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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Il contrabbasso






Dicevo, la mia vita era un lungo fiume tranquillo, come il Tevere che scorre sereno e maestoso, sotto i ponti di una Roma solenne, lungo i pini che storti lo guidano in mare. Dicevo, non mi sono mai sposato, mai avuto figli, ho una compagna sì, e abito in una casa nel quartiere Flaminio, a due passi dalla riva sinistra, a tre passi dall’ansa che leggera ricurva. Sono un giornalista, anzi un critico teatrale ed adoro il contrabbasso…
Dicevo, la mia vita era un lungo fiume tranquillo, giocavo a tennis e collezionavo agendine, e bottiglie di Porto d’ogni marca del mondo, finché incontrai una donna affascinante, un’amante bella e facoltosa, generosa di gambe e di cuore, prodiga di passione e tenera pazzia, con gli occhi color miele d’acero ambrato, e le labbra rosso quanto ne contenga un tramonto. Abbiamo fatto l’amore ovunque, nei tanti alberghi in trasferta, nelle pensioni in riva al mare,  dentro la sua mente, sopra i suoi seni, con i suoi cappelli anni trenta, i guanti di rete nera, nelle sue tante case sfitte, nella sua villa a Valle Giulia. Per lei persi la testa, per lei lasciai la mia compagna, e nulla aveva un senso, nulla più una ragione, scoprendo che per sognare non occorreva poi dormire, finché un giorno lei mi disse, mentre facevamo l’amore, che un altro uomo stava occupando il suo cuore, che un altro uomo aveva già occupato le sue gambe, ma non era suo marito, e lentamente la vidi andare, scomparire dentro quell’orizzonte che per anni credevo somigliasse al mio futuro. Girai a vuoto nella mia testa, girai a vuoto per strade e piazze, in attesa di un suo segnale, finché una sera, dopo mesi e mesi di silenzio, si materializzò bella e affascinante come al solito, mi sorrise come se ci fossimo visti il giorno prima, mi sorrise senza nessun link con il passato, né colpa e né difetto, sicura e spavalda come se tutto le fosse dovuto… e velocemente il suono di un contrabbasso cadenzò il mio cuore…

INTERNO NOTTE. FOYER DEL TEATRO VALLE.
INTERVALLO TRA IL PRIMO E IL SECONDO ATTO DI:
“IL CONTRABBASSO” DI PATRICK SÜSKIND

“Buonasera.” Disse la signora con voce squillante all’uomo rivolto di spalle,
“Buonasera.” Disse l’uomo girandosi e con evidente sorpresa accusò visibilmente un attimo di smarrimento.
“Oh David sorpreso? Mi spiace farle quest’effetto!”
“Già passato, grazie.” Conosceva molto bene la donna e vista la sua riservatezza non si aspettava quel saluto così espansivo in pubblico.
“Sapevo di trovarla qui…” Accompagnò la frase con un palese sorriso accattivante.
L’uomo non poté fare a meno di notare lo splendido abito da sera nero e la parure di gioielli che ingentiliva il suo presente.
“Beh in effetti sono l’unico critico d’arte della Redazione... Come avrei potuto non esserci?” Disse con evidente sarcasmo pentendosi immediatamente dopo.

L’affascinante signora nella splendida mise non era altro che il suo direttore responsabile.
Non si fece pregare e rispose prontamente.
“Mio caro, lei immagina vero quanto possa essere fortunato? Non tutti a questo mondo possono abbinare il piacere di uno spettacolo meraviglioso come Il Contrabbasso di Süskind al proprio lavoro.”
L’uomo accusò il colpo.
“E’ il mio pane quotidiano.”
“Ecco, appunto, ricordi che ho intenzione di presentare l’articolo con un riquadro in prima.”
A quel punto il giornalista avrebbe dovuto ringraziare, ma perse anche questa occasione.

Non vedeva la donna da mesi. I suoi contatti col giornale si limitavano all’invio degli articoli tramite email, ma da tempo era sua intenzione chiedere un colloquio con il suo direttore.
Avendolo lì in carne ed ossa David non perse l’occasione: “Ne sono lusingato, ultimamente i miei articoli venivano relegati tra i necrologi e gli annunci delle belle signorine in cerca di affetto.”
“Evidentemente era un po’ distratto e anche il suo lavoro ne risentiva…”
“Dire distratto mi sembra un po’ riduttivo.”
“Mio caro, credo che anche lei abbia letto la regola numero uno del perfetto professionista. Vale a dire non sovrapporre per nessuna ragione la sfera privata a quella lavorativa.”

