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RACCONTO 
Greta Garbo
La Divina
"Vorrei solo essere sola" Greta Lovisa Gustafson è stata una fra
le attrici più note in campo internazionale del '900. «Greta Garbo
ha portato al cinema un senso di poesia che nessun altro ha mai
saputo raggiungere. Forse, solo Charlie Chaplin» (Truman Capote)
(Stoccolma, Svezia, 18 settembre 1905 - New York, USA, 15 aprile
1990)

E' un onore per me intervistare La Divina sfuggita
sempre alla notorietà. La sua ultima intervista risale
al 1929 al cronista del New York Times Mordaunt Hall.
Sono in soggezione, la sua figura emana un glamour
inconfondibile, impreziosito dalle fattezze del viso
quanto mai espressivo. Il suo carisma è intatto, quel
carisma che ha sedotto generazioni di appassionati di
cinema. Forse è proprio per questo che l'hanno chiamata
"la divina", perché donne così non ne esistono. In lei
c'è il duplice aspetto di dominatrice e dominata.
Mi riceve nella sua villa poco fuori New York, fuori
dalla finestra scorgo un pastore tedesco che gioca con
un bastone tenuto in mano da un inserviente in livrea.
La guardo senza farmi accorgere, non sembra una
donna, ma un angelo... La sua gelida bellezza senza
tempo, la sua voce sensuale, il suo sguardo magnetico,
la classe innata. Nonostante io sia a due passi da
lei, mi sembra di vederla attraverso lo schermo, sfumata
in un bianco e nero onirico, con il suo alone di
mistero, dea irraggiungibile e nello stesso tempo già
raggiunta. Stiamo gustando un caffè americano, ecco
anche in questo frangente vedo il suo enorme talento
drammatico! Una grande donna in natura che mai una
macchina da presa ha avuto l'onore di riprendere.
Parla con un filo di voce ed io mi adeguo, quasi
sussurro le domande.
Madame, lei nasce in Svezia
da una famiglia di origini molto umili. Sono figlia
di un netturbino e di una sarta, mia madre veniva dalla
Lapponia e nei periodi di magra era costretta a fare la
donna di servizio.
Come era Greta da piccola?
Ero una bambina dal carattere malinconico e piuttosto
chiuso. Preferivo restare sola appartata a fantasticare
piuttosto che giocare con i miei coetanei.
E’
vero che non considerava i suoi coetanei all’altezza
delle sue fantasie? No, mi ritenevo una bambina come
tutte le altre, però mi capitava spesso di sentirmi un
attimo prima molto felice e subito dopo molto depressa.
Questo chiaramente disorientava i miei piccoli amici.
Ho letto che preferiva fantasticare anziché
giocare. E’ vero? Il mio gioco preferito era fare
teatro, recitare e organizzare spettacoli nella cucina
di casa. Adoravo truccarmi e mettermi addosso abiti
vecchi, rovistare nel baule delle meraviglie, per poi
immaginare drammi e commedie.
Ancora
quindicenne, alla morte di suo padre, dovette
abbandonare la scuola… Purtroppo sì. Ricordo che
poco prima della sua morte lo accompagnai in ospedale e
qui fui sottoposta ad una serie di domande. La direzione
dell’ospedale voleva accertarsi se la mia famiglia fosse
in grado di pagare la degenza. Per me fu umiliante! Da
quel giorno giurai che avrei guadagnato tanti soldi
senza più subire simili mortificazioni.
Iniziò a
lavorare? Dapprima nella bottega di un barbiere, ma
non mi piaceva, e andai a fare la commessa nel più
grande emporio di Stoccolma: il Pub. Comunque
consideravo questi lavori come un passaggio obbligato
nel percorso della notorietà.
Infatti tra i
reparti del Pub conobbe il regista Erik Petshler...
Erik mi aveva già notata in alcune foto pubblicitarie
che reclamizzavano il grande magazzino. Ma l’incontro fu
decisamente casuale. Quando entrò nel reparto di
modisteria fui io stessa a servirlo. Cercava cappelli
per un film ed io mi divertii un mondo con lui e
ripensai a quando rovistavo nel baule delle meraviglie
in cerca di un vestito, un cappello, uno straccetto che
caratterizzasse il mio personaggio.
E’ vero che
sfrontatamente gli chiese di poter partecipare ad uno
dei suoi film? Lui fu impressionato dai miei modi
gentili, rimase un attimo interdetto, mi scrutò da capo
a piedi e subito dopo mi diede il suo assenso, per me
inaspettato. Feci salti di gioia. Ricordo che chiesi
subito alla direzione un anticipo di ferie, ma mi venne
negato! Allora decisi di licenziarmi per inseguire il
mio sogno.
