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INTERVISTE IMPOSSIBILI
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Fillide Melandroni
Il ritratto di cortigiana di Caravaggio
1582 – 1618


 

 

Madame è lei la modella ritratta da Caravaggio nel “Ritratto di Cortigiana”?
Si sono io

Il suo nome?
Fillide Melandroni

Come conobbe Caravaggio?
Per strada, io ero intenta ad adescare clienti, lui si invaghì di me. Comunque ci frequentammo ancora perchè ero amica di Anna Bianchini, al tempo compagna e modella del pittore. Con lui aveva già posato per La Maddalena Penitente e qualcos’altro…

Le sue origini?
I miei genitori erano Enea e Cinzia d’Antonio, mia madre si trasferì a Roma in cerca di fortuna. Qui conobbi Anna Bianchini. Eravamo tutte e due di Siena e diventammo amiche.

Anche lei compagna di letto e cortigiana?
Caravaggio quando si trovava senza un becco di un quattrino frequentava donne di strada. Quando mi notò per strada mi seguì fin dentro un bordello presso Campo Marzio, l’ambiente purtroppo era sporco e privo di igiene. Oltre a me ed Annuccia lui frequentava Maddalena Antonietti, detta Lena, e Domenica Calvi, detta Menicuccia.

Com’era Caravaggio?
Un tipo piuttosto malaticcio. In giro si diceva che avesse la malaria ma in realtà aveva una infezione provocata dalla sifilide cronica, molto diffusa a Roma nel periodo.

Quindi fu una di voi ad attaccargli la malattia?
Guardi che Caravaggio non era un abitudinario durante la stessa notte era capace di passare da un bordello ad un’osteria oppure incontrare per strada le sue amanti vicino ai campi di pallacorda.

Un tipo molto particolare…
Michelangelo era un artista in tutti i sensi. Preferiva bordelli e osterie maleodoranti ai salotti cardinalizi. E noi signorine notturne eravamo disposte a tutto pur di portare a casa qualche quattrino.

Com’era il passaggio da amante a modella?
Il suo studio era sempre aperto. Per me non faceva differenza spogliarmi per fare la modella o altro. L’arte era negli occhi di Michelangelo certamente non nei miei. Era lui che intravedeva nelle mie fattezze una Santa o addirittura la Vergine Maria.

Parliamo di lei madame?
Mi trasferii a Roma verso la fine del 1593 con mia madre e mio fratello Silvio per ricongiungermi ai familiari paterni già a Roma: la zia Piera e il figlio di primo letto di mio padre, Nicola.

Come l’accolse Roma?
Roma al tempo era una città aperta ai pellegrini, ma allo stesso tempo chiusa per chi desiderava viverci. Purtroppo mia madre venne a mancare poco dopo il nostro trasferimento ed io dovetti lottare contro l’emarginazione frequentando insieme ad Annuccia locali malfamati concedendomi a sarti, macellai, osti, qualche prete e alle volte appunto artisti.

Compare in molti rapporti di polizia…
Il mio nome come «Donna Filidia d’Enea Senese» compare per la prima volta in un documento della polizia nel 1594. Nella notte del 23 aprile in compagnia di Anna Bianchini e di due uomini, incappai in una ronda di sbirri dietro al monastero delle monache di clausura di San Silvestro.

E quindi cosa facevate di male?
Assolutamente nulla, si stava là scherzando e ridendo ma purtroppo io ed Annuccia conosciute come prostitute eravamo fuori dai luoghi consentiti al “meretricio”. Gli sbirri ci presero e ci condussero nelle prigioni di Tor di Nona.

Era felice della sua vita?
Oh no, in tutti i modi e devo dire faticosamente cercavo di mantenere una mia autonomia e nel contempo migliorare le mie condizioni di vita. Ma in quelle condizioni non era per niente facile. Nel 1596 mi allontanai dal quartiere malfamato e andai a vivere in via Serena (più o meno l’odierna Via Belsiana ndr.)

Cosa fece per migliorare la sua vita?
Non mi sentivo una prostituta di strada, la mia anima era più di cortigiana per cui chiesi protezione ai fratelli Tomassoni, i quali, grazie alle loro conoscenze altolocate in Vaticano, esercitavano il controllo sul giro di cortigiane della zona per gentiluomini e gente di Curia.

I Fratelli Tomassoni mantennero le promesse?
Beh nulla era gratis, comunque sì, le mie condizioni di vita migliorarono sensibilmente. Smisi di frequentare gente modesta e malavitosi di Campo Marzio, mi trasferii con mio fratello Nicola in San Lorenzo in Lucina e mi permisi una serva.

Si fidanzò vero?
Più o meno… Diciamo che intrattenni una relazione intima con Ranuccio, uno dei fratelli Tomassoni, il quale però dedicandosi a tempo pieno all’attività di protezione delle signorine della zona cadeva in tentazione con altre colleghe.

Lei ne era gelosa?
Ero un tipo molto caldo e quando sorpresi il mio uomo in compagnia di un’altra donna, una certa Prudenza Zacchia, la aggredii tentando di sfregiarle il viso, purtroppo la colpii ad una mano. Le minacciai comunque che se fossi accaduto di nuovo non mi sarei limitata alla mano. Nessuna doveva avere rapporti sessuali con il mio uomo!

