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INTERVISTE IMPOSSIBILI

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Elsa Morante
L’amore disperato
(Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985)
Scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice italiana, considerata da
alcuni critici una tra le più importanti autrici di romanzi del secondo dopoguerra.



 

 

Buongiorno madame, le sue origini?
Sono nata a Roma il 18 agosto del 1912 al n. 7 di via Anicia e trascorsi la mia infanzia nel quartiere popolare di Testaccio.

I suoi genitori?
Sono figlia naturale di Irma Poggibonsi, una maestra ebrea originaria di Modena, e di Francesco Lo Monaco un impiegato delle poste, ma alla nascita fui riconosciuta da Augusto Morante, marito di mia madre e sorvegliante in un istituto di correzione giovanile.

Strana questa storia…
Direi di una semplicità estrema. Augusto Morante, il marito di mia madre, era impotente, per cui per non perdere la faccia davanti a vicini e parenti aveva preteso che la moglie, ovvero mia madre, rimanesse incinta di un altro uomo. Mia madre a quel punto scelse un vicino di casa, alto, biondo e con gli occhi azzurri di origini siciliane. Questo rapporto ad intermittenza nel corso degli anni produsse ben cinque figli!

Praticamente ha avuto due padri…
Direi nessuno perché disprezzavo mio padre legittimo e consideravo un estraneo quello naturale.

… ma aveva dei fratelli…
Crebbi nella casa di Augusto insieme ai miei fratelli più piccoli Aldo, Marcello e Maria, tutti riconosciuti da Morante, ma figli di Francesco Lo Monaco il quale morì suicida nel 1943. Un fratello più grande morì appena nato.

La sua infanzia?
Per motivi di salute non frequentai le scuole elementari, ma studiai privatamente, trascorrendo parte dell’infanzia presso la mia madrina, Maria Guerrieri Gonzaga, in una villa sulla via Nomentana.

Iniziò giovanissima a scrivere…
Scrivevo filastrocche e favole per bambini, poesiole e racconti brevi. Ebbi la fortuna di vederli pubblicati su varie riviste, tra le quali il "Corriere dei piccoli", il "Meridiano di Roma", "I diritti della scuola", e soprattutto "Oggi" sulla quale scrissi anche con uno pseudonimo maschile: Antonio Carrera. Purtroppo la mia formazione si interruppe con il diploma liceale. Mi ero iscritta all’Università nella facoltà di Lettere, ma la scarsità di mezzi economici della mia famiglia mi impedì di continuare gli studi.

Il suo primo libro?
Fu una raccolta di racconti giovanili, Il gioco segreto, pubblicato nel 1941 da Garzanti. Seguito l’anno dopo da un libro per ragazzi, intitolato Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina, pubblicato da Einaudi.

In quel periodo già viveva sola…
Abitavo da sola già negli anni Trenta in un piccolo appartamento molto grazioso in Corso Umberto mantenendomi con la redazione di tesi di laurea, dando lezioni private di italiano e latino e collaborando appunto con riviste e giornali. Per mantenermi da sola non avevo di che mangiare. Firmavo cambiali a ripetizione ed ero sempre piena di debiti!

In quel periodo, uno dei suoi amanti, Richard T. M l’accusa di essersi dedicata al meretricio…
Ripeto ero assediata dalle preoccupazioni economiche, tanto che fui costretta a a ricevere denaro da amici con i quali facevo sesso. Richard lo venne a sapere e iniziò a rinfacciarmi questa cosa.

Nel 1936 conobbe lo scrittore Alberto Moravia…
Avevamo una amicizia in comune, il pittore Giuseppe Capogrossi. Lui era già famoso in quanto aveva scritto nel 1929 Gli indifferenti e per me fu un onore conoscerlo. Ci frequentammo, entrammo in sintonia, ci sposammo il 14 aprile del 1941, il giorno di Pasquetta, in una cappella della chiesa del Gesù, a Roma. Il rito fu celebrato da padre Pietro Tacchi Venturi, mio confessore e guida spirituale.

Lasciò definitivamente la sua bella casetta…
Oh sì andammo a vivere nel verde di Villa Borghese in un piccolo appartamento di via Sgambati. Proprio in quella casa iniziai a scrivere il mio primo romanzo Menzogna e sortilegio, purtroppo dovetti interrompere la stesura per sfuggire alle rappresaglie dei nazisti.

Sia lei che Moravia eravate di religione ebraica…
Lasciammo Roma in fretta e furia già occupata dai nazisti, prendemmo un treno al volo direzione Napoli, ma giunti a Fondi, il treno non poté proseguire a causa della linea ferroviaria interrotta: costretti a scendere dal treno, arrivammo a piedi sulle montagne della Ciociaria nel paesino di Sant’Agata dove trovammo ospitalità fino alla fine della guerra.

