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LiberaEva
L’anima tra le gambe
"Succede che un giorno ti ritrovi da sola,
a contare le stelle e ricominciare daccapo…
Succede che cammini senza una meta, con un
cappello nero e una gonna a pieghe, che
salti e rallenti per non pestare i tombini,
per non screpolare quei tacchi più rossi,
che mai avevi messo per uscirci di giorno, e
ti fanno più bella e ti fanno insicura."
Photo Alexey
tejido Krupyshev
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Succede che un giorno ti ritrovi da sola, a
contare le stelle e ricominciare daccapo, ti senti sospesa a galleggiare
nel mondo, come se fossi fatta soltanto di aloni, ripiena di vuoti e di
forme che marchi, e rimarchi ossessiva per non sentirti da meno, di
qualsiasi donna che ora di notte, ascolta un ti amo di brividi e pelle, e
si sente appagata e ringrazia il destino. Ma tu testarda rimani a
contarle, ti sorprendi a pensare che se fossero dispari, stasera o domani
qualcuno ti chiama, che se fossero pari hai sbagliato la conta, distratta
e sbadata ne hai saltata qualcuna, quella più bella che ti somiglia, che
t’ha tolto la faccia da sentirti gemella, e allo specchio riflette il
riflesso leggero, d’una voglia lasciata ai piedi del letto.
Succede
che cammini senza una meta, con un cappello nero e una gonna a pieghe, che
salti e rallenti per non pestare i tombini, per non screpolare quei tacchi
più rossi, che mai avevi messo per uscirci di giorno, e ti fanno più bella
e ti fanno insicura. Lo incontri per caso alla fermata del trenta, e ti
dice garbato buonasera signora, che stava cercando una stella stasera, con
un cappello di stoffa ed una gonna leggera. Succede che di colpo ti trovi
specchiata, in due occhi d’azzurro che non conoscevi, a stiracchiare la
notte fino alle ore dell’alba, e rimanere incredula senza fiatare, come se
fuori cantassero uccelli, e tu potessi ascoltare inconfondibile il vento,
o il lento recedere d’un’alta marea.
Ma davanti a te c’è soltanto
un appiglio, una faccia di uomo a forma di treno, che prendi per sentire
netto l’odore di casa, per sentirti di nuovo una donna normale. Lo guardi
e ti lasci annusare, ma sai già che rimarrà soltanto per ore, che ci vorrà
del tempo per sentirlo vicino, che il suo fiato pesante diventi inodore, e
non ti faccia strano quel ghigno che ora, sa solo di voglia di uomo che
chiede, che se poco volessi e t’abbandonassi all’idea, già starebbe a
schiacciarti l’anima e il cuore. Ma succede lo stesso davvero succede,
anche se giuri di non averlo previsto, che le tue gambe impazienti ed
inquiete, possano frivole accavallarsi di colpo, e il tuo smalto possa
fare contrasto, contro la trama velata d’un nylon intenso, che ti snella
le gambe e le fa più civette.
Lui ti guarda gli orli e i contorni,
come se ad un tratto dovesse spuntare, una passione di carne e magari di
tette, perché altro non chiede, e nient’altro stasera avevi immaginato di
dare. Chissà che direbbe se sapesse davvero, che lui o un altro sarebbe
stato lo stesso, che è qui per riempire soltanto un divano, e parlare
parlare fino all’alba domani, e scoprire la gioia di dormire di giorno,
per sentire da dentro che lievita amaro, il rimpianto più aspro di non
esserti data, di non aver ceduto all’amore che ingiallisce la stoffa. Ma
tanto sai già che non succede, perché la camicetta crema che porti, ha
soltanto uno sparuto bottone, e l’anima dentro neanche una lampo, che ti
darebbe fastidio in questo momento, se solo per caso stringessi le gambe.
Ma tu non le stringi! Perché autonome sanno muoversi a modo, sanno far
scivolare una gonna di raso, fino al punto d’apparire intriganti, più di
quanto non sarebbero nude.
Succede, eccome succede, mentre guardi
il soffitto e senti i suoi fiati, i mugugni che ansimano senza misura, e
ti dicono bella come se davvero lo fossi, e ti piace e t’incanta
sentirtelo dire, mentre una mano t’arriccia la gonna, e l’altra è arrivata
dalle parti del cuore. Lui si fa intenso deciso e più grande, di sicuro
crede che un po’ troia ci sei, nonostante gli hai raccontato per filo e
per segno, perché ti ritrovi da sola a passare le notti. Davvero ci sei!
Perché le parole sono finite da tempo, e le tue gambe s’aprono senza
aspettare, altre albe e tramonti o una stella che cade, o qualsiasi
pretesto che giustifichi in parte, questa porzione di carne che dai e non
dai.