Comunque con Ranuccio il suo tenore di vita aumentò notevolmente.
Acquistai visibilità, ormai ero ufficialmente la donna di Ranuccio. Ma come succede spesso attirai anche l’attenzione della polizia.

Cosa successe?
Nella mia casa tenevo spesso feste danzanti e la notte dell'11 febbraio 1599, martedì grasso, i vicini si lamentarono del chiasso proveniente dalla mia casa. Arrivarono gli sbirri e purtroppo vi erano giovani armati e poiché le armi in casa di una prostituta erano vietate, io e Ranuccio venimmo fermati.

Si parla di un rapporto conflittuale tra Tomassoni e Caravaggio prima del fattaccio…
Ranuccio non vedeva di buon grado la mia attività di modella e temeva che con Caravaggio ci fosse qualcosa di più di un rapporto sessuale. E poi aveva il timore che Caravaggio volesse subentrargli come protettore e lucrare sulla mia attività.

Era vero?
Ripeto fui musa del grande pittore ed anche amante, ma tra noi non si istaurò mai un rapporto sentimentale.

Dicono fosse molto bella.
Caravaggio si invaghì della mia bellezza e soprattutto del fatto che la offrivo a poco prezzo. Nacque una simpatia tra noi. Durante un incontro d’amore mi propose di posare per lui. Diceva che adorava le mie chiome scure e lo sguardo profondo, i lineamenti marcati e la bellezza sfrontata.

Come la ritrasse?
Stretta in un bel corpetto ricamato, ornata con fiori sul seno e un ramoscello d’olivo.

Ma il vero scandalo è quando la ritrasse nel 1604 nella magnifica tela: “La Morte della Vergine”
Il dipinto era stato commissionato per la cappella in Santa Maria della Scala, ma poi fu rifiutato dai frati perché Caravaggio mi aveva ritratto troppo somigliante. I frati mi riconobbero e dissero: “Michelangelo Merisi con poco decoro ha ritratto in persona di Nostra Donna una meretrice sozza degli ortacci!” Da quel giorno venni schedata come: «Filida Corteggiana scandalosa».

Riuscì a migliorare la sua vita?
Mi avvicinai alla comunità della parrocchia di San Maria del Popolo curando opere di carità. Tramite questa attività raggiunsi uno status di onorabilità. Riuscii anche ad avere tutta per me una casa in via «Paulina verso Margutta», un bambino adottato, un servitore e una giovane cortigiana, Geronima Ortensia.

Erano lontani i tempi in cui adescava clienti per strada…
Oh sì, addirittura ebbi una relazione con il nobiluomo e scrittore Giulio Strozzi. Di due anni più giovane di me. Strozzi era il figlio illegittimo di un banchiere veneziano e uno dei personaggi di spicco della cultura accademica italiana del primo Seicento.

Strana questa unione tra un accademico e una ex prostituta…
Ci eravamo conosciuti nel 1603 tramite appunto Michelangelo. Strozzi stesso commissionò a Caravaggio un mio ritratto dandomi l’occasione di posare di nuovo per il famoso pittore e soprattutto darmi una nuova immagine di cortigiana onesta.

Quanto durò la relazione?
Addirittura nove lunghi anni, felici e tranquilli. Strozzi mi permise di consolidare le mie condizioni economiche e di trasferirmi nella nuova casa di Via Frattina, dove vissi con la mia serva cortigiana Ortensia Cassia e una mia nipote, figlia di mio fratello.

… ma non vi sposaste…
Non per nostra volontà! Furono i parenti di Strozzi i quali, per scongiurare il matrimonio, chiesero addirittura l’intervento di Paolo V. Il papa non solo proibì il matrimonio ma scrisse: “Tal Fillide famosa cortegiana et mandata fuori di Roma con ordine che non vi debba più tornare.” Dopo la sentenza il mio amato si trasferì a Venezia ed io da parenti a Siena.

L'esilio durò poco...
Sì infatti, tornai a Roma due anni dopo, ma ormai avevo trentasei anni...

Felide morì infatti nella città eterna il 3 luglio 1618 all’età di 36 anni e fu seppellita, secondo le sue volontà, nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Fillide venne però tumulata fuori del sagrato della chiesa perché, priva di confessione e comunione, non poteva trovare sepoltura all'interno dell'edificio sacro.

Nel testamento Fillide dichiara di avere in casa sua un ritratto di mano di Caravaggio il “Ritratto della cortigiana Fillide” che appartiene a Giulio Strozzi al quale deve essere restituito. Non sappiamo se fu lo stesso Strozzi a farne commercio, ma alcuni anni dopo ritroviamo la stessa opera nell'inventario di quadri del Marchese Giustiniani esattamente nel 1638, custodito nel suo palazzo a San Luigi dei Francesi. Venne poi acquistato dal museo di Berlino e purtroppo finì bruciato nel rogo nella torre antiaerea che fungeva da deposito, nel maggio del 1945, quando Berlino era già capitolata.



 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
Laura Corchia http://restaurars.altervista.org/fillide-e-le-altre-le-vergini-del-caravaggio/
http://www.lastampa.it/2010/02/28/cultura/arte/caravaggio-nuova-ipotesi-sulla-morte-jJmpSquf7vfolD7wFQabxI/pagina.html
http://www.cultorweb.com/Caravaggio/Fi.html
Fiora Bellini http://www.treccani.it/enciclopedia/fillide-melandroni_(Dizionario_Biografico)/
https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_di_cortigiana



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