La vostra era una relazione complicata vero?
Tornammo a Roma nel '44 esausti. Sì il rapporto tra noi era difficile, alternavo momenti di comunicazione intensa ad altri di distacco e malessere. In me il bisogno di autonomia contrastava con una forte esigenza di protezione e di affetto. Il nostro rapporto ne risentiva. Erano frequenti fughe e ritorni, distacchi e riavvicinamenti, scenate, dispetti, ma anche furibondi litigi in pubblico. Anche lui era un tipo instabile, a volte scappava per altri lidi… poi tornava e mi diceva che bisognava finirla e poi mi pregava di non finirla per carità.

Moravia desiderava un figlio da lei, vero?
La richiesta non fu mai diretta, anche perché lui sapeva benissimo le mie incertezze: allo stesso momento desideravo e rifiutavo la maternità. Dopo molte titubanze ci rinunciai per sempre e credo sia stata una grossa occasione perduta, ma mi rendo anche conto di essere stata una persona piena di insicurezze con i propri desideri, la relazione col proprio corpo, i fantasmi sessuali dai quali affioravano interrogativi angosciosi, relativi all’infanzia, alla sensualità femminile, all’erotismo, alla vita sessuale ed appunto alla maternità.

Avevate molti amici…
Nella nostra cerchia c’erano stabilmente scrittori, pensatori ed artisti in genere tra i quali Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna, Enzo Siciliano.

Finalmente pubblicò Menzogna e sortilegio…
Per il tramite di Natalia Ginzburg riuscii a pubblicarlo presso Einaudi nel 1948 e nello stesso anno vinsi il Premio Viareggio. Ma a mio marito non piaceva la mia scrittura, mi accusava di raccontare sempre la storia della mia famiglia. In effetti in Menzogna e sortilegio avevo preso spunto da una serie di episodi autobiografici, come, per esempio, l’interesse che la protagonista Anna provava per il bell’Edoardo…

Ottenne anche un discreto successo internazionale…
Sì, fu pubblicato negli Stati Uniti col titolo House of Liars nel 1951 tuttavia non fui soddisfatta della traduzione, che aveva inferto all'originale tagli per circa 150 pagine.

Dopo i vostri successi letterari vi trasferiste in una nuova casa.
Beh sì oramai eravamo due scrittori affermati e con il migliorare della nostra situazione economica, io ed Alberto ci trasferimmo in un attico di via dell'Oca. Quella casa divenne ben presto uno dei più frequentati ritrovi del mondo intellettuale romano.

Si interessò anche al cinema.
Collaborai con Alberto Lattuada in vari progetti, ma fu l’amicizia con Pasolini che rafforzò il mio interesse per il cinema. Feci un breve cameo nel ruolo di una detenuta nel film Accattone del 1961 poi l’aiuto regista, non accreditata, in Vangelo secondo Matteo.

Poi arrivò L'isola di Arturo…
Uscì in Italia nel 1957, sempre per Einaudi, riscuotendo grande successo di pubblico e di critica e vincendo il Premio Strega. Nel 1962 ne fu tratto anche un film omonimo, diretto da Damiano Damiani.

Nel ’60 una nuova casa…
Con Moravia c’eravamo trasferiti in una casa più grande nel quartiere dei Parioli con annessi due studi per entrambi, ma continuavo ad avere l’esigenza di un mio spazio per cui decisi, senza mai abbandonare la residenza coniugale, di trasferirmi in un appartamento tutto per me in via del Babuino.

La relazione con Moravia continuava con alti e bassi?
Oh sì, ma ci separammo definitivamente nel 1962 dopo 26 anni di matrimonio, ma senza mai divorziare. Alberto aveva conosciuto Dacia Maraini, che diventerà la sua compagna fino al 1976.

Anche lei ebbe delle relazioni extra coniugali?
Ebbi una relazione importante con il regista Luchino Visconti. Di lui ammiravo l’orgoglio, la crudeltà, l’arroganza e il suo istinto femminile, del resto sono sempre stata dominata dall’attrazione per uomini impossibili oppure omosessuali. Cercavo la loro amicizia nel desiderio di essere, fra loro, la loro unica donna. Un nodo oscuro e irrisolto che mi portavo dall’infanzia osservando mio padre, Augusto Morante, anche se non ho mai saputo se fosse davvero gay.

C’è un episodio abbastanza gustoso che riguarda il vostro primo incontro, ha voglia di raccontarlo?
Scendevo dal treno, alla stazione Termini. Incrociai Luchino nella hall, l'avevo già visto in compagnia di Alberto, due o tre volte, un saluto, niente di più. Lì alla stazione bevemmo qualcosa poi molto velatamente lui mi chiese se poteva offrirmi un passaggio fino a casa ed io accettai.

