quando avevo la sua stessa età e mi hai portato subito a letto.”
Non era andata proprio così, ma non dissi nulla.
“Però fattelo dire… i tuoi imbarazzi sono una vera sciocchezza in confronto al suo futuro. Lei ha bisogno di un lavoro, capisci?”
“Lo so, mi ha detto che sarebbe disposta a tutto!”
“E allora? Che c’è di male? Sei diventato rosso?”
Ero sconvolto! Da perfetto gentiluomo stavo passando per un emerito coglione!
“Se vuoi ne parliamo dopo, passo da te.”
“No no, tranquillo. Mi farò sentire io, in caso.”
Mi stava dando il benservito. Dopo quasi un quarto di secolo mi stava lasciando! Era evidente che considerava cosa da poco conto il mio comportamento, per lei contava solo quel lavoro che riteneva al di sopra della situazione e indipendentemente da tutto il resto! Preso dall’ira buttai giù il telefono.
Tentai più volte di richiamarla, ma per tutta la giornata e quella seguente non rispose al telefono, alla fine mi mandò un semplice e laconico messaggio: “Addio.”
A quel punto decisi di fargliela pagare.


*****


Immediatamente chiamai la direzione di Milano. Parlai con un collega con cui ero in confidenza e poi direttamente col capo del personale, mentendo in entrambi i casi sulle reali capacità della ragazza. Non fu facile, ma avendo alle spalle una carriera irreprensibile e alla fine riuscii a strappare quello che avevo in mente.
Il giorno stesso chiamai Aurora.
“Vedo che ci hai ripensato allora?” Quel tu facilitò i miei piani.
“Ti avevo detto di darmi un po’ di tempo… ma tu lo hai considerato come un no secco e sei andata a piangere sulla spalla di mamma!”
“Ma che dici? Non ho pianto per nulla… sai com’è mamma no?”
“No, non lo so e ora sinceramente non mi interessa.”
“Posso chiederti a cosa devo tutta questa velocità…”
“È una storia lunga! In caso ne parliamo dopo, comunque ci sono buone notizie per te.”
Le diedi appuntamento sempre qui in albergo, ma questa volta nella stanza 631, ovvero la suite sulla quale avevo fantasticato.
“Mi vuoi buttare dal sesto piano? Guarda che sono ancora giovane!”
“Dai non scherzare, dobbiamo festeggiare nel migliore dei modi! Faccio preparare una bottiglia di ottimo spumante italiano e poi dovrai firmare delle carte.” Poi le dissi di salire direttamente senza passare per la reception e che avrei gradito vederla di nuovo con quel vestito rosso. Lei sorrise: “Lo sapevo che con quel vestito avrei fatto la mia porca figura.” Poi quando le raccomandai di non dire nulla a sua madre lei rispose: “Sarà fatto, capo! Acqua in bocca!”


*****


Seduto in poltrona l’aspettai direttamente in stanza. Sul tavolo accanto a me giaceva in bella mostra un contratto di lavoro per mansioni generali a 1100 euro al mese, due calici e una bottiglia ghiacciata di Berlucchi.
Lasciai la porta socchiusa e quando entrò non sembrò per nulla sorpresa.
“Ti vedo serena.” Dissi.
“Beh non è il primo colloquio di lavoro che faccio, la differenza è che tu sei amico di mia madre e sono sicura di non uscire a mani vuote.”
Rimase in piedi e lesse attentamente quel pezzo di carta. Mi chiese il motivo per quella postilla sui tre mesi di prova. La rassicurai dicendole che era stato un escamotage per poterla assumere e che la conferma sarebbe avvenuta in maniera automatica.
Lei mi guardò, sorrise: “La suite, il Berlucchi, quel contratto in bella mostra… Penso che a questo punto dovrei ringraziarti vero?”
“Fai tu.”
Fu lei a prendere l’iniziativa, posò la borsa sulla poltrona vuota, si tolse il soprabito, poi si avvicinò e si piegò in ginocchio, io chiusi gli occhi e sentii esattamente la stessa morbidezza delle labbra di Francesca. Forse meno brava, sicuramente più incerta, ma con la stessa voglia di farsi apprezzare. Quando tentai di alzarmi per trascinarla sul letto lei mi fermò.
“Tranquillo non voglio nulla, oggi il piacere deve essere solo il tuo. Tu mi ringrazierai un’altra volta.”
Lentamente il ritmo delle sue labbra e della sua mano si fece più sicuro, senza nessuna pausa si slacciò i due bottoni del vestito e tolse il reggiseno. Sentii la pelle soffice di quel piccolo seno sul mio piacere e sotto quelle carezze e quei baci, esplosi nella sua bocca calda dopo qualche secondo.

“Spero di essermi meritata quest’assunzione.”
“Altroché…” Dissi ancora sotto l’effetto dei suoi baci.
Si rivestì e si mise seduta accanto a me.
“Sei stata meravigliosa!”
“Lo sarei stata anche senza tutto questo casino”
“Ti riferisci a tua madre?”
“Se tu avessi preso al volo il mio invito e mi avresti portata subito in questa bella suite, non sarebbe successo niente e non avreste litigato.”
“Veramente abbiamo troncato.”
“L’amavi?”
“È una donna meravigliosa tua madre, ma mi è parsa strana la sua reazione. Capisco l’amore per una figlia, ma mai avrei creduto che sarebbe passata sopra ogni cosa.”
“Mi spiace.”
“Tesoro quello che è successo tra noi non c’entra nulla con l’assunzione. Non sentirti in colpa.”
“Questo l’ho capito e qualcosa mi dice che riguarda solo te e mia madre.”
“Io credo di essermi comportato bene con te e soprattutto con lei.”
“Quel bene è relativo.”
“Già l’ho capito solo dopo aver parlato con tua madre.”
“Lei vuole il mio bene che evidentemente non è uguale al tuo.”
“Certe cose credevo fossero incompatibili.”
“Tu dai troppa importanza a queste cose, per un posto di lavoro si fa anche altro… Qualcuno se non ricordo male diceva che il fine giustifica i mezzi.”
“Se non fossi stata la figlia di Francesca, avrei ragionato come te.”
Mi guardò negli occhi e sorridendo maliziosamente mi disse: “Nonostante tu abbia molti anni più di me, credo che tu debba ancora crescere.”
Poi si alzò, mi accarezzò il viso, prese la borsa e sulla porta mi disse: “Allora a domani.”
“Alle sette e mezza, mi raccomando la puntualità.”
Sorrise.
“Ai suoi ordini capo!”








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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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