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INTERVISTE IMPOSSIBILI

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Donna Olimpia
La papessa

E' la storia della "Pimpaccia di Piazza Navona", la donna ladra, perversa, avida
di potere e di ricchezze che per un decennio resse le sorti della Chiesa.
Quando sulla città eterna cala la notte, folle di fantasmi di imperatori, papi, prostitute, artisti, santi, signori della guerra, escono fuori ad infestarne le strade e le piazze.



 

 

Donna Olimpia mi appare nel cuore della notte a bordo di una carrozza nera lungo Ponte Sisto.
Ha saputo dell’intervista e mi fa cenno di salire.

“Salga la prego, girare di notte a piedi per Roma non è che sia molto consigliabile.”
La sua faccia è nascosta dall’oscurità, ma vedo che sorride e mi sento a mio agio.
“Poi mi direte perché avete scelto me per questa intervista.” Ride
“Voi non siete romana vero?”
“Provengo da una famiglia di Viterbo ed anche di modeste condizioni.”

“State andando a palazzo?”
“Palazzo Pamphilj è qui vicino, passato Ponte Sisto siamo quasi arrivate.”

“Dicono sia una reggia sfarzosa su piazza Navona!”
“Era di proprietà del mio secondo marito, fratello di sua santità papa Innocenzo X. Purtroppo aveva una trentina di anni più di me, ma morendo mi ha lasciato una ingente fortuna.”
      
“Ho letto la vostra storia, a 16 anni la descrivono come un’adolescente intelligente, ambiziosa e sempre sorridente.”
“Ma ero destinata al convento per via della monacazione forzata.”
Al tempo i genitori costringevano le figlie femmine a prendere i voti per non erodere l’eredità del primogenito, l’unico che aveva il diritto di tramandare il nome e i beni della famiglia.

“E’ vera la storia che per sfuggire al convento avete fatto arrestare il suo precettore accusandolo di molestie sessuali?"
“Era mia intenzione sposare un ricco proprietario terriero e non volevo farmi sfuggire l’occasione.”

“Ma anche lui era molto più anziano di voi.”
“Come primo marito era perfetto per le mie ambizioni.

“Lui muore dopo tre anni quando voi non ne avevate 20.”
“Fu l’epidemia a falcidiare la mia famiglia e mi ritrovai sola e disperata.”

“A questo punto, quale migliore occasione per una ricca ereditiera imparentarsi con una grande famiglia romana: i Pamphili?”
“Ero ricca ma non titolata. Sapesse la gioia di trasferirmi a Roma nello sfarzo di splendidi palazzi di proprietà della famiglia del marchese mio futuro marito! Comunque vorrei precisare a chi mi accusa di avidità, e lo scriva per favore, che la famiglia Pamphili al tempo aveva dei grossi problemi finanziari e il mio denaro fu indispensabile per finanziare la carriera del futuro papa.”

“Ma le vostre vere fortune iniziano quando suo marito Pamphilio Pamphilj passa a miglior vita e voi vi ritrovate di nuovo nell’invidiabile posizione di vedova nonchè cognata del nuovo papa Innocenzo X,  ovvero Giovanni Battista Pamphilj .”
“Non creda, è stato un periodo molto difficile per me e devo ringraziare mio cognato Giovan Battista Pamphili che nonostante la sua posizione mi è stato molto vicino.”

“Si dice anzi che non si muoveva foglia senza il vostro consenso e che il Papa non osava prendere una decisione senza consultarsi con voi.”
“Diventai l'unica persona di cui Sua Santità si fidava ed accettava consigli. Ambasciatori, artisti, mercanti, politici, e tutti i personaggi di rilievo a Roma mi offrivano ricchi doni, per conquistare la mia benevolenza ed essere presentati favorevolmente ad Innocenzo X.”

“Quindi una marionetta nelle mani abili di una burattinaia?”
“Preferirei essere ricordata per l’importante attività di relazioni diplomatiche che diedero nuovo lustro e cospicue ricchezze alla Chiesa.”

“Ma dal popolo non eravate benvoluta!”
“Diciamo che non piacevo affatto.”

“Perché? Pensavano che foste voi a governare?”
“Sapevo di essere impopolare, ma non m’importava poi molto, dato che le mie enormi ricchezze e la mia posizione sociale mi mettevano in condizione di ottenere qualsiasi cosa avessi desiderato, fintanto che avevo per cognato il papa.”

“E comunque il popolo non era certo contento di essere retto da una donna che era stata a sua volta una popolana e che per giunta veniva da un piccolo centro fuori Roma.”
“Credo che sia proprio così, mi soprannominarono Pimpaccia, e su di me fiorirono diverse invettive ironiche. Ogni tanto le leggevo affisse al Pasquino, proprio dietro l'angolo di Palazzo Pamphili .”

“Da dove deriva il soprannome?”
“Appunto da una pasquinata. Venivo definita "Olim-pia, nunc impia.” È un gioco di parole: in latino olim-pia significa una volta religiosa mentre nunc-impia significa adesso empia. Quindi il senso della frase è: Una volta brava e religiosa, ma adesso corrotta e peccatrice!” Ride a voce alta.