Diventaste subito amici? Grazie a
lui feci i primi passi nel mondo nel cinema, dapprima
con piccole particine e via via con ruoli sempre più
importanti.
Da come la racconta sembra che il
passaggio sia stato molto agevole. No, no, anzi…
Dovetti superare prima una dura selezione. A fatica
riuscii a vincere un concorso che mi consentì di
studiare gratis per tre anni all'Accademia Regia di
Stoccolma.
Lì incontrò Mauritz Stiller, regista
eccentrico e trasgressivo. Mauritz era un finlandese
renitente alla leva. Si era rifugiato in Svezia. Quando
lo conobbi aveva quarant'anni ed io diciotto. Lei
capisce vero? Al tempo godeva già d'una certa notorietà
e era considerato un innovatore della tecnica
cinematografica.
Stiller sarà il suo maestro e…
non solo Esercitò una profonda influenza su di me sia
dal lato professionale che emotivo.
Nasce Greta
Garbo. Su consiglio di Stiller decisi di cambiare il
mio nome in Greta Garbo, ispirandomi al nome del re
ungherese del secolo XVII Bethlen Gabor.
Madame,
dicono di lei che abbia inventato uno stile nel vestire.
La cosa non fu del tutto consapevole. Era il mio modo
abituale indossare giacche di taglio maschile,
pantaloni, camicia e cravatta.
Insomma un
personaggio che la fa conoscere oltre i confini! Nel
1925 venni chiamata in Germania per interpretare Die
freudlose Gasse (ndr. La via senza gioia) di Georg W.
Pabst. Un complicato melodramma dove però riuscii a dare
il meglio di me stessa. Quel film mi lanciò verso un
futuro hollywoodiano strappando un contratto alla MGM
Hollywood la trasforma in un mito! Mio malgrado.
Nei primi anni ricordo, scrivevo lettere disperate ai
miei amici svedesi, dicendo di essere scontenta dei miei
primi film. Assolutamente non mi piacevano quei film
americani!
Scontenta ma anche caparbia!
Dovetti aspettare quattro anni e interpretare ancora
sette film muti prima di venire impiegata in un film
sonoro. Mi misi a studiare l’inglese per migliorare il
mio accento. E finalmente mi capitò l’occasione in Anna
Christie, dove entrando in uno squallido bar del porto
dissi le mie prime parole al barista Jimmy: “Un whisky
con ginger-ale a parte. E non fare l'avaro!” Fu un
sogno!
Si alza e tira fuori da un cassetto vecchi
rotocalchi dell’epoca. Mi mostra i titoli a caratteri
cubitali delle prime pagine: "Garbo talks!", ovvero "la
Garbo parla!".
In soli dieci anni interpretò una
ventina di film. La sua figura è legata ad un unico
ruolo, quello della seduttrice dalla vita tormentata e
destinata ad una fine tragica. Mi offrivano parti da
vamp seducenti e distruttive, prive di scrupoli, che io
detestavo. Avrei voluto interpretare ruoli più aderenti
alla mia personalità. Ed invece finivo per essere una
spia, una regina del doppiogioco, un’assassina,
un’aristocratica, moglie infedele, ammaliatrice e donna
irresistibile, cortigiana e prostituta…
Perché
secondo lei le offrirono solo ruoli da femme fatale?
Io chiedevo di essere svincolata da questo ruolo
riduttivo ma loro erano convinti che l'immagine da
eroina positiva non mi si addicesse.
Sono
di questo periodo: La regina Cristina, Anna Karenina,
Margherita Gautier, Mata Hari, Maria Walewska… Come
vede ruoli sempre uguali che cominciavano a starmi
stretti. Cercai di dare il massimo nonostante
l'ordinarietà della sceneggiatura e soprattutto la
presenza di partner che non erano all'altezza.
Ma al pubblico piaceva... immediatamente conquistò le
platee di tutto il mondo, grazie alla sua bellezza
gelida e raffinata.. tanto che i suoi fans le
attribuirono l’appellativo di "Divina". Spero anche
per la mia recitazione! In fin dei conti riuscivo a
passare con disinvoltura dai ruoli drammatici a quelli
sentimentali.
La famosa bellezza della
sofferenza? I critici del tempo dicevano che dovevo
la mia fortuna alla magia del mio sguardo che riusciva a
trasmettere contemporaneamente dramma e voluttà. Insomma
un incrocio tra la femme fatale peccaminosa e la vergine
innocente predisposta al sacrificio.
