|
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIEPOLICY

IL RACCONTO E' ADATTO AD UN PUBBLICO
ADULTO

LIBERAEVA
L'ANIMA TRA LE GAMBE
"Succede che un giorno ti ritrovi da
sola, a contare le stelle e ricominciare daccapo… Succede che
cammini senza una meta, con un cappello nero e una gonna a pieghe,
che salti e rallenti per non pestare i tombini, per non screpolare
quei tacchi più rossi, che mai avevi messo per uscirci di giorno, e
ti fanno più bella e ti fanno insicura."

Succede che un giorno ti
ritrovi da sola, a contare le stelle e ricominciare
daccapo, ti senti sospesa a galleggiare nel mondo, come
se fossi fatta soltanto di aloni, ripiena di vuoti e di
forme che marchi, e rimarchi ossessiva per non sentirti
da meno, di qualsiasi donna che ora di notte, ascolta un
ti amo di brividi e pelle, e si sente appagata e
ringrazia il destino. Ma tu testarda rimani a contarle,
ti sorprendi a pensare che se fossero dispari, stasera o
domani qualcuno ti chiama, che se fossero pari hai
sbagliato la conta, distratta e sbadata ne hai saltata
qualcuna, quella più bella che ti somiglia, che t’ha
tolto la faccia da sentirti gemella, e allo specchio
riflette il riflesso leggero, d’una voglia lasciata ai
piedi del letto.
Succede che cammini senza una
meta, con un cappello nero e una gonna a pieghe, che
salti e rallenti per non pestare i tombini, per non
screpolare quei tacchi più rossi, che mai avevi messo
per uscirci di giorno, e ti fanno più bella e ti fanno
insicura. Lo incontri per caso alla fermata del trenta,
e ti dice garbato buonasera signora, che stava cercando
una stella stasera, con un cappello di stoffa ed una
gonna leggera. Succede che di colpo ti trovi specchiata,
in due occhi d’azzurro che non conoscevi, a stiracchiare
la notte fino alle ore dell’alba, e rimanere incredula
senza fiatare, come se fuori cantassero uccelli, e tu
potessi ascoltare inconfondibile il vento, o il lento
recedere d’un’alta marea.
Ma davanti a te c’è
soltanto un appiglio, una faccia di uomo a forma di
treno, che prendi per sentire netto l’odore di casa, per
sentirti di nuovo una donna normale. Lo guardi e ti
lasci annusare, ma sai già che rimarrà soltanto per ore,
che ci vorrà del tempo per sentirlo vicino, che il suo
fiato pesante diventi inodore, e non ti faccia strano
quel ghigno che ora, sa solo di voglia di uomo che
chiede, che se poco volessi e t’abbandonassi all’idea,
già starebbe a schiacciarti l’anima e il cuore. Ma
succede lo stesso davvero succede, anche se giuri di non
averlo previsto, che le tue gambe impazienti ed
inquiete, possano frivole accavallarsi di colpo, e il
tuo smalto possa fare contrasto, contro la trama velata
d’un nylon intenso, che ti snella le gambe e le fa più
civette.
Lui ti guarda gli orli e i contorni,
come se ad un tratto dovesse spuntare, una passione di
carne e magari di tette, perché altro non chiede, e
nient’altro stasera avevi immaginato di dare. Chissà che
direbbe se sapesse davvero, che lui o un altro sarebbe
stato lo stesso, che è qui per riempire soltanto un
divano, e parlare parlare fino all’alba domani, e
scoprire la gioia di dormire di giorno, per sentire da
dentro che lievita amaro, il rimpianto più aspro di non
esserti data, di non aver ceduto all’amore che
ingiallisce la stoffa. Ma tanto sai già che non succede,
perché la camicetta crema che porti, ha soltanto uno
sparuto bottone, e l’anima dentro neanche una lampo, che
ti darebbe fastidio in questo momento, se solo per caso
stringessi le gambe. Ma tu non le stringi! Perché
autonome sanno muoversi a modo, sanno far scivolare una
gonna di raso, fino al punto d’apparire intriganti, più
di quanto non sarebbero nude.
Succede, eccome
succede, mentre guardi il soffitto e senti i suoi fiati,
i mugugni che ansimano senza misura, e ti dicono bella
come se davvero lo fossi, e ti piace e t’incanta
sentirtelo dire, mentre una mano t’arriccia la gonna, e
l’altra è arrivata dalle parti del cuore. Lui si fa
intenso deciso e più grande, di sicuro crede che un po’
troia ci sei, nonostante gli hai raccontato per filo e
per segno, perché ti ritrovi da sola a passare le notti.
Davvero ci sei! Perché le parole sono finite da tempo, e
le tue gambe s’aprono senza aspettare, altre albe e
tramonti o una stella che cade, o qualsiasi pretesto che
giustifichi in parte, questa porzione di carne che dai e
non dai.
Succede che magari lo supplichi e
chiedi, d’essere all’altezza d’una qualunque, che
soffoca urla a suo marito che incede, pensando a suo
figlio che dorme accanto. Succede che gli chiedi di