Lui non replicò preferendo cambiare argomento.
“Comunque un evento eccezionale per la nostra città.”
“Mi aspetto una lunga recensione… quando vuole la sua penna è magica…”
“Troppo buona…”

“Non mi lusinghi David… anche perché dal suo articolo mi aspetto di vendere molte più copie. Le ricordo che questa è solo un’anteprima e come ha visto dall’affluenza tutta la città ne parlerà.”
“Eh già non ricordavo questo teatro così pieno da tempo immemorabile.”

A quel punto la donna fece un passo indietro e presentò al giornalista suo marito rimasto in disparte,.
“Caro ti presento il signor David Falcini, arguta e sublime firma della pagina d’arte del nostro giornale.”
I due si salutarono con una calorosa stretta di mano.
“Leggo spesso e volentieri i suoi articoli.” Disse l’uomo senza alcun entusiasmo.
“Oh grazie, ma sua moglie esagera.” Disse David in estremo imbarazzo.
La donna sorrise vedendo l’uomo a disagio.
“Sa che dico sempre la verità.”
Poi aggiunse.
“Mio marito sta andando via per un altro impegno.”
E diretta verso il marito già a qualche metro di distanza:
“Mio caro ti aspetto sveglia, non fare tardi…”
L’uomo si allontanò.

“Sei sempre così premurosa?” Chiese il giornalista passando con disinvoltura ad un tono più confidenziale.
“Dammi del lei ti prego, vedo che hai dimenticato un’altra regola fondamentale.” Disse lei con un filo di voce guardandosi intorno con aria fintamente allegra.
“Oh mi scusi… Le chiedevo semplicemente se fosse sempre così premurosa nei riguardi di suo marito…”
“E’ semplicemente un modo di dire… I suoi poker in trasferta di solito durano fino all’alba ed oltre.”
“Beh per quel tipo di passioni si può fare a meno del secondo atto di Süskind.”

Un sorriso sornione increspò le labbra dell’uomo, ma la donna non raccolse.

“Dicevamo? Ho notato un lieve rossore quando l’ho definita: arguta e sublime firma… Cosa succede, ultimamente non è più abituato ai complimenti?”
“Beh visto lo spazio che mi dedica al giornale… credevo fossero decisamente esagerati.”
“Suvvia non faccia il modesto, anzi la conduco per mano nel suo terreno… mi dia un’anticipazione sul pezzo che leggerò domani.”
“Oh grazie, adoro ritrovarmi nella mia area di conforto…”
“Non c’è di che… conosco la psicologia e quindi la vanità degli uomini.”

L’uomo rimase un attimo in silenzio, come se cercasse le parole adatte.

“Il contrabbasso di Süskind è un tagliente ed esilarante monologo. Conoscevo già il testo.”
“”Anch’io ebbi modo di leggerlo tempo fa, dopo il successo del romanzo….”
“Il profumo.”
“Ecco bravo.”
“Comunque, il tema della solitudine è molto caro all’autore.”
“Beh non solo all’autore…”
“Immagino… anche se qui è visto attraverso i sentimenti e gli stati d’animo di un contrabbasso…”
“Lei dice che almeno una volta nella vita ognuno di noi si sente un contrabbasso?”
“Süskind ha giocato molto sulla metafora sulla vanità dei primi violini in modo da accentuare la posizione di emarginazione del contrabasso.”
“La difficoltà delle relazioni è evidente, perfino l’amore può sembrare una chimera… specie in presenza di un compagno di strada così occupato a sublimare se stesso partecipando a tutti i tavoli da poker della città.”
“La prego non si crei pretesti, alle volte un semplice poker è in grado di salvare un matrimonio sull’orlo del precipizio.”
“David, come al solito lei ha ragione da vendere… per fortuna esistono altri giocatori che da buoni intenditori preferiscono tavoli più raffinati...”
“Adoravo il poker…”
“La prego…”
“Anche a me piace dire la verità…”

“Ed allora è perfettamente consapevole che nel poker si stabilisce fin da subito la durata e l’ora di chiusura del gioco.”
“Già non è eterno…”
“Nulla lo è!”

