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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
La favola del manichino in tight cheviot


 


Dicevo, non so quanto di vero ci sia in questo sogno, ma mi piace raccontarlo e per questo lo scrivo, e scrivo di questa sera vestita da sposa che raccolgo i capelli e rimango a guardarmi, dentro una cornice d’argento, di uno specchio che mi riflette in penombra, come fossi un quadro d’autore, un vaso di fiori sul comò all’ingresso. Vorrei davvero avere gli occhi di un uomo per guardarmi più bella e sentire il mio seno che obbediente prende la forma, come un cane randagio che sente il calore d’una carezza rubata per strada alla notte.
Dicevo, vorrei avere i capelli più lunghi per farci le onde, per farci la lana morbida ai sogni e sentire il risucchio dell’acqua di mare quando alita il vento, l’incedere lento di mani lasciate giocare, mentre seguono al tatto le mie gambe gemelle, e sentono tra la stoffa un’anima pura, una rosa purpurea che nessuno ha reciso. E vorrei davvero che questo vestito servisse a qualcosa, lo rubo ogni sera per sentirmi più bella, e poi lo rimetto con cura al suo posto, sperando che nessuno s’accorga e la padrona non sospetti mai nulla. Mi licenzierebbe di sicuro, mi caccerebbe all’istante, se sapesse che dentro le sue creazioni, ogni sera ci sguazzo e ci ricamo dei sogni, tra questi manichini che muti mi fanno la corte, tra queste modelle di plastica e legno che mi guardano come muse inquietanti.

Dicevo, sarà che mi lascio poi andare e maliziosa scopro l’effetto, d’un seno accennato dentro lo specchio, e poi rimango ferma ed immobile confondendomi agli altri. Ma c’è uno di loro che ha un ghigno diverso, è alto e biondo, e non l’ho mai visto prima, vestito da sposo, un vero signore, mi guarda, mi scruta come fossi la meglio, come se tra le tante, avesse capito che sono fatta di ossa. Mi faccio coraggio e gli vado vicino, è vestito elegante da sposo novello con un tight nero di stoffa cheviot, gli porgo il mio braccio come farebbe una sposa, poi lo bacio, l’abbraccio ma lui non risponde. Forse è un tacito assenso! Forse vuole che scopra più il seno, forse è solo in posa per la foto di rito, amici, colleghi e parenti più stretti.

Dicevo, stasera sento qualcosa di strano, forse sarà l’emozione, ma mi sembra che lui abbia avuto un sobbalzo, come se respirasse, come se m’apprezzasse per come mi muovo, per come cammino, per come scivola bene il mio vestito sui fianchi.
Sarà, ma lo lascio al suo posto e mi allontano un secondo, oddio ora sento rumori come un fruscio di stoffa leggera, indugio e ora sembrano passi, mi fermo e trattengo il respiro. Sì sono dei passi! Cerco di uscire, ma li sento vicini. La luce s’è spenta e non vedo nessuno, oddio sarà la padrona, sarà il guardiano ed io sono ancora vestita da sposa. Che faccio? Mi chiudo in uno stanzino di prova, ma non ci sono le chiavi, tremo ed aspetto, qualcuno entra, almeno mi pare, mi scova nell’angolo buio, m’accarezza, mi tocca, ma non c’è violenza nei suoi movimenti, non c’è durezza nel tatto, anzi le sue dita sembrano petali di seta, la sua bocca un fiore che si apre all’amore. Mi lascio andare e rispondo ai suoi baci, oddio al tatto riconosco la stoffa, è uno cheviot nero, un tight da sposo, lo stesso di prima accanto a lui per la foto, quando per caso riflesso m’è parso un sobbalzo. Oddio è lui, ma che vado a pensare! No, non può essere lui, ma sento il respiro, un cuore che batte, dei capelli sottili che mi sembrano biondi ed un fiato che scalda quest’anima intatta. So che non è vero, ma lui mi cerca ed io mi faccio trovare nell’istante preciso in cui si schiude il mio fiore e come nei miei pensieri il mio seno prende forma, e dentro le sue mani che sanno di culla s’abbandona come un cane randagio che sente il calore, d’una carezza rubata per strada alla notte.

Sarà che ora accendo la luce, e nessun’altra anima viva alberga in questo posto, testarda cerco ancora poi sorpresa e serena m’affretto, perché sono nuda e cerco il mio vestito, e quello da sposa d’incanto è tornato al suo posto, come il manichino vestito da sposo, lo guardo, è immobile e fisso, Dio quanto è bello e non credo abbia mai fatto un passo.

Sarà ora che per strada cammino e mi sento leggera, mi sento diversa da ogni donna che incontro, da tutte le donne che non sanno sognare, perché stasera davvero ho fatto l’amore, da raccontare soltanto sotto forma di fiaba, perché nessuno mai potrebbe capire, che l’amore quello vero non ha bisogno di parole, ed alle volte può succedere dentro un camerino di prova, e lui è alto, biondo e bello da morire, ed assomiglia come una goccia d’acqua ad un manichino vestito da sposo.
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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo Cristina Venedict

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