Lo desiderava vero?
Il suo sorriso mi faceva sciogliere. Non lo amavo era più che altro un’attrazione sessuale. Insomma salii nella sua macchina di grossa cilindrata. Lui al tempo abitava in via Salaria, ricordo che, ad un certo punto, senza chiedermi il permesso, fece una deviazione per il Pincio e, pur continuando a guidare mi afferrò per il collo e senza dire una parola mi spinse la testa contro la sua patta... Questo fu il nostro primo incontro d'amore...

Quanto durò quella relazione?
La storia durò tre anni e finì nel 1953. Pensi che mi chiamava nel cuore della notte e pretendeva che facessi l’amore insieme a lui nonostante dormissi accanto a mio marito.

Moravia dormiva?
Alberto dormiva o fingeva, non l'ho mai saputo... Durante quei minuti bollenti e pieni di complicità Luchino si eccitava per la situazione e mi faceva promettere che l’indomani lo avrei raggiunto a casa sua ed avremmo fatto l’amore, poi chiudeva la telefonata senza salutarmi.

Nei primi anni sessanta conobbe il pittore newyorkese Bill Morrow…
Lo conobbi a New York durante un viaggio con Alberto, lui aveva ventitré anni. Purtroppo la sorte non fu benevola con lui, nell’aprile del 1962, morì precipitando nel vuoto da un grattacielo.

Suicida?
Forse…

Fu un’esperienza tragica vero?
Molto, ero tormentata dall’ossessione della morte, per questo motivo avevo iniziato a viaggiare, visitai gli Stati Uniti, il Messico, il Brasile, l’India, la Cina, l’Andalusia, il Galles, talvolta con Alberto, altre in compagnia di amici. Ero entrata in una fase di depressione e difficoltà emotive, sentivo un forte desiderio di evasione e la scrittura non mi dava i benefici sperati.

Nel 1974 pubblicò La Storia.
Il libro, pubblicato in edizione economica per mio espresso desiderio, lo ambientai a Roma durante la seconda guerra mondiale ed ebbe un grande successo di vendite, ma ricevetti anche attacchi spietati da parte di molti critici militanti, sia di destra che di sinistra. In particolare Pasolini, mio grande amico, mi accusò pubblicamente di non avere un’ideologia e stroncò il romanzo rimproverandomi lo stile manieristico sia nella costruzione dei personaggi sia nella scelta del dialetto romano, nonché la stessa concezione della storia e delle sue vittime. Quell’intervento mise fine a una lunga relazione intellettuale ed affettiva. Purtroppo non ci fu mai un riavvicinamento prima dell’assassinio di Pasolini avvenuto un anno dopo, il 2 novembre 1975.

E’ vero che impedì a Moravia di sposare Carmen Llera?
Beh ormai ero vecchia, comunque è vero anche se eravamo separati da oltre vent’anni.

Voleva punirlo?
No, ma avevo deciso di incastrarlo per tutta la vita. Sapevo che alla mia morte l’avrebbe sposata e volevo solo rimandare questo scempio. Alberto aveva 45 anni più di lei. Si rende conto? Comunque lui venne a trovarmi in ospedale per chiedermi il divorzio, ma non lo feci parlare anzi gli raccontai per tutto il tempo dell'ultimo incontro con Visconti in piazza San Marco a Venezia.

Soddisfatta madame?
Oh non saprei. Diciamo che la mia vita è stata intensa, tragica e piena di passione, fatta di amori disperati e continui ritorni, ma se fosse stata un mio romanzo, giuro che l’avrei scritta decisamente meglio.


Nel 1982 pubblica sempre con Einaudi il suo ultimo romanzo Aracoeli. Poco prima della fine della stesura del romanzo, cadendo, si procurò una frattura al femore, che la costrinse lungamente a letto. Dopo l'uscita del libro scoprì di essere gravemente ammalata; tentò il suicidio nel 1983 avvelenandosi con il gas, ma fu salvata in extremis dalla sua governante, Lucia Mansi. Ricoverata in clinica, fu sottoposta a una complessa operazione chirurgica, che però non le giovò molto. Morì il 25 novembre del 1985 a seguito di un infarto. Le sue ceneri, per sua volontà, furono sparse nel mare di Procida.





 


 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
https://it.wikipedia.org/wiki/Elsa_Morante
http://www.oilproject.org/lezione/elsa-morante-romanzi-6504.html
http://www.italialibri.net/autori/morantee.html
http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2828&biografia=Elsa+Morante
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/menzogna-masturbazione-amore-elsa-morante-visconti-regista-71878.htm
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