L’uomo preferì tornare nel suo ruolo di critico.
“Lei può capire quanto apprezzi questo testo… non a caso Süskind ha preferito lo strumento del contrabbasso che, in un certo senso, rappresenta la condizione umana nel momento in cui siamo relegati all’isolamento forzato per scelte proprie o altrui.”
“Oh David lei ha colto magicamente la similitudine e praticamente ha già scritto il pezzo!”
“Troppo buona… erano solo pensieri.”
“Però devo farle un appunto…”
“Mi dica.”
“Strano che lei non abbia colto l’infatuazione del protagonista per le forme dello strumento quasi fosse una figura femminile.”

L’uomo si guardò intorno.
“Mi complimento con lei per l’arguta osservazione. Sinceramente non avevo colto.”
“Beh sa, noi donne captiamo spesso l’emotività della sfera sentimentale anche quando il pudore le relega a meri e noiosi sfoghi intellettuali.”
“Lei pensa che quel contrabbasso rappresenti il desiderio della donna?”
“Veramente… il desiderio dell’uomo… Caro David mi sembra un po’ arrugginito o sbaglio?”
“Chi non lo sarebbe?”
“Non alluda, parlavo della forma dello strumento che sicuramente ci aiuta a guardare il monologo sotto questo aspetto.”
“Adoro l’armonia delle forme… ma sinceramente non ci avevo pensato.”
“Leggendo i suoi articoli recenti non avevo dubbi.”
La donna sorrise e fece un discreto passo indietro, poi si voltò verso il centro del foyer nella speranza che l’uomo, ancora immerso nelle vibrazioni del contrabbasso, facesse le dovute associazioni.

Martina Linda era decisamente una bella donna e dimostrava di sicuro una decina di anni in meno rispetto alla sua età anagrafica. Quella sera, sul suo corpo ancora perfetto, scivolava come seta un magnifico abito nero tempestato sul collo e le maniche da una miriade di paillettes. Il corpetto a cuore metteva in risalto il suo sensuale decolté, i capelli raccolti la forma perfetta del suo viso.

Attraverso le ampie vetrate vide, tra le altre teste, il cappello di suo marito in strada in attesa del taxi. La sua Bentley personale con l’autista era ferma dall’altra parte della piazza. Poi riprese.
“Che ne direbbe di proseguire questa interessante conversazione e la visione del secondo atto insieme? Mio marito ha lasciato libero un posto strategico ed è sicuramente più comodo rispetto a quello riservato alla stampa.”
L’uomo annuì.

“So che è di nuovo felicemente insieme alla sua dolce compagna…”
David notò la velata ironia, ma rispose comunque.
“E’ stata molto comprensiva…”
“In questi casi è più facile perdonare che farsi perdonare…”
“Lei dice?”
“Non per essere indiscreta, ma stasera aveva altri impegni come mio marito?”
“No, no, ha preferito rimanere a casa, lei detesta questi incontri dell'alta società, li considera stucchevoli e non si sente a proprio agio…”
“Beh lo immagino… a quell’età si è ancora troppo giovani per apprezzare il sottile intrigo della mondanità.”
“Ottima osservazione!”
“Mio caro, alla mia veneranda età posso permettermi di stare sull’eremo e giudicare questi piccoli uomini e donne che si affannano per un posto al sole. Adoro carpire i dettagli… Se non l’annoia le potrei fare un elenco puntuale di tutte le coppie clandestine che questa sera sono costrette a recitare il noioso ruolo di mariti e mogli fedeli!”
“Mi permetta di dissentire… lei è ancora una donna giovane e affascinante per ritagliarsi un posto fuori dal coro.”
“Se non la conoscessi a fondo, crederei in pieno alle sue parole…”
“Deve… lei è sempre la protagonista!”
“Dice come il contrabbasso o come il primo violino?”
“Sicuramente il primo violino, anche se ambedue possono rappresentare stati d’animo temporanei…”


