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Adamo Bencivenga
Il marito dell'adultera
Joe Stommer è un uomo di successo tormentato dal sospetto che la
moglie Lisa lo tradisca. Tra paranoia e insicurezza Joe si perde in
un vortice di autocommiserazione, fino a scoprire una verità
inquietante su se stesso

Joe Stommer schiacciò la
sigaretta sul pavimento lasciando una piccola macchia
nera sul linoleum consunto. Erano passati quasi sei mesi
da quando aveva ripreso a fumare, un vizio che aveva
giurato di abbandonare dopo la nascita di Tommy, il suo
secondogenito. In quel momento il telefono vibrò
sulla scrivania, era sua moglie Lisa che lo avvisava di
un impegno improvviso in Facoltà e che sarebbe rincasata
più tardi. Joe annuì in silenzio mentre un’ondata di
frustrazione gli montava dentro. Purtroppo Giovanna, la
loro cameriera, era a letto con la febbre. Bisognava
quindi andare a prendere i ragazzi a scuola e portarli
dalla nonna, ritirare le camicie in lavanderia e aprire
a Pony, il loro bastardino nano, per farlo scorrazzare
libero in giardino.
Joe guardò l’ora. Era troppo
tardi per tutto questo, era sempre troppo tardi, tardi
per tutto, anche per fare l’amore. Erano ormai oltre sei
mesi che lui e Lisa non facevano più l’amore e il tutto
era iniziato quando una sera, dopo una cena con amici,
nel bel mezzo dell’amplesso, nel loro grande letto in
ferro battuto, improvvisamente, il suo desiderio era
scemato non riuscendo così a soddisfare pienamente Lisa.
Da quella sera, ogni volta che si avvicinavano a un
momento intimo, lui trovava sempre una scusa per
rimandare, temendo un nuovo fallimento. Ora erano
trascorsi sei lunghi mesi da quella volta, ma i pensieri
che affollavano la testa di Joe Stommer erano
assolutamente gli stessi, anche se ora il problema più
importante per lui non era la sua vitalità, ma la
reazione di Lisa. Lei sembrava non curarsene. Si
comportava con una naturalezza disarmante, come se
l’astinenza non fosse un peso. Questo lo inquietava più
di ogni altra cosa.
Da allora, Joe aveva cercato
risposte online, navigando su siti specializzati per
capire se una donna potesse davvero vivere così a lungo
senza intimità. Ma non era la psicologia femminile a
tormentarlo. Era il sospetto, alimentato da email
anonime che riceveva ogni giorno sulla sua casella di
posta personale. Messaggi brevi, in stampatello, Arial
30: “TUA MOGLIE TI TRADISCE!”. Ultimamente, Lisa
parlava spesso di un collega, un professore di Storia,
divorziato da pochi mesi. “Sono i più pericolosi…” Si
ripeteva Joe, calpestando il mozzicone di sigaretta.
“Sfruttano la compassione delle donne per insinuarsi nei
loro cuori.” Il pensiero che Lisa potesse essersi
confidata con quell’uomo, o peggio, che tra loro ci
fosse un’intesa più profonda, lo consumava. “Di sicuro
avranno già consumato!” Immaginò, fissando il parcheggio
fuori dalla finestra. “Al GreenPark, nella stanza
121, dove altro?” Il GreenPark era un motel sulla
Statale 27, immerso in un parco di tigli storti che si
estendeva verso il mare. Lì, anni prima, lui e Lisa si
erano rifugiati spesso, prenotando sempre la stanza 121,
una casetta isolata, nascosta da arbusti frondosi. Quei
ricordi, un tempo dolci, ora si tingevano di amarezza.
Joe tornò alla sua scrivania, il pensiero fisso
su quei sei mesi senza toccare la pelle morbida di Lisa,
senza sfiorare una donna. Per compagnia gli rimanevano
solo quelle riviste patinate nascoste nell’armadietto
delle scarpe. In ufficio, a volte, si lasciava andare a
qualche ricerca online. Non era la stessa cosa, ma in
quei momenti la sua mente si liberava, e il piacere,
almeno quello, arrivava. Non si sentiva in colpa perché
l’oggetto del suo desiderio restava sempre Lisa, anche
in quelle fantasie solitarie.