andare più oltre, d’affondare nella voragine dove ora li
senti, che girano concentrici i giorni infiniti, i mesi
e gli amori ormai persi nel tempo. Ma dura solo qualche
secondo, la misura d’un piacere atteso da sempre. Poi
succede e succede che ti ritrovi a pensare, a guardare
la luce che filtra da fuori, che tutto è servito per
passare una notte, che ci saranno altre notti identiche
a questa, ma i giorni gireranno come quelli passati,
vuoti nel ventre e pieni sotto i capelli, perché di
sicuro non hai più vent’anni, e la voglia di credere s’è
affievolita spirando, che da qualche parte sperduta del
mondo, ci possa essere un abbozzo d’amore, che vada
oltre questi occhi e quest’alba, che ora ha riempito la
tua sala da pranzo.
Succede eccome succede, di
rassegnarti all’impeto che ora ti assale, in balia d’un
capriccio che ti distende e ti volta, che ti riempie nel
posto dove per tutta la notte, hai raccontato di lui e
dell’altra, ed ora non serve che a dargli piacere, a
farlo sentire più uomo perché porti il rossetto. Ma non
gli basta e non ti basta! Succede che t’accarezza la
testa, ti liscia i capelli e quasi ti guida, per
immaginarti obbediente e inesperta, come una bimba
all’ora di pappa, come ora che ci metti te stessa, per
sentire parole che ti dicano brava.
Lo senti che
ora si irrigidisce, che sta pensando cosa può ancora
ottenere, con quale parola ti si ritorce l’orgoglio, o
ti fa piacere che la ripeta ogni volta. Ma il tuo amor
proprio s’è assopito di colpo, e ti chiedi di quanti
uomini dovrai sentire il sapore, fiati di baci che ti
tempestano il collo, e poi giù dritti verso l’oblio,
verso l’unico paradiso che ora conosci, dove saresti
disposta a spergiurare convinta, che nessun’altro è
arrivato dove ora ti tocca, o hai desiderato alla stessa
maniera.
E lui è lì che si fa grande, imperatore
di mare padrone di terre, compresa la tua landa desolata
per mesi, che se stasera non fosse successo per caso,
l’avresti abbellita col gusto che ti distingue, con le
mutande sempre le stesse, che riponi gelosa in fondo al
cassetto. Ora ti scava e ti scopa, davvero ti scopa,
senza che tu possa avvertirne il percorso, un inizio e
una fine per essere brava, ad attutire i colpi e
lasciarlo salire, dentro la tua richiesta di non
risparmiare un frammento, di non tralasciare un
brandello di pelle.
Ti infila e ti scopa davvero
ti scopa, nel punto preciso dove l’anima è carne, dove
sono assiepati millenni di dubbi, perché mai credevi
d’essere così aperta, fino al punto di farlo godere,
almeno ci credi sentendo quel grido, che oramai rantolo
t’annuncia la fine. Gli dici di resistere lo preghi
d’affondarti, oltre la misura che t’offre e di dona, di
pensarti come il suo desiderio vorrebbe, la sua fantasia
t’immagina soggiogata dal sesso, donna di strada
capiente e vogliosa, fessura che larga gli appare senza
più fondo.
Lui t’ascolta e ti batte, ti stipa nel
collo le rinunce e le attese, le facce e le mani che ora
ti passano accanto. Sei certa che da oggi sarà tutto
diverso, che la tua ribellione passa e si fortifica per
questo piacere, che sgocciola linfa e t’inietta la forza
d’essere altra. Succede, alle volte succede, che lo
senti ansimare prima del tempo, prima che stavi per
abbandonarti davvero. Se solo avesse aspettato che
niente, se solo quel sincronismo fosse stato perfetto!
T’avvolge di colpo un silenzio ovattato, pesante
di vuoto e di piombo, t’accorgi di fuori che il sole è
già alto, e la luce ti punta il buco di calza, con
dentro il contrasto di pelle bianchiccia. Ora vorresti
solo dormire, speri che se ne vada senza parlare, senza
dirti quale scusa gli impedirà di vederti, quali impegni
domani lo porteranno lontano. Speri davvero che se ne
vada senza fiatare, perché a quest’ora i sogni sono come
topi, come pipistrelli che si ritraggono nelle grotte
più peste, ed attendono un’altra notte per tuffarcisi
dentro. Come te ora che strizzi gli occhi per vedere
solo buio, ed attendi un bacio sulla fronte, fuori
luogo, fuori orario, che sa di stazione, di perduto per
sempre, simile al sapore d’un tonfo d’una porta che si
chiude alle spalle. E rimane silenzio.
|
Questo racconto
è opera di pura fantasia. Nomi, personaggi e
luoghi sono frutto dell’immaginazione
dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari e
persone è del tutto casuale.
© All rights
reserved LIBERAEVA
LEGGI GLI ALTRI RACCONTI
© Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore


Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori. Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti

|
|