La donna continuò a voce decisamente più bassa.
“Lei non ci crederà, ma in questo momento non saprei cosa scegliere tra contrabbasso e violino.”
“Come mai, si sente sola?”
“L’essere soli è uno stato materiale di spazio e tempo, la solitudine è una percezione.”
“Ovvero? Uno stato d’animo?”
“Ecco esatto. La solitudine non si sente quando si è soli, ma quando si rimane soli.”
“Vuole dire che ciò succede quando nella propria vita la mancanza di qualcuno diviene una presenza costante?”
“Oh che finezza! Mai sentita una definizione così intelligente!”
“E mi dica, lei è in questo stato d’animo?”
“La prego non sia così diretto, se dovessi rispondere affermativamente poi lei sarebbe costretto per educazione a chiedermene i motivi…”
“Mi riesce molto difficile associarla ad un contrabbasso, vedendola questa sera, in questa forma smagliante, non avrei ombra di dubbio… Lei può essere solo un primo violino!”
“L’apparenza inganna.”

“Trovo decisamente particolare questa sua affermazione. La ricordavo molto diversa.”
“L’amore è qualcosa di imponderabile. Ci si accorge della disarmonia solo quando lo strumento smette di suonare.”
“Oppure quando sceglie scale di note diverse....”
“Già.”
“Lei è in una condizione dissonante? Problemi con le nuove armonie?”
“Non faccia deduzioni affrettate, non è da lei.”
“Parlava di contrabbasso…”
“La solitudine non è necessariamente eterna, può durare anche un tempo limitato e può essere causata da momentanei dissapori.”
“Questa è una risposta molto diplomatica…”
“E allora diciamo che il contrabbasso è solo perché non potrà mai essere un solista, e per dare il meglio di se stesso ha bisogno di un accompagnamento il più delle volte corale…”

Questa era decisamente una risposta meno diplomatica, ma l’uomo preferì non replicare…

I due presero posto e rimasero in silenzio per gran parte del secondo atto. L’uomo si chiese più volte se quelle gambe accavallate e lo spacco del vestito leggermente oltre il ginocchio fossero un segnale o solo un vezzo femminile.
Conoscendo la sua raffinatezza, immaginava benissimo quale circo di pizzi e merletti ci fosse sotto quella stoffa. La curiosità tipicamente maschile non lo abbandonò per tutto l’atto. Ripensò di tanto in tanto a quando gli era consentito soddisfare quel desiderio nel giro di qualche secondo.
Poco prima della fine della performance il telefono della donna iniziò ininterrottamente a vibrare. Alla fine lei si alzò. L’uomo rimase a mirarla mentre si allontanava verso il fondo della sala, convenne sulla similitudine del contrabbasso apprezzando l’eleganza e la sobrietà, nonché una femminilità straripante nonostante i suoi sessant’anni circa.

Rimasto solo non riuscì a captare alcuna battuta della rappresentazione. Non era del tutto sicuro di cosa stesse succedendo. Pensò a quei momentanei dissapori e allo strano discorso sulla solitudine e sull’accompagnamento corale. Poi scosse la testa e finalmente la donna tornò sorridente.
“Oh mi sono persa le ultime battute, se non sbaglio quelle più esilaranti. Dopo mi racconta vero?”
“Le confesso che ho perso per un attimo il filo.”
“Mi spiace… colpa mia vero?”

Ecco, ora era tornata di nuovo la donna che aveva conosciuto, sempre pronta a collocarsi al centro dell’attenzione.
Lui fece scena muta e lei riprese: “E come farà ora a scrivere il pezzo?”
“Beh non credo sia stato un passaggio fondamentale.”

Oramai la rappresentazione era alle ultime battute.
“Beh devo dire un testo avvincente e originale e sicuramente offre molti spunti di riflessione.”
“Quando si scava così in profondità l’animo umano con quella forza espressiva rimango ogni volta esterrefatto…”
“Non si tiri indietro, ora tocca a lei…”

La donna lo guardò fisso negli occhi.
“Eh già ora viene la parte più interessante della serata…”
“Peccato che si tratti di lavoro e non di una serata in dolce compagnia della sua ritrovata compagna.”
“Non tutti i mali vengono per nuocere. Di sicuro la mia compagna starà già dormendo.”
“David non si distragga… il lavoro prima di tutto e decisamente sarebbe inopportuno pensare a quell’angelo biondo avvolto nella morbida coltre.”
“Oh veramente sono concentrato sul contrabbasso!”
“Ecco bravo, si concentri altrimenti rischierebbe di dimenticare i concetti più importanti della sua recensione.”