A volte, prima di
tornare a casa, prendeva la strada lunga, passando per
una via sterrata vicino a una cartiera abbandonata. Lì,
decine di donne di colore sostavano in attesa di
clienti, con gonne colorate e tacchi vertiginosi. Joe
rallentava, osservandole, ma non si fermava mai. Quelle
donne, con la loro volgare esuberanza, non avevano nulla
a che vedere con Lisa, con la sua eleganza innata, il
suo décolleté discreto, il tacco sofisticato e la calza
velata che accendeva i suoi desideri più profondi.
Nonostante gli anni e i due figli, Lisa restava per lui
l’incarnazione della seduzione.
Joe infilò una
moneta nella macchinetta del caffè, ma ne uscì solo
acqua sporca zuccherata. La segretaria, Patsy, era in
ferie per l’ennesima luna di miele, e nessuno aveva
chiamato l’assistenza. Con un gesto di stizza, spalancò
la finestra e accese un’altra sigaretta. Immaginò Lisa,
con il suo tailleur rosso e nero, la gonna appena sopra
il ginocchio, un cappello a falde larghe che non
possedeva, guanti di rete e smalto rosso fuoco. Nella
sua mente, la vedeva camminare sulla ghiaia del
GreenPark, diretta alla stanza 121, i fianchi morbidi
ondeggianti, i capelli sciolti come seta. Poi,
l’immagine si spezzava: Lisa non era sola, con lei c’era
il professore che le cingeva i fianchi. Una volta
entrati lasciavano la porta socchiusa e lui poteva
vedere il tradimento di sua moglie tra quelle pareti
lilla.
“E se adesso fosse davvero lì con lui?” Si
chiese con il cuore che batteva forte e il sudore che
gli imperlava la fronte. Da ex giocatore di poker, sentì
l’istinto di andare a vedere. Calcolò il tempo: trenta
minuti per raggiungere il GreenPark, con il traffico
della Statale 27. Non aveva prove, ma l’idea di Lisa,
una donna che non faceva l’amore da sei mesi, tra le
braccia di un altro, lo mandava in bestia. “Tutte le
fortune!” Mormorò, sarcastico. Eppure, un lampo di
razionalità lo frenò. Lisa, passionale, ma riservata,
non era il tipo da abbandonarsi a un’avventura.
Controllava regolarmente la sua email e il suo telefono
– un gioco da ragazzi, grazie a una password scoperta
per caso – e non aveva mai trovato nulla di sospetto.
Nessuna chiamata, nessun messaggio. “Non è possibile!”
Si convinse, spegnendo la sigaretta contro il davanzale.
Tornò in bagno, si guardò allo specchio. Un brufolo
fresco spuntava sotto il labbro, un segno adolescenziale
che lo faceva sentire ridicolo. Si lavò le mani,
lasciandole bagnate, e uscì, il passo leggero. L’ufficio
era deserto: gli impiegati erano andati via, i facchini
lavoravano fuori sede. Joe si guardò intorno,
soddisfatto. La sua azienda di traslochi e spedizioni,
partita da un camioncino ereditato dal nonno di Lisa,
era ora la più importante della città. Venti mezzi,
trenta collaboratori, tre filiali, due uffici
periferici, quattro magazzini. Nessun debito, tasse
pagate, beneficenza per il 2% del fatturato. Un
sondaggio lo aveva inserito tra i mille contribuenti più
rilevanti della contea. Pensò alla sua villa, allo
chalet in montagna, alla macchina tedesca. Ma il
pensiero, come sempre, tornò a Lisa.
Prima di
spegnere il computer, controllò la posta. Un’email
spiccava tra le altre, con l’oggetto “Da un amico”. La
aprì, il cuore in gola. “TUA MOGLIE TI TRADISCE!”,
recitava, in Arial 30, stampatello. Inviata il giorno
prima alle 18:27, dall’indirizzo del GreenPark. Lesse e
rilesse, sperando che il testo cambiasse. Chi aveva
interesse a tormentarlo? Perché proprio dal motel?
Spense il computer e uscì, sapendo già dove andare.
