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INTERVISTE IMPOSSIBILI

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Sibilla Aleramo
Un viaggio chiamato amore





 (Alessandria, 14/8/1876 – Roma, 13/1/1960)
Pseudonimo di Rina Faccio. Scrittrice italiana, ma soprattutto donna
anticonvenzionale, bella, intelligente, libera da schemi e
pregiudizi si tirò dietro le critiche della parte più bigotta della società.
Prezzolini la definì "lavatoio sessuale della cultura italiana"



 

Le biografie ci raccontano che non visse un’infanzia serena… Mia madre non stava bene, ricordo come fosse oggi la volta che si gettò dal balcone di casa. Soffriva di crisi depressive e di conseguenza il rapporto con mio padre fu un vero fallimento.

Lei come reagiva? Cercavo di trascorrere la maggior parte della giornata fuori casa. A 16 anni cominciai a lavorare come contabile nell’azienda di mio padre. Adoravo mio padre era un uomo fortemente anticonformista.

Nella sua vetreria però le accadde un fatto a dir poco increscioso… Ero ancora giovanissima e fui stuprata da un impiegato, Ulderico Pierangeli. Purtroppo rimasi incinta e fui costretta a sposarlo.

Abortì vero? Non portai a termine la gravidanza, ma furono per me giorni infelici, prigioniera di un matrimonio non voluto e di un marito manesco. Cercai in una nuova gravidanza la via di fuga, ma la nascita di Walter non migliorò più di tanto le cose.

Tentò il suicidio vero? Il culmine del mio disagio fu quando tentai di avvelenarmi. Poi ritrovai me stessa scrivendo racconti e collaborando con riviste femminili.

In seguito migliorarono i rapporti con suo marito? Assolutamente no! Io volevo separarmi, ma fui costretta a rimanere a forza di percosse, finché non 1901 presi tutto il coraggio ed abbandonai la famiglia. Fu una decisione sofferta perché significava non vedere più mio figlio! Lo rividi solo dopo trent’anni, nonostante avessi a lungo lottato per ottenerne la custodia.

Da sola cosa fece? Mi trasferii a Roma tentando di ricostruire la mia vita. Mi dedicai alla stesura del mio libro Una donna, che uscì nel 1906. Per il resto vissi una vita randagia Roma, Firenze, Milano, Parigi, ma anche sentimentalmente non prendevo pace.

“Una donna” la rese famosa… Sin da subito il libro ottenne un notevole successo forse perché era una testimonianza coraggiosa della condizione femminile e una critica al rapporto coniugale oppressivo e frustrante.

Il suo rapporto con il poeta Dino Campana? Lo conobbi durante la prima guerra mondiale. Era uno dei pochi uomini che in quel periodo non era al fronte in quanto gli era stata diagnosticata una malattia mentale.

Ma sbocciò ugualmente l’amore… Eh già. Una grande, ma lacerante passione! Nonostante avessimo due caratteri completamenti diversi, io estremamente mondana e frequentatrice di salotti, lui schivo e appartato. Tra le altre cose vedeva la nostra relazione solo dall’aspetto fisico ed io ne soffrivo.

Quindi un rapporto molto tormentato? Ci battevamo ogni giorno. Mi faceva rabbia che non volesse curarsi. Lo portai anche da un noto psichiatra dell'epoca, ma senza risultato.

Femminista, pacifista… di lei si dice soprattutto che fu una donna anticonvenzionale… Diciamo che non mi adattai mai ai ruoli femminili tradizionali.

Ma anche bella, intelligente, libera da schemi e pregiudizi.. Ero molto desiderata ed ebbi intense e romantiche storie d’amore.

Com’era il suo rapporto con il mondo maschile? Ho sempre rivendicato la diversità femminile, credo che, ancora oggi, tra uomo e donna ci sia una spiritualità diversa. Le donne sono intuitive e hanno un contatto immediato con l'universo producendo così una poesia sconosciuta al mondo maschile.

Giuseppe Prezzolini la definì "lavatoio sessuale della cultura italiana"… Beh mi tirai dietro molte antipatie specialmente dalla parte più bigotta della società. Prezzolini lo disse per via delle mie amicizie femminili, quella con Eleonora Duse divenne di dominio pubblico.

Fu persino arrestata, vero? Sì, ero firmataria del Manifesto degli intellettuali antifascisti e amica di Anteo Zamboni, l'attentatore del duce.

Dopo quell’episodio cambiò radicalmente il suo orientamento politico.. Chiesi ed ottenni un colloquio con Benito Mussolini. In seguito mi fu concesso un mensile di mille lire ed un premio di cinquantamila lire dall’Accademia d’Italia. Ebbi anche un relazione breve, ma intensa con Julius Evola. Nel 1933 mi iscrissi all'"Associazione nazionale fascista donne artiste e laureate".

Nel 1936 si innamorò di Franco Matacotta… Franco era uno studente di quarant'anni più giovane di me. Rimasi legata a lui per 10 anni. Io sessantenne, lui ventenne fu un rapporto molto conflittuale con tutte le tensioni derivanti dalla disparità anagrafica e dalla differenza intellettuale.

Un’ultima domanda, lei nei suoi romanzi ha sempre parlato ed in maniera dettagliata di tutti i suoi amori… Come mai? Perché credo in fondo che la vita sentimentale e la letteratura siano legate in modo inscindibile.



Al termine della seconda guerra mondiale si iscrisse al PCI, impegnandosi intensamente in campo politico e sociale e collaborando con l'Unità. Morì a Roma il 13 gennaio del 1960, dopo una lunga malattia e senza mai aver smesso di scrivere il suo diario di vita. Aveva 83 anni.



  
























 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sibilla_Aleramo
http://www.letteraturaalfemminile.it/aleramo.htm
http://www.arangioruiz.org/sibilla/vita.htm



IMAGE GOOGLE
FOTO COPERTINA LAURA MORANTE E STEFANO ACCORSI IN
"UN VIAGGIO CHIAMATO AMORE"

LiberaEva

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