Il telefono della donna vibrò nuovamente, questa volta era un messaggio. La donna lo lesse increspando il suo viso in un ghigno di dispiacere.
Si riprese immediatamente dopo misurando attentamente le parole.
“Ascolti David, ho appena saputo di avere un’ora e mezza di libertà…”
“Libertà? Non sapevo che la sua nuova relazione fosse equiparabile ad una gabbia!”
“La prego, non ho voglia ora di affrontare questo argomento.”
“Quindi?”
“E se le proponessi di continuare questa sfiziosa riflessione davanti ad un bicchierino di anisette?”
“Non le direi di no, ma mi sorprenderei…”
“Lei sa che la mia teoria è strabiliare, sorprendere…”
“Lo avevo immaginato… e so anche quanto lei sia amante del rischio…”
“E se le dicessi che nulla è dato al caso?”
“Beh allora le chiederei il motivo…”
“Il motivo è continuare questa interessantissima riflessione…”

La donna rise.
“Capisco…”
“David cosa vuole? Io sono una donna che ama le attese e le situazioni che in un modo o nell’altro necessitano di un seguito…”
“E se il seguito fosse scrivere il pezzo insieme?”
“Per l’amor del Cielo… è lei il giornalista.”
“Ma se lo facessi?”
“Fino a prova contraria io sono il suo direttore e non spetta a me scrivere l’articolo.”
“E la metafora del contrabbasso?”
“Mi creda, immaginavo davvero che il fuori programma con l’anisette le fosse utile per il suo pezzo. Vista l’ora non credo che abbia molto tempo…”
“Beh sì generalmente non faccio passare molte ore… I concetti rimangono, ma sono le sensazioni che fuggono via…”
“Quindi deduco che si metterà subito al lavoro….”
“Mi sento molto ispirato…”
“Non sapevo che le piacesse scrivere sul contrabbasso.”
“Sempre fedele al concetto delle forme dello strumento vero?”

“David la prego, non sia così diretto… lei mi conosce e sa che adoro parlare sul filo del vago e dell’inafferrabile.”
“Ho sempre apprezzato questo suo gioco sottile… non compromette e non permette.”
“Dipende anche dall’interlocutore…”
“E’ passato così tanto tempo…”
“Süskind è geniale… alle volte si vive di metafore e ripeto, non sempre si è violini, alle volte ci si sente contrabbasso.”
“Specialmente quando si ricevono certi messaggi e i consorti… sono impegnati in defaticanti poker notturni…”
“… e le consorti non amano la mondanità.”
“Quindi due contrabbassi si fanno compagnia…”

Oh… adoro il suo ardire… ma fuori dalla metafora non sempre due solitudini si fanno compagnia… a meno che non si tratti di riempire un vuoto e solo di un tempo brevissimo.”
“Mi creda è bellissimo giustificare anche gli imprevisti…”
“Beh in questo modo non si vive mai nella costrizione.”
“Comunque mi creda, per unire due solitudini non basterebbe una notte.”
“Le ricordo che abbiamo solo una manciata di decine di minuti. All’una massimo si va in stampa e all’una, come lei ha già intuito, avrei un altro impegno.”
“Insolito un impegno a quell’ora, se non la conoscessi…”
“Già, ma lei mi conosce…”
“Quindi per lei sarebbe sufficiente un’ora scarsa, immagino.”
“Beh se le due persone si conoscono profondamente e hanno già una certa sintonia… non credo sia difficile scrivere una recensione.”


Le luci si accesero e senza dare nell’occhio i due uscirono dalla sala separati.
La donna ritirò la pelliccia di zibellino e l’uomo il cappotto nero e sciarpa bianca di seta. La Bentley nera era già in attesa sul marciapiede di fronte. Salirono in macchina in tempi diversi.
Durante il breve viaggio la donna scrisse qualche messaggio sul telefono, rispose brevemente ad una chiamata confermando l’appuntamento dell’una.
L’uomo rimase a pensare osservando fuori dal finestrino la strada bagnata. In quella sua decisione di accettare l’invito pressante della donna non si intravedevano tracce di un suo minimo libero arbitrio. Si sentiva nelle mani di quella meravigliosa donna, la percepiva come una morbida e rassicurante culla e non aveva alcuna intenzione di ribellarsi.
Passarono minuti di silenzio poi la donna fornì all’autista un nuovo indirizzo, raccomandandosi di fermarsi qualche centinaio di metri prima del portone.