“Questo vostro rapporto fa nascere comunque dei pettegolezzi anche a corte. Si sussurra che eravate più che cognati.”
Mi fissa, la guardo.
“Riesco ad intuire il motivo della vostra intervista e prima che continuiate vi rispondo che erano solo calunnie. Non sono mai stata l’amante del papa!”

“Ma avete trascorso ben 15 anni insieme!”
“Su di me si è scritto molto, ma unicamente per scavare nel torbido cercando intrighi inesistenti. Non dimenticate che mi muovevo all’interno del Vaticano in un ambiente esclusivamente maschile per cui mai avrebbero accettato una donna intelligente. Se fossi vissuta nei vostri giorni sarei stata definita una donna volitiva e di temperamento, punto.”

“Siamo nel 1648 quando si conclude la sanguinosa Guerra dei Trent'anni, la pace di Westfalia sancisce, tra le altre cose, la perdita di vasti territori ecclesiastici in Germania.”
“Innocenzo X ha cercato di protestare per l’ingiustizia, ma la voce della Chiesa venne a malapena ascoltata al tavolo delle trattative.”

“Tuttavia è un periodo di decadenza per il papato nonostante Roma sia tutto un fiorire di monumenti e chiese barocche.”
“Abbiamo lasciato alla storia questa piazza meravigliosa.” Mi indica le opere di Bernini e Borromini.

“E’ un caso che il luogo di Roma particolarmente premiato è là dove voi risiedete?”
Ride.
“Non credete che anche per questo motivo il popolo romano non vi abbia amata? La città stava morendo di fame mentre voi vi circondavate di così costose bellezze architettoniche.”
“Lascio il giudizio ai posteri. Non credo che al mondo esista piazza più bella.”

“Si racconta che poche ore prima della morte di Innocenzo avete riempito due casse di monete d’oro.”
“Sapevo che alla sua morte avrei perso tutto, per cui caricai le casse su una carrozza, ma senza fuggire mi allontanai da Piazza Navona.”

“In quel palazzo avevate regnato come una regina. Vi è dispiaciuto?”
“I Pamphili avevano numerose altre proprietà, fra cui una famosa villa alle spalle del Vaticano.”

“Il successore di Innocenzo, Alessandro VII, vi esiliò a San Martino al Cimino.”
“Non solo... Fui invitata a restituire l'oro! Naturalmente mi rifiutai.”

Sopraggiunti a Piazza Navona mi dice:
“Quello è il mio palazzo, naturalmente oggi è tutt’altra cosa rispetto all’antico splendore.”
Nel buio della carrozza mi sembra di intravedere una lacrima che scende discreta.
In silenzio mi fa cenno di scendere, l’intervista è finita.
 
Olimpia Maidalchini “La Papessa” era nata a Viterbo nel 1592.
Muore di peste nel 1657, quattro anni più tardi la morte del papa. Enormemente ricca lascia un'eredità di due milioni di scudi d'oro. Senza dubbio la ricchezza della famiglia Pamphili nasce soprattutto grazie al suo "talento".
A leggere con più attenzione nelle pieghe della sua tormentata vita, si scorgono momenti di dolore e solitudine, come la perdita dell’unico figlio avuto dal primo marito, le difficoltà di inserirsi nel mondo della Corte romana, chiuso e ostile, e la morte di peste affrontata da sola nel grande palazzo di San Martino al Cimino, dove le sue spoglie riposano, vicino all’altar maggiore, sotto una lastra di marmo scuro all’interno dell’Abbazia.
La vitalità di Donna Olimpia rimane comunque nella leggenda popolare romana: sembra infatti che il 7 Aprile - il giorno della morte di Innocenzo - un carro infuocato attraversi le vie del centro fino a gettarsi nelle acque del Tevere.
Lo guiderebbe il fantasma di Donna Olimpia impegnata nell'atto che il popolo le attribuiva più spesso: portar via casse e casse di denaro dai forzieri del Papato...

Quanno er papa su’ parente, stava pe’ mmorì’, lei aspettò che spirasse pe’ portaje via du’ cassóni pieni d'oro, ch'er papa tenéva anniscoste sotto a' lletto.
Se le fece caricà’ su' la caròzza e commannò ar cucchiere che frustasse li cavalli e corésse a rotta de collo.
Anzi, dice, che le casse pesaveno tanto che li cavalli, povere bestie, nu' je la faceveno a spostàsse.
E ancora adesso, si a mezzanotte in punto passate pe' vvia de la Lóngara, sentite ancora e rumore de quella carozza che fugge; e si j'annate appresso pe' la salita de San Pietro Montorio, la sentite uscì' fôra de porta S. Pancrazio, arivà' a villa Panfili, e laggiù in fónno vedete carozza e cavalli scapicollasse e sparì in una gran fiara de' fôco!

  
 
  


 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
f_pollett.tripod.com/romac19i.htm
www.leggendogodendo.com/
www.carpinetoromano.it/
www.scudit.net/
www.belsito.it/
www.raidue.rai.it/



 

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