In macchina, provò a chiamare Lisa, ma il telefono
squillava a vuoto. La immaginò nella stanza 121, la
borsa abbandonata sul pavimento, il cellulare che
vibrava mentre lei, avvinghiata al professore, con le
gambe aperte fasciate da un velo nero, si lasciava
andare a urla che coprivano il cinguettio dei tigli.
Lisa era sempre stata una donna calda e lui ricordava
bene quelle urla, così intense che avevano dovuto
scegliere la stanza 121, la più isolata di tutto il
residence. Ora, però, quelle stesse urla appartenevano a
un altro. La rabbia lo consumava. Rivide Lisa, distesa
sul letto, i fianchi morbidi, le cosce disponibili, le
labbra rosse come non le aveva mai viste.
In
quel momento chissà perché maledisse le sue occasioni
mancate, come quella con Patsy, la segretaria che aveva
assunto cinque mesi prima, ossia dopo un mese dalle sue
difficoltà con la moglie. Non era stato un caso, Patsy,
con la sua bellezza provocante, secondo i suoi pensieri,
avrebbe dovuto riaccendere il suo desiderio per Lisa.
Tra loro non c’era mai stato nulla, lui la spiava seduta
alla sua scrivania con le sue belle gambe lunghe e il
decolleté abbondante, ma purtroppo quella sua strana
perversione non aveva sortito alcun effetto.
Al
km 12 della Statale, accostò l’auto davanti al Paradise
Bar. Ordinò un Bourbon e un dolce alle mandorle, per
placare la gastrite. La cassiera, con labbra rosso
ciliegia, gli sorrise. Joe ricambiò, illudendosi che lei
lo trovasse attraente o quanto meno un uomo ricco e
benestante su cui farci un pensiero, ma lui in quel
momento vedeva solo Lisa, scosse la testa, ingoiò il
Bourbon e uscì di fretta diretto al GreenPark.
Il
motel era immerso in una quiete surreale. Attraverso la
cancellata verde e nera, Joe scrutò il parcheggio:
nessuna traccia della monovolume rossa di Lisa. C’erano
altre auto, tutte di lusso. Si chiese se un professore
potesse permettersi una macchina del genere. Entrò nella
hall, riconoscendo il divano di pelle chiara e la kenzia
gigante. Esitò, non sapendo cosa dire. Poi, con un
coraggio improvviso, chiese una stanza. La ragazza
bionda alla reception gli porse la chiave della 121
senza battere ciglio. Joe si domandò perché quella
stanza fosse sempre libera, come se il destino lo stesse
guidando.
Percorse il viale di tigli storti,
l’aria salmastra che gli pizzicava le narici. Fece due
giri intorno alla casetta di mattoncini rossi,
sbirciando invano tra le imposte. Entrò, posò la
ventiquattrore sulla sedia e annusò l’aria percependo
solo l’odore di chiuso e del bucato fresco delle
lenzuola. Frugò nei cassetti, controllò il bagno. Tutto
era intatto: il lavandino asciutto, gli accappatoi
sigillati, la carta igienica intonsa. Si tolse i
vestiti, indossò un accappatoio e si fece la barba, come
per prepararsi a un rituale.
Poi disteso sul
letto, fissò il lampadario a gocce. I riflessi di vetro
gli riportarono alla mente i fianchi di Lisa, le sue
gambe lunghe, il suo profumo di rosa e tamarindo – una
battuta che condividevano, senza sapere davvero che
odore avesse il tamarindo. La immaginò lì, accanto a
lui, come nei loro giorni migliori. Ma l’immagine si
dissolse, sostituita dal professore, che assumeva le sue
sembianze, nudo e spavaldo, mentre faceva l’amore con
Lisa. Joe sentì il cellulare di lei squillare, vide il
suo nome sul display. La terza chiamata lo destò.
Allora si alzò di scatto, tirò fuori il laptop e si
collegò al server del motel. Scrisse un’email: “TUA
MOGLIE TI TRADISCE!”, Arial 30, stampatello. La inviò al
suo indirizzo personale. Poi si rivestì, prese la
ventiquattrore e tornò alla reception. “A domani, Mister
Stommer.” Disse la ragazza bionda, con un misto di pena
e rassegnazione. Joe riconsegnò la chiave e si avviò
verso casa, certo di arrivare prima di Lisa
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
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