In ascensore i due rimasero in silenzio. Entrambi ripensarono a quei due anni passati, ai loro incontri, ma sinceramente non era quello il momento di lasciarsi andare ai ricordi. Lei aprì la porta di casa, lui l’aiutò a togliere la pelliccia. Lei si accomodò sul divano e accavallò le gambe. Entrambi gradirono quell’anisette con ghiaccio.
Nella penombra di una luce soffusa lui si sedette accanto alla donna.
Lei cercò la mano del giornalista, lui la sua gamba velata.
“Ora sta a te scrivere…” Il suo decolté per incanto brillò di luce propria, il vestito si schiuse come un fiore baciato da un cielo terso.
“… peccato che sia solo un articolo…” Disse lui con deciso rammarico in procinto di entrare nel sogno.
“Accontentati David, non capita tutti i giorni scrivere una recensione su un contrabbasso…”
“Beh avrei preferito scrivere un libro intero…”
“Ma un libro non si scrive su un contrabbasso e in così poco tempo!”
“Appunto! Ma si può scrivere in serate diverse…”
“David, ultimamente non adoro le repliche! Questa è una rappresentazione molto estemporanea!”
“Scusami, credevo fosse ancora valido il discorso sulla solitudine del contrabasso!”
“La solitudine era una dolcissima metafora per sondare il terreno. Poi il destino ha voluto che certi contrattempi aprissero questa eventualità e solo per questo motivo ora siamo qui.”
“Nulla a caso, mia signora…”
“Beh direi che in tutto ciò c’è una fortissima dose di buona sorte…”
“Mi riferivo al sondaggio del terreno…”
“Almeno apprezza la mia intenzione di incastrare questo fuori programma, seppur brevissimo, tra due impegni già fissati da tempo.”
“Più che apprezzare, mi hai sorpreso…”
“Almeno spero che le tue aspettative non vadano deluse.”
“Mio Dio, non potevo pensare a situazione migliore…”
“Posso immaginare il tuo stato d’animo.”

“Sai mi spaventa solo pensare che le cose avvengano quando meno te lo aspetti… Non sai quanto abbia desiderato questo incontro…”
“Ecco vedi, non c’è bisogno di affannarsi, le cose avvengono quando avvengono.”
“Pensiero molto fatalista.”
“Direi estremamente realista.”

Così dicendo la donna alzò leggermente la gonna.
“Prima, a teatro, ho notato i tuoi occhi curiosi…”
“Ed io il tuo modo di condurre il gioco fino ad arrivare dove siamo… Ma credo di capire. E’ decisamente intrigante scrivere una recensione all’insaputa di marito ed amante contemporaneamente…”
“Beh io aggiungerei con un critico d’arte che sa apprezzare le assonanze e le dissonanze e che tra le altre cose è anche un ex…”
“Suona come un ripensamento…”
“Lo è e non lo è…”
“Immagino che anche il poco tempo a disposizione dia brividi appropriati…...”

La donna si distese emettendo un filo smanioso di fiato. Poi chiuse gli occhi in attesa di un bacio e sussurrò…
“Non distrarti David. Il contrabbasso è pronto e le corde sono tese…”
“… e nell’impaziente attesa di essere vibrato...”
“Ma soprattutto non dimenticarti che l’articolo deve essere pronto e perfettamente ineccepibile tra mezz’ora al massimo… All’una in punto si va in stampa…Ti prego dammi almeno un’anticipazione sul prologo…”

L’uomo si arrese e iniziò a raccontare.

Dicevo, la mia vita era un lungo fiume tranquillo, come il Tevere che scorre sereno e maestoso, sotto i ponti di una Roma solenne, lungo i pini che storti lo guidano in mare. Dicevo, non mi sono mai sposato, mai avuto figli, ho una compagna sì, e abito in una casa nel quartiere Flaminio, a due passi dalla riva sinistra. Sono un giornalista, anzi un critico teatrale ed adoro il contrabbasso…
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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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TUTTI I RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
Photo     LENA HOSCHEK SAFETHADMUSIC

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