Succede che magari lo supplichi e chiedi, d’essere all’altezza
d’una qualunque, che soffoca urla a suo marito che incede, pensando a suo
figlio che dorme accanto. Succede che gli chiedi di andare più oltre,
d’affondare nella voragine dove ora li senti, che girano concentrici i
giorni infiniti, i mesi e gli amori ormai persi nel tempo. Ma dura solo
qualche secondo, la misura d’un piacere atteso da sempre. Poi succede e
succede che ti ritrovi a pensare, a guardare la luce che filtra da fuori,
che tutto è servito per passare una notte, che ci saranno altre notti
identiche a questa, ma i giorni gireranno come quelli passati, vuoti nel
ventre e pieni sotto i capelli, perché di sicuro non hai più vent’anni, e
la voglia di credere s’è affievolita spirando, che da qualche parte
sperduta del mondo, ci possa essere un abbozzo d’amore, che vada oltre
questi occhi e quest’alba, che ora ha riempito la tua sala da pranzo.
Succede eccome succede, di rassegnarti all’impeto che ora ti assale,
in balia d’un capriccio che ti distende e ti volta, che ti riempie nel
posto dove per tutta la notte, hai raccontato di lui e dell’altra, ed ora
non serve che a dargli piacere, a farlo sentire più uomo perché porti il
rossetto. Ma non gli basta e non ti basta! Succede che t’accarezza la
testa, ti liscia i capelli e quasi ti guida, per immaginarti obbediente e
inesperta, come una bimba all’ora di pappa, come ora che ci metti te
stessa, per sentire parole che ti dicano brava.
Lo senti che ora si
irrigidisce, che sta pensando cosa può ancora ottenere, con quale parola
ti si ritorce l’orgoglio, o ti fa piacere che la ripeta ogni volta. Ma il
tuo amor proprio s’è assopito di colpo, e ti chiedi di quanti uomini
dovrai sentire il sapore, fiati di baci che ti tempestano il collo, e poi
giù dritti verso l’oblio, verso l’unico paradiso che ora conosci, dove
saresti disposta a spergiurare convinta, che nessun’altro è arrivato dove
ora ti tocca, o hai desiderato alla stessa maniera.
E lui è lì che
si fa grande, imperatore di mare padrone di terre, compresa la tua landa
desolata per mesi, che se stasera non fosse successo per caso, l’avresti
abbellita col gusto che ti distingue, con le mutande sempre le stesse, che
riponi gelosa in fondo al cassetto. Ora ti scava e ti scopa, davvero ti
scopa, senza che tu possa avvertirne il percorso, un inizio e una fine per
essere brava, ad attutire i colpi e lasciarlo salire, dentro la tua
richiesta di non risparmiare un frammento, di non tralasciare un brandello
di pelle.
Ti infila e ti scopa davvero ti scopa, nel punto preciso
dove l’anima è carne, dove sono assiepati millenni di dubbi, perché mai
credevi d’essere così aperta, fino al punto di farlo godere, almeno ci
credi sentendo quel grido, che oramai rantolo t’annuncia la fine. Gli dici
di resistere lo preghi d’affondarti, oltre la misura che t’offre e di
dona, di pensarti come il suo desiderio vorrebbe, la sua fantasia
t’immagina soggiogata dal sesso, donna di strada capiente e vogliosa,
fessura che larga gli appare senza più fondo.
Lui t’ascolta e ti
batte, ti stipa nel collo le rinunce e le attese, le facce e le mani che
ora ti passano accanto. Sei certa che da oggi sarà tutto diverso, che la
tua ribellione passa e si fortifica per questo piacere, che sgocciola
linfa e t’inietta la forza d’essere altra. Succede, alle volte succede,
che lo senti ansimare prima del tempo, prima che stavi per abbandonarti
davvero. Se solo avesse aspettato che niente, se solo quel sincronismo
fosse stato perfetto!
T’avvolge di colpo un silenzio ovattato,
pesante di vuoto e di piombo, t’accorgi di fuori che il sole è già alto, e
la luce ti punta il buco di calza, con dentro il contrasto di pelle
bianchiccia. Ora vorresti solo dormire, speri che se ne vada senza
parlare, senza dirti quale scusa gli impedirà di vederti, quali impegni
domani lo porteranno lontano. Speri davvero che se ne vada senza fiatare,
perché a quest’ora i sogni sono come topi, come pipistrelli che si
ritraggono nelle grotte più peste, ed attendono un’altra notte per
tuffarcisi dentro. Come te ora che strizzi gli occhi per vedere solo buio,
ed attendi un bacio sulla fronte, fuori luogo, fuori orario, che sa di
stazione, di perduto per sempre, simile al sapore d’un tonfo d’una porta
che si chiude alle spalle.
E rimane silenzio.
FINE
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