La stampa
rosa d'ogni tempo si è sperticata a studiare al
microscopio le sue tendenze sessuali Ero gelosa della
mia vita privata. Non concedevo mai interviste e non
posavo per servizi fotografici. I fotoreporter di sempre
si dovettero accontentare della mia immagine di
sfuggita, mentre, avvolta in un cappotto lungo fino ai
piedi, grossi occhiali da sole e il capo avvolto in
un'ampia sciarpa, uscivo di casa per recarmi a fare la
spesa.
Proprio alla sua riservatezza è dovuta la
leggenda Garbo. Per difendermi dai pettegolezzi,
quando giravo, chiedevo che il set fosse inaccessibile a
chiunque, tranne naturalmente per il regista,
l'operatore e gli attori che dovevano partecipare alla
scena. Arrivavo al punto di far recintare il set con una
tenda scura... Se qualche estraneo riusciva ad imbucarsi
smettevo immediatamente di recitare e mi rifugiavo nel
camerino.
Una dura battaglia contro lo "Star
System"? Detestavo la pubblicità, odiavo le
interviste e soprattutto non sopportavo la vita mondana.
Lasciò il cinema ancora giovane, nel 1941, a
soli 36 anni Decisi di abbandonare le scene dopo
l’infelice esperienza di Two-Faced Woman (ndr. Non
tradirmi con me) di George Cukor. Si rivelò un fiasco di
pubblico e di critica! Ma soprattutto volevo lasciare
una mia immagine giovane, inorridivo invecchiare davanti
al mio pubblico.
E’ vero che disse: "In questo
crudo nuovo mondo non c'è più posto per me"? Sì
esatto e non era una battuta di un film come qualcuno
scrisse più tardi.
Come fu il suo rapporto con
l’America. Mi sono sentita sempre ospite. Avevamo
mentalità diverse. Ma nel 1951 presi la cittadinanza.
Fu nominata tre volte all'Oscar ma non l'ottenne
mai. Come detto non facendo parte dello Star System
era estremamente difficile ottenerlo. In quelle
condizioni le mie colleghe concorrenti ebbero gioco
facile, anche se nel 54 rimediarono con un Oscar alla
carriera. Naturalmente non partecipai alla cerimonia del
ritiro.
Posso chiederle del suo rapporto con
Marlene Dietrich? I giornali rosa si sono sempre
divertiti a vederci un’amicizia… come dire… oltre
l’amicizia… Sorseggia il suo caffè. Capisco che devo
passare ad un’altra domanda.
Si dice che
l’appassionava, in privato, fumare pipe lunghe da uomo.
Alza lo sguardo, i suoi occhi sono gelidi. Mi
scusi, ma la mia vita privata rimane privata anche ora.
In questo non sono per nulla cambiata!
Si
alza facendomi capire che l’intervista è finita. Va
verso la finestra. Accenna ad un impercettibile sorriso
quando vede il suo cane giocare. Dopo alcuni secondi una
cameriera apre la porta, capisco che devo andare. La
saluto e lei gentilmente risponde anche se non si volta.
Mentre scendo le scale, sbircio il mio blocco note, eh
già, rimanevano solo domande sulla sua vita privata… Sui
suoi grandi amori: Maurice Stiller, John Gilbert,
Leopold Stokowski. Sulla baronessa Olga de Rothschild.
Sui suoi amori giovanili, della strana amicizia che la
legò a Mimi Pollak, una sua compagna all'Accademia
d'arte drammatica di Stoccolma. E poi di Mercedes de
Acosta, se è vero che si divertivano a fotografarsi
nude….
Nel 1950 la rivista Variety la nominò
migliore attrice dei primi cinquant'anni del secolo.
Condusse, da allora una vita assolutamente riservata,
sfuggendo alla caccia di cronisti che invano tentarono
d'avvicinarla. La Divina, ormai, apparteneva al mito
e all'immaginario collettivo. Lascerà per sempre il suo
amato pubblico, quel pubblico che grazie a lei aveva
tanto sognato. Non a caso i rotocalchi titolavano "La
Garbo è eterna perché eterni sono i sogni degli uomini”.
Il decesso avvenne il giorno di Pasqua del 1990, era
il 15 Aprile, al Medical Center di Manhattan. Aveva
ottantaquattro anni. In perfetta sintonia con l'alone di
mistero che da sempre le era stato compagno, ha imposto
il silenzio sui particolari del decesso dovuto ad una
malattia che per lungo tempo l'aveva stremata.
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L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA E' STATA REALIZZATA
GRAZIE A: www.culturagay.it http://pattori.net/pattori
http://it.wikipedia.org http://it.lesbianas.tv
www.nonsolobiografie.it http://biografie.leonardo.it


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